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Coronavirus: Sputnik 5, storia del vaccino russo e della missione spaziale che gli dà il nome

Nella migliore tradizione della propaganda russa Putin ha poi scelto un nome che è tutto un programma: Sputnik 5, un grande successo sovietico

di Leopoldo Benacchio

4' di lettura

Da appena 24 ore il Presidente russo Vladimir Putin ha annunciato al mondo che il suo Paese ha registrato ufficialmente il primo vaccino che dovrebbe contrastare l'avanzata del virus Sars CoVi-2, ma l'operazione si sta rivelando un boomerang per la sanità russa e l'immagine del Paese, per la pioggia di critiche che crescono di ora in ora.
Proprio oggi 12 agosto Nature, forse il più autorevole giornale scientifico al mondo, pubblica un breve sondaggio fatto al volo fra i massimi esperti a livello mondiale che stigmatizzano, all'unisono, la mancanza completa di dati e informazioni, la quasi certa assenza di una sperimentazione di massa e anzi paventano che il tutto possa ritorcersi anche contro la ricerca di un vaccino che, a livello planetario, si spera di trovare al più presto.

L’annuncio di Putin

Putin in sostanza dice di essere arrivato primo nella corsa che vede circa 200 concorrenti in ogni parte del mondo e, per dare forza all'annuncio, afferma di averlo provato nel corpo della figlia Maria, trentacinquenne medico endocrinologo.
Per la verità Sabin, nei primi anni '50 del secolo scorso, il suo vaccino antipoliomielite lo aveva provato per primo su sé stesso.Nella migliore tradizione della propaganda russa Putin ha poi scelto un nome che è tutto un programma: Sputnik 5, un grande successo sovietico.

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Sputnik 5, il satellite dei record

Probabilmente agli occidentali e ai giovani dice poco, giustamente, ma si riferisce al primo satellite artificiale che, nel 1960, portò in orbita attorno alla Terra due cani, Belka e Strelka rispettivamente scoiattolo e freccia in italiano, e anche li riportò indenni a terra dopo un giorno, per la prima volta nella storia dello spazio.
Era il 20 agosto 1960, sessanta anni fa. Per la verità nel mastodontico e pesantissimo satellite, di ben 4600 chili, nella miglior tradizione di solidità propria dell'Unione sovietica, c'erano, oltre alle due cagnoline meticce, anche un coniglio, 40 topi, 2 ratti, 15 colonie di moscerini della frutta, una specie di arca di Noè.

Dopo il loro viaggio durato un giorno le due cagnoline vissero normalmente, anzi Strelka partorì sei cuccioli di cui uno finì a Washington come dono per i figli del presidente John F. Kennedy, come segno di distensione. La terribile crisi di Cuba e lo scontro con Nikita Krusciov erano ancora lontani.

La corsa allo spazio dei russi

Per capire perché furono mandati nello spazio animali di ogni genere occorre risalire all'inizio di quella che è chiamata la corsa allo spazio, dominata per anni dall'Unione Sovietica. Tutto iniziò infatti ufficialmente con il lancio da parte dei Sovietici dello Sputnik 1, una palla di metallo, diametro sui 60 centimetri, che all'interno aveva praticamente solo una piccola trasmittente che, per tre mesi, lanciò dallo spazio il suo bip bip, rimasto poi un'icona sonora di quel primo fantastico lancio.
L'impressione fu fortissima perché questo voleva dire, in un mondo separato in due blocchi, che uno dei due poteva bombardare l'altro a migliaia di chilometri. In soldoni Mosca poteva arrivare a Washington con un razzo con un'atomica in cima.
Da qui parte la rincorsa degli occidentali che vinceranno la gara, con Nasa, a chi arriva prima sulla Luna, in quel luglio 1969 di cui abbiamo festeggiato il cinquantenario lo scorso anno.
Non si sapeva però come avrebbero reagito gli organismi umani alle forti accelerazioni necessarie per arrivare in orbita attorno alla Terra e alla assenza di gravità.
In questa completa assenza di informazioni, ma anche ipotesi in merito, furono spediti nello spazio topi, cani, gatti, conigli, scimmie, scimpanzè, vermi, farfalle prima dell'uomo, ma anche dopo, tanto che due tartarughe nel 1968 sono arrivate alla Luna coi sovietici e poi tornate indietro, pare più magre del 10%, e, giusto per finire, due ragni sono volati nello spazio nel 1973. In questo ultimo caso si voleva solo capire se, in assenza di gravità, sarebbero stati in grado di tessere la famosa loro casa e arma di caccia: la ragnatela.

La tessero, quasi uguale a quelle terrestri, ma intelligentemente più sottili, tanto mica c'era la gravità a far pesare eventuali prede. Purtroppo, finirono disidratati, come sentenziò un'inusuale autopsia.

Gli animali nello spazio

Quando l'uomo arrivò prima nello spazio e poi sulla Luna non c'era più bisogno di capire quali sarebbero state le reazioni di un corpo umano, ma comunque vari animali continuarono ad accompagnare gli astronauti, per sommare dati sulle reazioni all'assenza di peso. Così sullo Shuttle e sulla Stazione spaziale internazionale, Iss, sono andati, tartarughe, pesci, meduse, scorpioni e tante altre specie. Qualcuno di loro, come il ragno Nefertiti, è diventato una leggenda coi suoi cento giorni sulla Iss. Oggi riposa allo Smithsonian National Museum of Natural History.Due curiosità in questo zoo spaziale.

Nel 2014 si è avuto una specie di Apollo 13 degli animali, con la perdita di controllo, temporanea, del satellite russo Foton-M4. Portava a spasso, a 500 chilometri dal suolo, anche 5 gechi e la sorte dei simpatici animaletti fu seguita in tempo reale sulle reti sociali, con anche un hashtag dedicato.Infine, ricordiamo che lo scarafaggio di nome Nadezheda fu il primo animale a riprodursi nello spazio. Niente di buono per le future colonie marziane.


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