parla la premier che vuole staccarsi da londra

Sturgeon: «La Scozia vuole stare nella Ue. Johnson mira al no deal»

Nicola Sturgeon, primo ministro scozzese, ribadisce la volontà di staccarsi da Londra che ha scelto Brexit. Ma chiarisce: «Quando usciremo dal Regno Unito terremo la sterlina»

di Simone Filippetti

(EPA)

4' di lettura

Minuta ma stentorea, Nicola Sturgeon è oggi il secondo personaggio politico della Gran Bretagna, il primo essendo inevitabilmente Boris Johnson. Le elezioni del 12 dicembre 2019 hanno catapultato la 49enne battagliera politica e il suo partito Snp a unica opposizione allo strapotere dello spettinato Boris, incoronato nuovo re del Paese sulla scia di un plebiscito bulgaro. La cartina geografica del Regno Unito il giorno dopo le elezioni aveva un’unica macchia gialla al posto della Scozia: un feudo del Snp, il partito dell’indipendenza e che vuole fortemente restare dentro l’Unione Europea.

Agli opposti ma simili
Con l’annientamento del partito laburista, il secolare antagonista dei conservatori, e la scomparsa dell’ectoplasmatico Jeremy Corbyn, la premier della Scozia, prima donna della storia a ricoprire il doppio incarico, è l’arci-rivale di Johnson a Westminster. Ma a dimostrazione che Eraclito, teorizzando l’identità degli opposti duemila e cinquecento anni fa aveva colto nel segno, i due nemici sono molto più simili di quello che appaiano dai continui insulti reciproci sui giornali.

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Entrambi invocano potere decisionale e autonomia da un’autorità centrale, opprimente e burocratica. Quello che Boris rimprovera a Bruxelles, Sturgeon lo rivendica contro Londra. Il catalogo di argomentazioni è uguale a quello dei fanatici della Brexit: rivogliamo indietro il nostro destino, vogliamo scegliere noi il nostro futuro, non che siano altri a farlo. Cosa che non stupisce più di tanto per un partito che ha la parola “nazionale” anche nel nome.

Scozia spaccata
Ma pure quella macchia gialla non è così compatta quando poi si parla di indipendenza: la Scozia è oggi un Paese spaccato in due. Glasgow, la città natale della premier, è la roccaforte dei separatisti, Edimburgo, sede del governo locale, non vuole lasciare la Gran Bretagna. E a sua volta pure l’elettorato del primo partito di Scozia è diviso in due: non tutti gli indipendentisti vogliono entrare nella Ue; e non tutti i Remainer vogliono lasciare il Regno Unito. Quello che serve è un nuovo voto. Cosa più facile a dirsi da una tribuna elettorale che a farsi. Perché il Governo di Londra non ha alcuna intenzione di concedere un nuovo voto. La terza via potrebbe essere quella di un referendum corretto dal punto di vista costituzionale ma unilaterale, ossia deciso solo dalla Scozia. Lo spettro della Catalogna incombe. E un secondo spettro si aggira per le Highlands: quello della Grecia. Ma senza l’euro: indipendenza sì, però mantenendo la preziosa sterlina.

Scozia, Sturgeon chiede a Londra referendum sull'indipendenza

Primo Ministro, in Scozia torna a sventolare la bandiera di Braveheart?
La Scozia non ha scelto la Brexit. Al referendum il Paese ha votato per il Remain. E alle ultime elezioni, il mio partito Snp che non vuole uscire dalla Ue è stato il più votato. Il nostro Paese si ritrova invece fuori dalla Ue contro la sua volontà. C’è un deficit di democrazia.

Not in my name, insomma. Ma siccome la democrazia si basa sulle decisioni della maggioranza, purtroppo la Scozia deve seguire il destino del Regno Unito...
Sì, se non fosse che l’informazione disonesta di Boris Johnson abbia prima fatto credere in una Brexit morbida e ora rischiamo un’uscita al buio. Per il Regno Unito, lo scenario migliore è un accordo in stile Canada, senza dazi, invece si invoca il modello Australia che di fatto è un no deal. In ogni caso la Scozia deve avere una scelta. Abbiamo diritto a un’alternativa. Vogliamo essere una nazione indipendente con il suo posto nella Ue. Chiediamo un nuovo voto e Boris Johnson non può opporsi a un processo democratico.

La battaglia per l’indipendenza è un argomento che infiamma la folla. Ma ci vuole l’ok di Londra.
Il nostro obiettivo è un referendum legale. Il voto sarà legittimo e lo faremo il prima possibile. Entro 5 anni saremo fuori.

Se però da Westminster diranno di no al voto, unico modo sarà quello di indire un referendum unilaterale.
Non escludo questa ipotesi. La Scozia deciderà da sola il suo futuro.

Si rende conto di usare lo stesso linguaggio e lo stesso armamentario della propaganda Tory? Anche lo slogan “Get Brexit Done” fa leva sull'autonomia e sul ritorno del potere allo stato nazionale…
C’è una grossa differenza: i Tories fanno, o meglio vogliono fare, la Brexit perché hanno vinto le elezioni. Gli scozzesi, invece, non hanno votato, né scelto la Brexit. C’è un grosso vulnus democratico.

In realtà gli scozzesi si sono già espressi nel 2014. E quel referendum è stato vinto da chi vuole rimanere, anche se per poco...
La democrazia non è qualcosa di statico. La gente può cambiare idea.

L’indipendenza della Scozia, si dice, porterebbe alla disintegrazione del Regno Unito. L’Irlanda del Nord è già in fermento...
Non mi piace la parola “disintegrazione”. Io la vedo come una rimodulazione dei rapporti.

Disintegrazione o meno, una Scozia da sola rischia di essere la Grecia del Nord Europa? Il rapporto deficit-pil è al 7%, e il vostro bilancio sta in piedi solo coi contributi che arrivano da Londra.
Sgomberiamo il campo da un equivoco: indipendenza non vuol dire necessariamente prosperità. Ciò detto, il deficit della Scozia è solo un artificio contabile, un dato macroeconomico che non riflette lo stato di salute reale. È l’effetto della ripartizione di pil e deficit da parte di Londra dell’intero bilancio statale. La Scozia non è responsabile di quel deficit, ci è stato assegnato dal governo centrale, lo hanno calcolato attribuendoci in modo arbitrario le voci di bilancio.

Ma la Scozia, e questa invece è diretta responsabilità del paese, non ha una banca centrale...
Quando usciremo dal Regno Unito, terremo la sterlina. Aderiremo al mercato unico senza adottare l’euro.

Per approfondire:
Sturgeon: Parlamento della Scozia pronto a bloccare Brexit
Alta velocità e mega ponte tra Scozia e Irlanda del Nord: Johnson punta sulle infrastrutture per unire il Paese

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