(ANSA)
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Matteo Renzi si sente «oggetto di attenzioni speciali» di certi magistrati e rilancia lo scontro con la procura di Firenze, accusata di «invasione del campo della politica» per l'inchiesta sulla fondazione Open. Il leader
di Italia Viva vede «un vulnus alla separazione dei poteri» e promette battaglia.
La casa comprata con il prestito restituito
Mentre l’Espresso scrive che Renzi avrebbe comprato la sua villa con un prestito da 700 mila euro di un finanziatore di Open. «Falso, sono soldi prestati da una conoscente e restituiti», replica Renzi, che annuncia querela. «Questa storia non ha niente a che vedere con la Fondazione Open. Non ha alcuna attinenza», tanto che ci sarà una «denuncia per divulgazione di segreto bancario», annuncia in serata.
Il ruolo dell’imprenditore Maestrelli
L’ex premier, secondo l’Espresso, ha ricevuto 700mila euro per comprare una villa a Firenze mentre attendeva di vendere la sua casa a Pontassieve. A dargli i soldi, la madre di un imprenditore fiorentino del settore immobiliare, Riccardo Maestrelli, che ha finanziato Open e nel 2015 è stato anche nominato membro del cda di Cdp Immobiliare. La somma è stata poi restituita dopo quattro mesi, ma l'operazione sarebbe stata segnalata come “sospetta” dall'Unità antiriciclaggio di Bankitalia, facendo scattare le indagini. La procura di Firenze avrebbe aperto un’inchiesta sull’acquisto dell’abitazione fiorentina di Matteo Renzi, una villa del valore di 1,3 milioni di euro.
L’attacco di Renzi ai magistrati
Un nodo dell’inchiesta è il reato di finanziamento illecito, equiparando Open a un partito. «Chi decide cosa è un partito e cosa no? - argomenta Renzi -. Non possono essere i magistrati. Porteremo il caso a tutti i livelli istituzionali». Italia Viva ha chiesto un dibattito urgente al Senato sui fondi alla politica. E il senatore fiorentino intende intervenire. Renzi ce l'ha in particolare con due toghe di Firenze, il procuratore capo Giuseppe Creazzo e l'aggiunto Luca Turco, che chiesero l'arresto dei genitori e ora indagano su Open.
Faro acceso su cassaforte renziana
La tesi di pm e GdF che nelle ultime 48 ore hanno eseguito oltre 30 perquisizioni disposte dalla procura di Firenze per far luce sulla fondazione è che il denaro arrivava nelle casse di Open e poi sarebbe stato usato sistematicamente per sostenere iniziative politiche senza rispettare, però, la legge sul finanziamento ai partiti. La tesi dell'accusa è che Open, 'cassaforte' renziana, sia stata impiegata come una vera e propria “articolazione del partito”. E carte di credito e bancomat sarebbero state in uso ad alcuni parlamentari, ai quali sarebbero stati elargiti anche rimborsi spese. Nell'indagine, partita con accertamenti sull'ex presidente di Open Alberto Bianchi, accusato di traffico di influenze illecite e di finanziamento illecito ai partiti, è indagato anche l'imprenditore Marco Carrai, amico di Matteo Renzi e già componente del cda di Open.
Difesa Carrai annuncia ricorso riesame
Sarà presentata venerdì dal difensore di Marco Carrai, l’avvocato Filippo Cei, la richiesta al tribunale del riesame per l'annullamento dei sequestri eseguiti a carico dell'imprenditore, già componente del cda di Open,
nell'ambito dell'inchiesta sulla Fondazione. L'ufficio di Carrai, che è indagato per finanziamento illecito ai partiti, è stato perquisito martedì scorso dalla guardia di finanza. Secondo quanto emerso, le fiamme gialle, che si sarebbero trattenute nell'ufficio di Carrai per diverse ore, hanno posto sotto sequestro telefoni cellulari, pc, altri supporti informatici e documenti.
Per approfondire
● Marco Carrai, il mediatore d'affari amico di Renzi indagato nell'inchiesta su Open
● Cos'è la Fondazione Open finita sotto indagine e cosa c'entra con Renzi
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