l’analisi

Nel voto europeo un referendum sul progetto della casa comune

di Attilio Geroni

(REUTERS)

3' di lettura

Quelle del 26 maggio non saranno elezioni europee come le altre. Stavolta si andrà alle urne con meno leggerezza e distacco rispetto al passato perché in realtà si tratta di una sorta di voto referendario: siete a favore o contro il progetto di integrazione europea?

La scelta non sarà quindi una semplice scelta partitica, la traslazione sul piano sovranazionale delle preferenze di politica interna. La scelta sarà tra forze populiste, sovraniste e antisistema - in forte crescita negli ultimi anni - e i partiti pro-Europa.

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Si obietterà che i primi non necessariamente vogliono compromettere il funzionamento delle istituzioni dell’Unione “rimpatriando” una serie di prerogative e competenze; e che i secondi, dietro il totem un po’ ipocrita dell’integrazione, vogliono in realtà perpetuare lo stato delle cose.

In teoria si è sempre andati al voto europeo perché si credeva nell’Europa e nel suo divenire, nell’ambito di una famiglia politica che oscillava tra destra e sinistra tradizionali. Oggi non è più così e si riproducono su scala continentale l’antagonismo tra chi è europeista e chi non lo è. Qualche avvisaglia importante c’era già stata nel 2014, quando in Francia il Front National di Marine Le Pen era diventato il primo partito del Paese.

Un bersaglio facile
La Ue e la sua forma più avanzata di integrazione monetaria, l’Eurozona, nel frattempo sono diventate il capro espiatorio perfetto dei malesseri nazionali di Paesi che, per una ragione o per l’altra, non sono riusciti a creare i presupposti di una crescita sostenibile nel medio-lungo termine e inclusiva.

Si disconoscono, perché acquisiti e consolidati in decenni di pace e stabilità, i meriti del progetto europeo. E se sulla scala sociale intere categorie di reddito sono bloccate da anni, ecco che la colpa è diventata dell’Unione, degli eurocrati di Bruxelles e della loro asfittica contabilità, dei vincoli del Patto di stabilità, dell’autoreferenzialità di una Bce che (per fortuna) non risponde alla politica.

Una razione di odio senza precedenti si riversa sulle istituzioni europee, accompagnata quasi sempre da profonda ignoranza o peggio ancora da informazioni fuorvianti sul reale funzionamento di tali istituzioni. L’Europa è diventata per ampi strati dell’opinione pubblica una nebulosa ad alto livello di tossicità.

I problemi esistono: la marginalizzazione, la povertà e una sempre meno omogenea distribuzione della ricchezza non hanno risparmiato alcun Paese dell’Unione.

È troppo semplice, però, far risalire le cause dei problemi alla disfunzionalità delle istituzioni Ue sollevando i governi nazionali da responsabilità antiche, recenti e soprattutto chiare. Ed è una sconcertante banalità dire che questa Europa ha bisogno di essere riformata. Un progetto in divenire - tale è quello europeo - è sempre in movimento. Cambia la velocità, che al momento può non essere ottimale.

Vanno corrette asimmetrie importanti - come quella di una moneta unica senza una propria capacità di bilancio e con un’unione bancaria azzoppata; di uno spazio che non ha confini interni ed è privo di meccanismi efficaci di protezione dei confini esterni. Ma il processo di integrazione è solo apparentemente inerziale e il movimento non è mai falso.

Tra nostalgia e futuro
La posta in gioco assume così una sua dimensione temporale, dove ad affrontarsi sono nostalgia e futuro. Il sovranismo e l’integrazione europea sono antinomici, nonostante molti ideologi nazionalisti si affannino a ripetere che vogliono solo riformare dall’interno le istituzioni europee e non distruggerle. Dalla strada della democrazia e dello Stato di diritto si può facilmente e rapidamente tornare indietro, come stanno dimostrando Ungheria e Polonia, che solo trent’anni fa erano riuscite, con coraggio, a liberarsi dal giogo comunista.

Brexit ci insegna quanto sia lacerante per un grande Paese abbandonare l’Unione per inseguire un promettente passato che tanto promettente ormai non è più. Le elezioni del 26 maggio saranno le prime in cui si voterà a favore o contro l’Europa ed è meglio arrivarci ben informati, con strumenti conoscitivi adeguati: non tutti, ma almeno quelli fondamentali, li troverete nello speciale del Sole 24 Ore in edicola da domani. Buona lettura e buone elezioni.

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