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Perché nei Paesi ricchi e «felici» ci si suicida di più che in Italia e in Grecia?

di Enrico Marro

Oms: in aumento malattie mentali e neurologiche nel mondo

14 marzo 2019
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4' di lettura

Secondo il World Happiness Report 2018 dell'Onu, i Paesi più felici del mondo sono Finlandia, Norvegia e Danimarca, seguiti da Islanda, Svizzera e Paesi Bassi. L’Italia è 47°, dopo la Thailandia e prima dell'Ecuador, mentre la Grecia è addirittura 79°, solo un gradino prima del Tajikistan.

C’è però un’altra classifica, molto più inquietante, in cui è meglio stare alla larga dalle prime posizioni: quella dei suicidi. E dove le sorprese non mancano. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, la felice Finlandia è addirittura 32° - dopo un nugolo di Paesi africani e il Belgio - l’Islanda 40°, la Svezia 51°, la Svizzera 61ma, i Paesi Bassi 81°e la Danimarca 89°. L’Italia? addirittura 142°, con un tasso di suicidi ogni 100mila abitanti che è quasi un terzo di quello finlandese. La Grecia? Nonostante la crisi è 157° su 183 Paesi.

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Ecco l’altra faccia delle classifiche sulla felicità, quella più inquietante e oscura: perché nei Paesi ricchi ed economicamente solidi, in buona parte premiati con le ormai rarissime triple A dalle agenzie di rating, dove il welfare è generoso e la disoccupazione residuale, perché in queste isole felici il numero di persone che decide di togliersi la vita è così più alto che in nazioni in difficoltà come Italia e Grecia?

Così come non è facile trovare il metro giusto per misurare la felicità, non è altrettanto semplice capire perché i cittadini di Paesi incredibilmente sviluppati e democratici arrivino più di frequente a gesti estremi. Per quanto riguarda la Scandinavia, ci ha provato uno studio del Consiglio dei ministri Nordico e dell'Istituto di ricerca sulla Felicità di Copenaghen, “In the Shadow of Happiness”, condotto tra il 2012 e il 2016. I risultati restituiscono un'immagine molto più tenebrosa della felicità nordica.

Secondo lo studio, il 12,3% della popolazione dei Paesi Nordici è in condizioni di infelicità e di sofferenza psicologica, percentuale che sale al 13,5% fra i giovani tra i 18 e i 23 anni e ben al 19,5% tra le ragazze svedesi (contro il 13,8% dei ragazzi). Solo gli anziani sono ancora meno felici dei giovani, con il 16% degli over 80 scandinavi in condizioni di sofferenza per problemi fisici di salute e solitudine.

Il report mostra come nei Paesi Nordici il tradizionale pattern a “U” di distribuzione della felicità per fasce di età sia diverso da quello del resto del mondo: se infatti di solito sono i giovani e gli anziani a essere più felici della media (appunto con un andamento a “U”), ecco che invece in Scandinavia il pattern risulta praticamente rovesciato, con giovani e anziani meno soddisfatti degli altri.

A che cosa si deve questa insoddisfazione? I cinque fattori che influenzano i livelli di infelicità, secondo lo studio, sono nell’ordine: problemi di salute, disagio psicologico, differenze di reddito, disoccupazione e isolamento sociale.

Il malessere dei giovani non è peraltro un fenomeno soltanto nordico. Come sottolinea uno degli autori dello studio, Michael Birkjaer, in tutto il mondo occidentale questa fascia d’età deve fare i conti con stress, solitudine e disturbi mentali. Questo si intreccia per esempio a una Finlandia che è il terzo Paese al mondo per diffusione di armi da fuoco (dopo Stati Uniti e Yemen) o una Danimarca seconda a livello globale nel consumo di antidepressivi.

Forse è per questo che, tornando allo studio, in Danimarca il 18,3% dei giovani tra i 16 e i 24 anni mostra problemi psicologici, percentuale che sale al 23,8% per le ragazze di questa fascia di età. O che in Norvegia tra il 2012 e il 2016 il disagio mentale dei giovani è aumentato di un incredibile 40%. «I problemi psicologici in questa fascia di età si manifesta sotto forma di stress, ansia, depressione, comportamenti autolesionistici, consumi di antidepressivi e, in casi estremi, suicidio - si legge nel report - . Quest’ultimo è un problema enorme in particolare proprio in Finlandia, il Paese più felice secondo il World Happiness Report 2018, dove il suicidio rappresenta addirittura un terzo delle cause di morte tra i giovani tra i 15 e il 24 anni».

L’origine del malessere dei giovani scandinavi non è facile da scoprire e da dimostrare scientificamente. «Ma abbiamo indizi sulle cause del problema: in Danimarca per esempio esiste una grande cultura del perfezionismo» oggi diventata controversa, continua Birkjaer, con ragazzi e ragazze portati a dover eccellere a scuola. Ma anche i social media hanno il loro peso, poiché oggi i giovani - non solo nei Paesi scandinavi - considerano l’utilizzo di Facebook o Instagram come un momento di socialità reale, non virtuale, in alcuni casi il più comune.

La ricerca spiega inoltre che in generale le persone molto religiose tendano a mostrare livelli di felicità maggiori di quelle atee o agnostiche, con i Paesi scandinavi (in particolare la Svezia) che mostrano livelli di secolarizzazione assolutamente al di sopra della media.

Fin qui abbiamo parlato dei Paesi scandinavi, che probabilmente più di altri si sono preoccupati di indagare la “forbice” esistente tra la felicità sfoggiata nella classifica delle Nazioni Unite e quella reale. Lo studio condotto dall’Istituto di ricerca sulla Felicità di Copenaghen chiarisce come il problema esista e vada affrontato, anche perché l’infelicità - oltre a rappresentare un costo enorme per la società - mina alla base lo stesso modello nordico, basato sulla fiducia. Poco invece sappiamo di altri Paesi europei “tripla A”, come l’Olanda o la Svizzera, anch’esse nella top ten della felicità misurata dall'Onu ma anche ben al di sopra di Italia e Grecia quanto a tasso di suicidi.

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