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Turismo storico: da Anzio ad Arnhem lungo le strade della Liberazione

di Enrico Marro

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Paolo Bongini, uno dei “creatori” del percorso della Via Francigena, ha attivato da poco la sezione italiana del progetto europeo “Liberation Route Europe” per promuovere anche nel nostro Paese i musei, i luoghi della memoria e lo storytelling dei sopravvissuti per raccontare la seconda guerra mondiale da prospettive e punti di vista completamente inediti. Con percorsi turistici, visite guidate, eventi e celebrazioni

21 agosto 2019
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6' di lettura

Scuote il cuore ascoltare le parole di Jan Loos, 89 anni, quando rivede se stesso, appena quattordicenne, con la sua famiglia in mezzo ai furiosi combattimenti casa per casa dei paracadutisti britannici con le Waffen-SS tedesche. Il destino ha voluto che Jan finisse nel bel mezzo della battaglia di Arnhem, la più grande operazione aviotrasportata della storia: scattata il 17 settembre 1944, l'Operazione Market Garden, il “secondo D-Day”, doveva accorciare la seconda guerra mondiale di quasi un anno, permettendo agli alleati di arrivare a Berlino prima di Natale. Con un audace blitz a sorpresa, i paracadutisti angloamericani volevano impadronirsi dei ponti olandesi sul Reno per consentire alle divisioni corazzate di invadere il Reich da nord, dove terminavano le munite fortificazioni della Linea Sigfrido. Ma, a differenza del D-Day, in Olanda a vincere furono i tedeschi: un po' per pura fortuna, ma anche per l'eccessiva fiducia dei comandi Alleati - in particolare del maresciallo inglese Montgomery - in una facile e rapida sconfitta del nemico.

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Il lancio dei paracadutisti britannici nella zona di Arnhem, il 17 settembre 1944

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Jan, che viveva con la famiglia a Oosterbeek, a poche centinaia di metri dall'elegante villa ottocentesca Hartenstein che oggi ospita l'Airborne Museum e che durante la battaglia diventò per qualche giorno il quartiere generale della prima divisione paracadutisti britannica, è scampato per miracolo alla morte. Ricorda con incredibile lucidità quel 17 settembre 1944, con lo spettacolo della lunga sfilata di aerei e alianti alleati in cielo, l'arrivo dei parà britannici acclamati dalla popolazione, poi la controffensiva tedesca, i soldati inglesi che si trinceravano nella loro casa con mitragliatrici e bazooka, la fuga della sua famiglia nella cantina di un'altra abitazione.

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Un diorama a grandezza naturale dei paracadutisti inglesi, riprodotto nell'Airborne Museum di Oosterbeek

E poi le esplosioni e gli spari sempre più vicini, uditi nel buio del sottoscala, e quella notte straziante in cui un soldato tedesco in agonia invocò sua madre per ore, fino a quando le sue grida diventarono un filo di voce, e poi solo silenzio. Jan ricorda bene anche il 26enne capitano inglese Stevens, ferito nei combattimenti, che la famiglia Loos ospitò qualche ora per farlo riposare prima di tornare in prima linea, e che oggi riposa nel cimitero di guerra di Oosterbeek.

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La tomba del capitano Stevens, che venne aiutato dalla famiglia di Jan Loos prima di tornare a combattere e trovare la morte a 26 anni. Oggi riposa nel cimitero di guerra di Oosterbeek

E infine, l'ultimo giorno dei combattimenti, Jan ricorda le Waffen-SS che intimarono ai civili di sgomberare l'area prima dell'attacco finale, e come in un film rivede lui e la sua famiglia allontanarsi a piedi sulla strada per Arnhem, trattenendo il respiro, esattamente in mezzo alle postazioni tedesche e britanniche, tutti con le armi in pugno ma come sospesi in un surreale “cessate il fuoco” per permettere alla popolazione di salvarsi. Un quadro conservato nell'Airborne Museum riproduce lo scenario di distruzione fissato nei ricordi di Jan quando, alla fine della battaglia, vide quello che restava di Arnhem, dove più tardi quello stesso giorno l'allora ragazzino e la sua famiglia sopravvissero per miracolo a un bombardamento alleato.

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Jan Loos con il quadro di Arnhem dopo la battaglia, realizzato sulla base dei suoi ricordi e conservato all'Airborne Museum

Gli olandesi sono stati maestri nel reinventare il turismo storico legato alla seconda guerra mondiale, seguiti a ruota dai belgi con Bastogne e dai francesi con la Normandia. Proprio nella regione olandese del Gelderland, in cui si è combattuta la battaglia, nel 2008 dall'idea di due stagisti è nata Liberation Route Europe (LRE), fondazione internazionale che unisce in modo unico turismo e storia, mettendo in rete i musei, i luoghi della memoria e lo storytelling dei sopravvissuti per raccontare la seconda guerra mondiale da prospettive e punti di vista completamente inediti. Con percorsi turistici, visite guidate, eventi e celebrazioni.

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Il ponte di Nijmegen, che a differenza di quello di Arnhem venne conquistato intatto dagli alleati: è ancora quello originale dove si combattè la battaglia

Ad Arnhem è nato un percorso che unisce il ponte “John Frost” protagonista della battaglia al nuovo centro informazioni (dove un breve film in 3D racconta le storie personali di un tenente inglese, di un Hauptsturmführer tedesco e di una donna olandese durante la battaglia), fino all'Airborne Museum e al vicino cimitero di guerra, passando per l'infopoint ospitato in una chiesa della non lontana Driel che ricorda il sacrificio dei parà polacchi per cercare di liberare gli inglesi accerchiati dai tedeschi.

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Il diorama del National Liberation Museum di Groesbeek, vicino a Nijmegen, che riproduce l'attraversamento del fiume Waal da parte dei paracadutisti statunitensi

I percorsi di Liberation Route Europe sono molto ricchi anche nella zona di Nijmegen. Comprendono il National Liberation Museum di Groesbeek, vicino al confine tedesco, dove scattò nel febbraio 1945 l'offensiva finale alleata verso la Germania, ma anche il vicino cimitero di guerra canadese e l'Hotel Erica di Berg en Dal, che durante il conflitto ospitò sfollati, senzatetto e anche ebrei, nascosti in un sottoscala. A valorizzare l'albergo e la sua storia inserendolo nel circuito di LRE è stato Marcel Hoogenboom, direttore della struttura, nipote di quel Leendert Hoogenboom che si unì alla Resistenza olandese, per poi essere arrestato dopo una delazione l'11 agosto 1942 e incarcerato a Dachau, in Germania, Paese dove morì proprio nei giorni della Liberazione.

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Marcel Hoogenboom, direttore dell'Hotel Erica di Berg en Dal, vicino a Nijmegen: nella struttura vennero accolti senzatetto, sfollati e anche segretamente alcuni ebrei, nascosti in un sottoscala

Sempre a Nijmegen è molto suggestiva la “marcia del tramonto”, sul nuovo ponte Oversteek costruito nel 2013 proprio nella zona dove il 20 settembre 1944 i paracadutisti americani dell'82ma divisione riuscirono ad attraversare il fiume Waal liberando la città. Ogni sera i veterani di tutti i conflitti, anche quelli più recenti, molti con il basco blu dell'Onu, si ritrovano sul ponte al tramonto e lo attraversano a passo di marcia mentre sopra, al loro passaggio, si accendono una dopo l'altra 48 paia di luci: 48 come i paracadutisti americani che persero la vita nell'attraversamento del fiume sotto il fuoco dei tedeschi. La “marcia del tramonto” vuole ricordare il loro sacrificio.

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I veterani alla “marcia del tramonto” di Nijmegen, dove ogni sera viene ricordato il sacrificio dei paracadutisti americani nel 1944 per liberare la città

Si contano a centinaia le guide volontarie nell'area di Njimegen e Arnhem, impegnate nei musei e nei tour, come Jan Loos o come l'infaticabile ex imprenditore e storico Maarten Dekkers, oggi quasi ottantenne “cicerone” pieno di passione del Museo Nazionale della Liberazione di Groesbeek, che durante la battaglia era un un bambino. O come Thijs van der Laan, ex militare olandese in Afghanistan, innamorato dell'Italia, che dopo il pensionamento si è inventato una seconda vita come guida e conferenziere.

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Maarteen Dekkers davanti a un carro armato Sherman conservato nel National Liberation Museum di Groesbeek, vicino a Nijmegen: il mezzo corazzato venne utilizzato per l'offensiva finale del febbraio 1945 verso la Germania

Ma torniamo a Liberation Route Europe. Sovvenzionata dall'Unione Europea oltre che dalle associazioni di veterani e presieduta dall'ex numero uno del Parlamento europeo, Martin Schultz, la fondazione è presente in Olanda, Belgio, Lussemburgo, Francia, Gran Bretagna, Germania, Polonia e Repubblica Ceca, con partnership in Canada e negli Stati Uniti. Da pochi giorni è operativa anche in Italia. Il presidente di Liberation Route Italia è Paolo Bongini - uno dei “creatori” del percorso della Via Francigena, già dirigente del settore turismo della Regione Toscana e per due mandati presidente di NECSTouR, network delle regioni europee per il turismo sostenibile e competitivo - mentre direttore è Carlo Puddu, che da tre anni collabora con la sede centrale di Bruxelles per sviluppare la filiale italiana.

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Il cimitero di guerra di Anzio, a circa 50 chilometri da Roma, che raccoglie le spoglie dei militari del Commonwealth caduti nella famosa battaglia del 1944 (foto Picspoint.nl)

«Vogliamo allargare il più possibile l'adesione alla rete da parte di tutti quei soggetti che nel nostro Paese condividono lo spirito e gli obiettivi di LRE - spiega Puddu - . In particolare ora vogliamo promuovere in Italia la campagna internazionale “Europe Remembers”, lanciata in occasione del 75° anniversario della fine della guerra, che a livello europeo ha l'obiettivo di raggiungere oltre 25 milioni di potenziali visitatori». “Europe Remembers” culminerà l'anno prossimo nella realizzazione di un colossale percorso di quasi tremila chilometri, da Londra a Berlino, costellato da speciali monumenti (chiamati “vettori”) disegnati dall'archistar Daniel Libeskind.

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L'abbazia di Montecassino oggi: è stata ricostruita nel dopoguerra dopo essere stata distrutta dai bombardamenti alleati del febbraio 1944 (foto Picspoint.nl)

I numeri, del resto, danno ragione alla scommessa del fondatore Jurriaan de Mol. A livello europeo LRE lavora con oltre 200 organizzazioni, promuovendo più di 300 tra strutture museali e siti della memoria. I musei più importanti sulla “strada della Liberazione” dalla Normandia a Berlino fino al 2017-2018 ricevevano fino a 500mila visitatori l'anno, che si stima da quest'anno triplicheranno a quota 1,5 milioni. Ma c'è un dato ancora più importante: l'età media delle persone che visitano i luoghi della memoria è scesa a 40 anni. Segno che l'offerta turistico-culturale è diventata più moderna ed efficace.

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Il 10 settembre 1943 Porta San Paolo fu teatro dell'estremo tentativo dell'esercito italiano e di volontari civili di difendere Roma dall'occupazione tedesca, dopo l'armistizio dell'8 settembre (foto Picspoint.nl)

«Chi si è mosso prima come Francia, Olanda e Belgio sfoggia numeri incredibili - spiega ancora Puddu - mentre il nostro Paese ancora non riesce a fare massa critica: abbiamo tanti musei ma piccoli, frammentati, poco valorizzati. Spesso sono semplici raccolte di cimeli prive di un percorso museale persino in lingua italiana, non parliamo dell'inglese». La sfida di LRE Italia è quindi mettere in rete comuni, associazioni, sponsor, convegni e pacchetti turistici, creando uno strumento che valorizzi i luoghi della memoria e lo storytelling di chi ha vissuto la guerra in prima persona.

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I bunker lungo la Linea Gotica nell'appennino tosco-emiliano (foto di Gabriele Caproni)

«Il nostro è un progetto serio e ambizioso - sottolinea il direttore di LRE Italia - con tanto di comitato scientifico composto da storici ed esperti. Abbiamo la sede nazionale sulle mura di Lucca, uno spazio aperto allo storytelling della memoria, siamo presenti su Instagram e Facebook con un racconto “giorno per giorno” di cosa avvenne 75 anni fa, in cui vogliamo coinvolgere il maggior numero possibile di persone: ma abbiamo bisogno di sponsor e fondi, anche per formare guide in grado di “raccontare” al turismo internazionale che cosa ha significato per l'Italia la guerra. La nostra sfida è quindi creare un'offerta in questo senso. Non dimentichiamo che il turismo storico, oltre a rappresentare un veicolo di cultura e trasmissione della memoria, è in grado di creare posti di lavoro e ricchezza». Come dimostra l'esperienza olandese.

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