di Sissi Bellomo
(Reuters)
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Oro in volo verso 1.700 dollari l’oncia, petrolio affondato da un ribasso superiore al 5 per cento. L’allarme coronavirusè tornato a turbare i mercati, con il boom di contagi in Italia, Corea del Sud e Iran che ora fanno temere una pandemia. E sulle materie prime l’effetto della fuga dal rischio è stato particolarmente pronunciato.
L’oro è tornato ad essere protagonista, con un rally che ha guadagnato forza fin dalle prime ore del mattino di lunedì, quando erano aperti solo i mercati asiatici. Le quotazioni, in rialzo di oltre il2%, si sono spinte a sfiorare 1.690 dollari l’oncia, ai massimi da gennaio 2013. E ormai gli analisti tecnici non vedono più grandi ostacoli nella corsa verso la soglia psicologica dei 1.700 dollari.
A sgombrare il campo c’è il crollo dei rendimenti dei titoli di Stato: il tasso del decennale Usa è sceso all’1,419%, il minimo da luglio 2016, mentre l’intera curva dei Bund tedeschi è ormai in negativo.
L’oro è salito addirittura al record storico nella divisa europea (a 1.560,39 euro l’oncia) e in quella britannica (1.308, 45 sterline l’oncia).
La ricerca di beni rifugio ha beneficiato anche l’argento (salito fino a 18,90 $/oncia, il massimo da settembre) ma non il platino. E stavolta nemmeno il palladio superstar è riuscito a sottrarsi all’ondata di vendite: il metallo – prezioso ma impiegato soprattutto nell’industria automobilistica, per le marmitte dei veicoli a benzina – ha accusato un ribasso vicino al 4%, che l’ha respinto verso 2.600 dollari l’oncia sul mercato spot londinese.
Per il petrolio, particolarmente sensibile ai timori sulla crescita, è stata una seduta molto difficile: il Brent è arrivato a perdere più del 5% ripiegando sotto 56 dollari al barile, mentre il Wti è sceso sotto 51 dollari.
Il rame, altro importante barometro dell’economia globale, è intanto sceso a 5.680 dollari per tonnellata al London Metal Exchange, dopo un ribasso di quasi il 2%.
Tra i metalli industriali – tutti in terreno negativo – spicca la performance dello zinco, impiegato in siderurgia, che è crollato ai minimi da giugno 2016: le scorte nei magazzini della borsa londinese sono aumentate di oltre il 50% in tre settimane e alla Shanghai Futures Exchange sono ai massimi da due anni .
D’altra parte Baowu, gigante siderurgico cinese, ha previsto una perdita di produzione del 5%, pari a un milione di tonnellate di acciaio, nel primo trimestre per colpa del coronavirus (nel 2019 il gruppo aveva prodotto ben 96 milioni di tonnellate di metallo). Un rallentamento analogo è stato denunciato da Jiangsu Shangang Group, che per rispondere alle difficoltà interne afferma di aver accelerato le esportazioni di acciaio.
Per approfondire:
● Automotive, lusso, viaggi e materie prime: dove colpisce di più il coronavirus
● Materie prime, il coronavirus mette in fuga gli hedge funds
● La frenata cinese fa tremare i mercati delle materie prime
Sissi Bellomo
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