di Francesca Cerati
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L’ipnosi per controllare il dolore nei pazienti a cui deve essere impianto un pacemaker o un defibrillatore.
I pazienti che devono essere sottoposti a una procedura interventistica cardiologica hanno infatti la necessità di rimanere fermi, immobili durante l'intervento e normalmente la procedura può essere dolorosa e faticosa da sopportare.
Il nuovo protocollo di cura è stato presentato oggi a Milano nel corso dell'evento “Ipnosi e Cardiologia Interventistica” organizzato dall'Istituto Franco Granone - Centro italiano Ipnosi Clinico Sperimentale, e dall'Azienda Sanitaria Locale di Asti.
«L'ablazione cardiaca effettuata con la tecnica della radiofrequenza produce bruciature del tessuto cardiaco che provocano dolore - dichiara Marco Scaglione, direttore della S.O.C. di Cardiologia dell'Ospedale “Cardinal Massaia” di Asti - Inoltre, la tecnica richiede l'utilizzo di sistemi di mappaggio tridimensionale delle camere cardiache dove diventa fondamentale l'immobilità del paziente. Per questi motivi, tenendo conto che la durata delle procedure può arrivare anche a tre ore, è necessario tenere il paziente con un livello di sedazione tale da renderlo immobile e da permettergli un controllo del dolore».
A tale scopo, in molte nazioni europee e spesso in America, queste procedure vengono praticate in narcosi, che può essere gestita anche dall'elettrofisiologo, mentre in Italia questo richiede l'ausilio di anestesisti e quindi, a seconda delle disponibilità dei diversi ospedali, si opta per una sedazione più o meno profonda.
«Su queste basi -continua Scaglione - l'ingresso dell’ipnosi come adiuvante della terapia farmacologica analgesica permette di ottenere un miglior controllo del dolore e un'azione sull'ansia del paziente che non vuole essere alternativo ma complementare al supporto anestesiologico».
I cardiologi dell'Ospedale “Cardinal Massaia” di Asti hanno anche presentato i risultati del più grande studio osservazionale sul ruolo dell’ipnosi nei pazienti sottoposti alla procedura di ablazione cardiaca. Secondo lo studio, l'ipnosi ha successo nel 97% dei casi, la procedura di cardiologia interventistica risulta indolore nel 78% dei casi, l'ansia della procedura si riduce dell'83% e il paziente ha l'impressione che l'intervento duri meno (del 30% rispetto alla durata effettiva) migliorando così il suo vissuto.
In più, si utilizza una dose minore di farmaci analgesici, cosa che invece è stata necessaria nel 56% di coloro che non erano stati ipnotizzati e in due pazienti si è dovuto ricorrere alla narcosi profonda per il controllo del dolore. Risultati che potrebbero anche ridurre i costi procedurali.
«Negli ultimi anni, l'ipnosi sta emergendo come una strategia efficace per il controllo del dolore durante le procedure chirurgiche e rappresenta un protocollo ben consolidato in altre branche della medicina - afferma Scaglione - Assoluta novità a livello internazionale è l'utilizzo nel campo cardiologico. Con oltre 300 procedure effettuate dal nostro centro, oggi sappiamo che l'ipnosi condotta da un terapista qualificato o da un operatore sanitario è una pratica efficace, sicura e senza effetti avversi. La metodica si basa sul potere neurolinguistico della parola per cui il paziente viene “portato”, grazie alla comunicazione verbale, in una dimensione piacevole che permette lo svolgimento dell'intervento in pieno rilassamento e benessere».
La divisione di Cardiologia di Asti è la prima al mondo ad aver strutturato una modalità operativa che prevede l'utilizzo dell'ipnosi come coadiuvante alla terapia analgesica nelle procedure di cardiologia interventistica che vengono effettuate presso i laboratori di elettrofisiologia e di emodinamica.
Francesca Cerati
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