a 50 anni dall’apollo 11

Torneremo sulla Luna, ma questa volta per restarci

di Leopoldo Benacchio

50 anni fa l'uomo sulla Luna

4' di lettura

Torneremo sulla Luna e questa volta per restarci, non per tornare indietro come fu 50 anni fa e da lì spiccheremo il balzo per Marte. È quanto vuole il presidente Trump: nel 2024 un astronauta calcherà di nuovo il polveroso suolo lunare, e forse sarà una donna. Per questo il nuovo programma si chiama Artemide, dea greca della Luna crescente e gemella di Apollo, nome del primo programma lunare voluto da un altro presidente Usa: John Fitzgerald Kennedy.

Ma sarà solo l’inizio perché si costruirà, modulo dopo modulo, una stazione spaziale internazionale attorno alla Luna, Gateway, da cui far partire missioni sul suolo lunare sia di esplorazione che per costruire un insediamento umano vero e proprio, una piccola città lunare in cui fare esperienza e sviluppare in loco tecnologie per il vero grande balzo: verso Marte. Il primo insediamento sarà costruito da robot, sfruttando materiali lunari e quando sarà sicuro, protetto da radiazioni e polveri che possono arrivare ai polmoni umani anche attraverso le tute di lavoro, arriveranno gli astronauti.

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Su Gateway e sulla Luna sono previsti soggiorni anche di mille giorni, per capire cosa potrebbe succede nel lungo viaggio verso Marte, almeno sei mesi, e lo sviluppo di tecnologie per il grande balzo finale, che tuttora - checché ne dicano gli entusiasti - è pieno di incognite. D’altronde nessuno ancora sa, ad esempio, come si potrà superare la lunga notte lunare, vari giorni terrestri, con temperature che scendono a -190 gradi. Questa volta Nasa non fa tutto da sola, forte dell’esperienza guadagnata con la Stazione spaziale internazionale, Iss, avrà come soci, Europa, Giappone e Canada, ma anche industrie spaziali private come SpaceX di Elon Musk, Blue Origin di Bezos, la Boeing e altre ancora.

Nello scenario globale altri non stanno comunque a guardare. Proprio in queste ore l’India sta spedendo un mezzo, Chandrayaan-2, che tenterà di arrivare per la prima volta in assoluto al Polo Sud lunare e sbarcherà un piccolo rover per esplorare quella zona, forse ricca di ghiaccio nascosto nei crateri. Al momento l’incognita è la Cina, oramai grande potenza spaziale, che all’inizio dell’anno ha dato prova di grandi capacità spedendo un lander sulla faccia nascosta del nostro satellite. Il vicepresidente Usa, Mike Pence, ha comunque dichiarato che non si farà la gara a chi arriva primo, come a suo tempo con l’Unione Sovietica.

Il razzo che verrà usato è lo Sls, Space Launch System, più alto della Statua della Libertà e con una potenza di spinta 15% maggiore del già potentissimo Saturno V degli Apollo, capace di portare alla Luna 100 tonnellate di materiale. Alla sommità la navetta Orion, in grado di attraccare alla stazione lunare Gateway e portarci quattro astronauti che da lì scenderanno poi sulla Luna.

Trump vuole la Luna quindi, nel 2024, alla fine del suo secondo mandato, che dà quindi per certo, ma lo scenario è completamente diverso da quello degli anni 60 del secolo scorso. Kennedy aveva galvanizzato una nazione nella missione “impossibile” di arrivare per primi sulla Luna, superando i sovietici, mentre oggi solo il 14% degli americani è molto positivo sul ritorno al nostro satellite. Negli anni 60 il genio dell’astronautica, Werner von Braun aveva un manipolo di ingegneri che avevano già lavorato con lui. Era gente che lavorava all’unisono e, grazie alla mentalità sviluppata in ambiente militare, si prendeva dei rischi: ad esempio il lander di Apollo 11 per ripartire dal suolo lunare aveva un solo motore, se non avesse funzionato Aldrin, Amstrong e Collins sarebbero rimasti a morire lì. Oggi non è più possibile accettare rischi simili. Il programma Apollo poteva contare poi su un budget Nasa pari al 4% del Pil Usa, oggi siamo allo 0,5%, 20 miliardi l’anno. Il tempo poi è poco, molto poco: per il 2024 di sicuro non si svilupperanno grandi tecnologie e i 160mila brevetti che fruttò la prima corsa alla Luna restano un miraggio molto lontano.

Ma, come sempre, potrebbe esserci qualche sorpresa: i rifornimenti alla Luna saranno, comunque vada, al massimo annuali, mentre alla Iss terrestre ci si va ormai praticamente ogni mese. Bisognerà quindi sviluppare risorse in loco, e questo forse aguzzerà l’ingegno. Dall’acqua presente sulla Luna si può estrarre idrogeno per avere energia e ossigeno per respirare, mentre dalla regolite lunare, materiale che è anche in superfice, si può estrarre alluminio, ferro e titanio per costruire strumenti. Al campo base bisognerà poi sviluppare tecnologie ecosostenibili, spingendo sulla riusabilità dei materiali usati, lunari o meno. Le critiche sono molte, dal fatto che Sls non esiste ancora alla capsula Orion che non ha mai effettuato un vero e proprio test e si trascina stancamente avanti da anni. Aldrin stesso ha avuto parole di fuoco contro il progetto, che divora i pochi soldi che ci sono in ballo: lui vorrebbe andare direttamente su Marte.

Ma non è più l’era di Prometeo, accontentiamoci della gender equity lunare finalmente arrivata.

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