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Ex Ilva, Tar Lecce: impianti spenti in 60 giorni. «Grave pericolo per vita e salute»

Con una sentenza pubblicata il 13 febbraio, la prima sezione del Tar, presidente Antonio Pasca, ha stabilito 60 giorni dalla pubblicazione della sentenza perché gli impianti siderurgici siano spenti in quanto fonte di emissioni

di Paolo Bricco e Domenico Palmiotti

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4' di lettura

ArcelorMittal Italia perde la prima battaglia davanti al Tar di Lecce contro l’ordinanza del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, sulle emissioni inquinanti del siderurgico. Con una sentenza pubblicata il 13 febbraio, la prima sezione del Tar, presidente Antonio Pasca, ha stabilito 60 giorni dalla pubblicazione della sentenza perché gli impianti siderurgici siano spenti in quanto fonte di emissioni.

ArcelorMittal ha annunciato che ora impugnerà l’ordinanza al Consiglio di Stato, ma il primo round della battaglia legale si chiude sfavorevolmente sia per ArcelorMittal, gestore in fitto della fabbrica, che per Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria degli impianti. Entrambe le due società avevano impugnato al Tar l'ordinanza del sindaco dei mesi scorsi.

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Le scadenze del sindaco

Melucci, col suo provvedimento, aveva disposto che ArcelorMittal Italia e Ilva in amministrazione straordinaria individuassero entro 30 giorni dall'ordinanza le fonti inquinanti del siderurgico rimuovendole.

La sentenza del Tar

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La stessa ordinanza stabiliva che, in difetto di adempimento, gestore e proprietario avrebbero dovuto spegnere gli impianti nei successivi 30 giorni. Il Tar ha stabilito che «il termine assegnato nella misura di giorni 60 (sessanta) per il completamento delle operazioni di spegnimento dell'area a caldo, nei termini e nei modi esattamente indicati nella stessa ordinanza sindacale impugnata, deve ritenersi decorrere ex novo dalla data di pubblicazione della presente sentenza, in quanto medio tempore sospeso per effetto della sospensione cautelare dell'efficacia del provvedimento contingibile e urgente». Per il Tar di Lecce, «deve pertanto ritenersi pienamente sussistente la situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini, connessa dal probabile rischio di ripetizione di fenomeni emissivi in qualche modo fuori controllo e sempre più frequenti, forse anche in ragione della vetustà degli impianti tecnologici di produzione».

«Con riferimento al rapporto tra attività produttiva e tutela della salute, si è già evidenziato - afferma il Tar Lecce - che i limiti di compatibilità che devono regolare il bilanciamento degli interessi antagonisti, così come delineati dal Giudice delle leggi nella sentenza Corte Costituzionale 85/2013, risulta macroscopicamente violato in danno della salute dei cittadini, atteso che la compressione della tutela dei diritti fondamentali come il diritto alla salute in favore di un rilevante interesse economico come quello connesso allo stabilimento siderurgico di Taranto deve essere tuttavia contenuto entro limiti ragionevoli e invalicabili ai fini di una compatibilità con i principi costituzionali».

Per i giudici del Tar, «con riferimento al quadro sanitario ed epidemiologico, ricorre nel provvedimento impugnato», appunto l’ordinanza del sindaco, «alcuna violazione del principio di proporzionalità, che in concreto risulta viceversa violato in danno della salute e del diritto alla vita dei cittadini di Taranto, che hanno pagato in termini di salute e di vite umane un contributo che va di certo ben oltre quei “ragionevoli limiti”, il cui rispetto solo può consentire, secondo la nostra Costituzione, la prosecuzione di siffatta attività industriale».

I giudici: nessuna indagine da parte delle società

Esaminando l’ordinanza impugnata da ArcelorMittal eda Ilva in amministrazione straordinaria, Tar Lecce afferma che anzitutto è stato chiesto alle due società, «ciascuna per quanto di sua competenza, di individuare e localizzare le anomalie all'interno degli impianti di produzione e di eliminare le criticità». Per il Tar, «l’adempimento di tale disposizione avrebbe dovuto comportare anzitutto una attività di analisi sia dal punto di vista tecnico degli impianti e del sistema di controllo e di monitoraggio, sia dal punto di vista di eventuali criticità gestionali».

Ma per il Tar «non si può dire» che ArcelorMittal e Ilva «vi abbiano ottemperato, ponendo in essere la dovuta attività di indagine preliminare».

Tar: sussiste grave pericolo vita e salute cittadini

«Piena sussistenza del presupposto grave pericolo per la salute e per la vita dei cittadini, che nel caso della città di Taranto deve ritenersi immanente e permanente». Cosi scrive il Tar nella sentenza. Secondo il collegio (estensore della sentenza è stato lo stesso presidente Pasca), «deve ritenersi quindi provato che i fenomeni emissivi indicati nell'impugnata ordinanza sono stati determinati da malfunzionamento tecnico, difettosa attività di monitoraggio e di pronto intervento, nonché criticità nella gestione del rischio e nel sistema delle procedure di approvvigionamento di forniture e di negligente predisposizione di scorte di magazzino».

Secondo i giudici, «dalle risultanze acquisite, si evince altresì che tali criticità e anomalie possono ritenersi risolte solo in minima parte e che, viceversa, permangono astrattamente le condizioni di rischio del ripetersi di siffatti gravi accadimenti emissivi, i quali del resto non possono certo dirsi episodici, casuali e isolati. Permangono - ad esempio - le criticità connesse alla mancata sostituzione dei filtri MEEP, alla mancata copertura dei nastri trasportatori e dei parchi, nonché il difettoso e/o intermittente funzionamento della rete di rilevamento delle emissioni».

Le reazioni del governatore Emiliano e del sindaco Melucci

“Ho immediatamente informato i ministri Franceschini, Cingolani, Orlando, Guerini, Patuanelli e il sottosegretario Garofoli. Mi auguro che, attraverso Garofoli, ci sia una comunicazione immediata del presidente Draghi alla partecipazione alla conferenza dei servizi per l'accordo di programma che noi fisseremo concordando la data con lo stesso presidente Draghi”. Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano,dopo la sentenza. “Mi auguro - ha affermato Emiliano - che non si chieda al Consiglio di Stato di salvare le castagne del fuoco a tutti. Questa storia è arrivata al termine. Non c'é niente di giuridicamente presentabile che immaginare di sospendere il diritto perché c'è una incapacità di gestione industriale”. Per il sindaco Melucci, “Taranto oggi si è liberata. È una giornata che segna lo spartiacque. Tutto quello che abbiamo detto, trova delle conferme . Questa città non vuole più convivere con quel tipo di produzione che non significa chiudersi a qualunque attività industriale ma porre delle priorità”. “Se il nuovo ministero non è solo una finzione estetica - ha detto il sindaco a proposito del nuovo dicastero per la Transizione Ecologica -, dopo questa sentenza, al netto di quello che farà il Consiglio di Stato, nessuno più può pensare di propinarci uno stabilimento con l'area a caldo, con gli altiforni e con quello schema emissivo

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