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Tim porta in rosso Vivendi: nel 2022 perdita di 1 miliardo per i francesi

L’adeguamento a fair value della partecipata italiana pesa per 1,34 miliardi. De Puyfontaine: «Le offerte sulla rete molto al di sotto del valore reale dell’asset»

di Andrea Biondi

(AFP)

3' di lettura

Una perdita attribuibile agli azionisti di 1,01 miliardi di euro nel 2022, a fronte di un utile di 24,69 miliardi nel 2021 (che includeva il capital gain su Umg). E a pesare, per Vivendi, è l’adeguamento a fair value della partecipazione in Tim con un effetto negativo da deconsolidamento di 1,347 miliardi.

In tutto questo c’è anche un altro elemento che i conti e la conference call successiva mettono in evidenza: per il colosso francese che fa capo a Vincent Bolloré il 2022 si sarebbe chiuso con utile netto in crescita del 19,4% a 677 milioni di euro, ma esclusa Tim. Tutto questo a fronte dei ricavi in crescita del 10,1% a 9,6 miliardi di euro principalmente grazie alla performance di Havas (+424 milioni), alla crescita di Canal+ Group (100 milioni) e al fortissimo incremento di Gameloft (56 milioni di euro). L’Ebitda è stato di 868 milioni di euro, in aumento del 35,6% rispetto al 2021.

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La partita italiana

Come prevedibile, la presentazione dei conti della media company francese ha avuto un’ampia parte dedicata a Tim e alle vicende italiane con la partita sulla vendita della rete dell’ex monopolista che vede Vivendi schierarsi su posizioni tutt’altro che remissive. «Le offerte fatte fino ad oggi, per quanto ne so io, sono molto al di sotto del valore reale», ha detto il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, nel corso della call sui risultati del 2022.

«Come abbiamo sempre detto – ha aggiunto sul tema – vediamo valore in Telecom Italia. È una situazione con sviluppi su base quasi giornaliera. Vivendi vuole essere un azionista attivo ed è esattamente quello che stiamo facendo. Siamo determinati a creare valore per tutti gli azionisti e siamo impegnati affinché il valore degli asset della società venga riconosciuto».

«Al lavoro per una soluzione»

Arnaud de Puyfontaine a questo proposito mette in chiaro che la società sta «lavorando per trovare una soluzione per Telecom Italia» e le indicazioni che la «scorsa settimana» sono arrivate «dal governo italiano sono importanti segnali che ci fanno sperare nella possibilità di aprire un capitolo nuovo». Il riferimento, in questo caso, sembra essere più che altro quanto detto dal ministro Urso quando ha dichiarato che «la società e nella persona anche dell’ad Arnaud de Puyfontaine, sta lavorando al tavolo che abbiamo realizzato con altri attori istituzionali» in un «clima di piena collaborazione che credo possa aiutarci sia nel trovare una conclusione positiva in questa sfida sia a incrementare e incentivare gli investimenti nel nostro Paese».

Frase agli atti, anche se poi domenica è arrivata l’offerta di Cdp e Macquarie che è andata a unirsi a quella di Kkr che era già stata posizionata sul tavolo di Tim a inizio febbraio. Entrambe, è stato chiarito a più riprese durante la call, non sono considerate valide da Vivendi. E non è da trascurare che la presa di posizione arrivi dal principale azionista di Tim che intende far valere il peso specifico del suo 23,75% tanto più ora che ha contabilizzato la differenza tra il valore di carico della propria partecipazione al 31 dicembre 2022 (0,5864 euro per azione) e il fair value calcolato sulla base della quotazione del titolo a tale data (0,2163 euro per azione).

Pronti a dar battaglia

Insomma il colosso francese fa capire di essere pronto a dare battaglia, anche supportato dal fatto di aver recuperato «una piena libertà di azione per creare valore per tutti gli azionisti». Il riferimento è alla scelta di non avere più rappresentanti nel Consiglio di amministrazione del gruppo e alla volontà di arrivare, nella partita italiana, a «uno scenario che possiamo supportare».

Gli occhi adesso sono puntati sul Cda Tim del 15 marzo che sarà preceduto dalle valutazioni del Comitato parti correlate sull’offerta di Cdp-Macquarie. Il tutto fra le perplessità dei sindacati che chiedono alla presidente del consiglio Giorgia Meloni di essere convocati, perché temono per la tenuta dell’occupazione. «Siamo fortemente preoccupati del modo in cui si sta gestendo il “dossier sulla Rete”, anche alla luce delle offerte arrivate per acquisire la Netco da parte di fondi internazionali», scrivono in una nota il Segretario generale Uil Pierpaolo Bombardieri e Salvo Ugliarolo, Segretario generale Uilcom. «Si continua a leggere di operazioni per noi puramente finanziarie, ma non si conosce nulla sul destino delle persone che lavorano nel Gruppo. Abbiamo rappresentato la nostra contrarietà ad operazioni di “spezzatino”».

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