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In Emilia Romagna sette anni dopo più aziende e più Pil

Il caso del distretto biomedicale di Mirandola oggi più competitivo

13 settembre 2019
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3' di lettura

Hanno “tenuto botta” da subito. Non si sono mai fermati, né allontanati. E ora che la conclusione dello stato d’emergenza si avvicina, possono affermare di «essere più forti di prima». Prima delle scosse che nel maggio 2012 uccisero 28 persone e ne lasciarono 45mila senza tetto. E prima anche della crisi economica. «Un combinato disposto che avrebbe potuto metterci in ginocchio per decenni, ma da subito - rivendica il presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, commissario per la ricostruzione - ci siamo dati quest’obiettivo, cogliendo le nuove opportunità che si aprivano nel risollevarsi dalla distruzione».

Così sette anni dopo, il Pil del cratere tra le provincie di Modena e Ferrara rappresenta il 2,4% di quello nazionale, salito rispetto al 2011; come salito è il numero delle imprese (oggi 115mila) e degli impiegati, 22mila posti di lavoro in più, stima la Regione. Le scosse del 20 e 29 maggio 2012 fecero crollare antiche pievi, chiese e palazzi medievali, ma soprattutto capannoni nel distretto biomedicale tra Mirandola e Medolla. Qui le multinazionali, come Hmc Premedical, Gambro Dasco, Haemotronic, Sidam e Bellco, non hanno mai abbandonato il territorio, ma è stato anche inaugurato un nuovo tecnopolo per la ricerca nel settore della scienza della vita. Sempre secondo la filosofia che gli aiuti (1,9mld i contributi concessi per 3.500 progetti approvati per le imprese) «non dovessero servire solo a ricostruire i muri, ma anche a contribuire all’acquisto di macchinari innovativi e a favorire la ricerca, fondamentale per la fare la differenza - marca Bonaccini – nella competizione globale».

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In una terra che non si credeva sismica - tanto che si sono concluse con archiviazioni le inchieste sui crolli, come quello alla Haemotronics dove morirono in quattro («emerse - sintetizza l’ex procuratore di Modena, Vito Zincani - che i capannoni erano costruiti con le regole dell'epoca»), ora 1.600 imprese hanno potuto rafforzare la prevenzione, con 60mln del fondo Inail. E viaggiando nel distretto, «vediamo fabbriche più nuove, più grandi e più sicure», si inorgogliscono tanto manager che dipendenti di società come Bbg, Rb o Euroset, colpite dai crolli, che ora rinsaldano fatturato ed export. Lo stato d’emergenza è prorogato fino al 2020. Il commissario non si sbilancia sulla possibilità che allora la ricostruzione sia conclusa, ma «si intravede il traguardo: le famiglie sono tornate pressoché tutte nelle loro case (6.942 gli edifici completati); molte imprese viaggiano a ritmi superiori del passato, nei centri storici stiamo intensificando la nostra azione».

Quello del 2012 fu il primo terremoto industriale della storia d’Italia, col rischio che potesse lasciare «ferite irreparabili.

È stata invece - ebbe a dire il capo dello Stato - una ricostruzione di successo». Ma quando, lasciati i capannoni, si varcano le antiche porte, tra Mirandola e Cavezzo o Concordia, tra Sant'Agostino e Finale Emilia, restano i ponteggi a sbarrare ancora teatri, chiese, campanili, Municipi, gli «edifici più pazienti», secondo la definizione di Sergio Mattarella. Nei piccoli centri «restano delle difficoltà», ammette il commissario ed è nella ricomposizione della comunità che si gioca l’ultima fase della ricostruzione. «Quest’anno - snocciola - abbiamo già investito 35milioni, per sostenere l’insediamento delle attività commerciali, artigianali e professionali nei centri ricostruiti, che si aggiungono ai 30milioni già stanziati per le opere di urbanizzazione primaria».

Nell’ultimo anno, Bonaccini ha più volte denunciato «il volta spalle del Governo gialloverde. Non siamo neanche riusciti ad illustrare i nostri problemi. E quello che ci ha rammaricato di più è stato che solo i nostri territori sono stati esclusi dal decreto sblocca cantieri, che aveva un capo dedicato a tutte le calamità. Come se i nostri cittadini non meritassero la medesima attenzione». Anche in Emilia, da Roma si attendono risposte su questioni concrete, come i mutui degli enti locali, la proroga dell’esenzione Imu sugli immobili inagibili. «La mancata approvazione pone i nostri territori in seria difficoltà», ammette Bonaccini, che ha potuto però a luglio annunciare il via ad una delle opere più attese, il collegamento autostradale di Mirandola. «Un’infrastruttura fondamentale. L’accelerazione sulla Cispadana è legata all’impegno assunto dalla concessionaria Arc(Autostrada regionale Cispadana), a consegnare entro ottobre il progetto definitivo, adeguandolo alle prescrizioni della valutazione di impatto ambientale. Una volta validato, la Regione convocherà entro fine anno la Conferenza dei servizi per il via libera definitivo. A questo punto ci sarà l’approvazione del progetto esecutivo, con l’apertura dei cantieri nella seconda metà del 2020». Un’opera, a servizio di un territorio, che ha saputo diventare più forte. Anche del terremoto.

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