di Roberto Bongiorni
Lorenzo Orsetti, ucciso in un’imboscata a Baghuz, in una foto del suo profilo Facebook
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I compagni d’armi lo conoscevano con il suo nome di battaglia: ”Tekoser”. Il suo nome vero, come lo ha diffuso su Telegram l’Isis mostrando la sua Tessera sanitaria e la carta di credito, era Lorenzo Orsetti. Originario di Firenze, aveva solo 33 anni. È stato ucciso dai jihadisti dello Stato Islamico.
Da oltre un anno aveva scelto di combattere a fianco delle Unità di protezione popolare, le milizie curdo-siriane che operano nella Siria settentrionale, meglio note con l’acronimo Ypg. Da tempo inquadrate nelle Syrian Democratic Forces, l’alleanza multietnica contro lo Stato islamico, sostenuta dai Paesi occidentali, le milizie curdo-siriane sono sempre state la forza più consistente, la spina dorsale (circa l’80% degli effettivi).
La battaglia, portata avanti da settimane contro Baghuz, l’ultima roccaforte degli estremisti in Siria vicino al confine con l’Iraq, è stata fatale a Orsetti. Ma non era la prima. Tekoser aveva già combattuto su altri fronti insieme alle Ypg. Anche quando l’enclave curdo-siriana di Afrin aveva subìto l’offensiva delle ben più addestrate forze dell’esercito turco. Proprio nei giorni dell’assedio di Afrin, poi conquistata dall'esercito turco, rilasciò un’intervista al Corriere Fiorentino: «Ho lavorato per 13 anni nell’alta ristorazione: ho fatto il cameriere, il sommelier, il cuoco. Mi sono avvicinato alla causa curda perché mi convincevano gli ideali che la ispirano, vogliono costruire una società più giusta più equa», diceva.
Orsetti era attratto, come altri giovani, italiani e non, dalla struttura sociale e politica del Rojava (nome con cui si indica il Kurdistan siriano) dalla reale emancipazione della donna, dalla cooperazione sociale, dall’attenzione per l’ambiente e dalla sua struttura democratica. Anche lui sembra fosse inquadrato nella Brigata internazionale, il reparto di cittadini provenienti da tutto il mondo che sposano la causa curda. Nel suo ultimo post, datato 12 marzo, Orsetti scriveva: «Se tutto va bene domani riparto».
Non ha avuto la fortuna di veder cadere l’ultima roccaforte dello Stato Islamico. E di potersi vantare di aver dato il suo contributo (sulla legittimità del suo ruolo di combattente a fianco delle Ypg non appare del tutto chiara la posizione della magistratura italiana). Ma ormai è questione di poche settimane. Alla fine l’Isis capitolerà. E vi saranno altri stranieri tra le file delle Ypg a festeggiare. Tra questi, corre voce vi siano ancora sei cittadini italiani, tra cui due donne.
D’altronde la causa del Rojava ha sempre esercito una forte attrazione su diversi giovani europei. Alcuni di loro riuscirono ad attraversare la frontiera turca nell’autunno del 2014 e a unirsi ai miliziani delle Ypg (un cittadino italiano scrisse un libro di memorie). Grazie al contributo decisivo delle coraggiose unità femminili curdo siriane, che avevano opposto una resistenza eroica contro le milizie jihadiste, i curdo siriani riuscirono a vincere tre mesi dopo una battaglia che sembrava impossibile. La battaglia di Kobane.
Roberto Bongiorni
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