di Domenico Palmiotti
Il lungo mare di Bari (Marka)
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Con l’Abruzzo e la Sardegna, la Puglia, dice l’ultimo rapporto Svimez, è tra le regioni del Sud che col suo +1,3 per cento registra nel 2018 uno dei migliori tassi di sviluppo (4,5 dal 2015 al 2018 ma dal 2008 al 2018 c’è stato -6,7). Bari perde il 2 per cento di popolazione nel quadriennio 2014-2018 (320.862 abitanti al 31 dicembre scorso, 327.361 nel 2014) ma l’aumenta dell’1,8 in dieci anni partendo dal 2008. Il valore aggiunto procapite, nel capoluogo di regione, è passato dai 15.272,32 euro del 2000 ai 19.635,08 dell’anno scorso mentre nella graduatoria nazionale decrescente, lo stesso valore aggiunto, partito dal 72esimo posto nel 2000, dopo lo scivolone del 2005, 80esimo posto, negli ultimi quattro anni è risalito al 75esimo (la Puglia tiene dal 2012 il 17esimo, era al 18esimo nel 2000). «Non siamo ai livelli pre 2008 ma una serie di indicatori della città e della regione sono positivi. E anche sulla popolazione perdiamo meno di altri» commenta il sindaco di Bari, Antonio Decaro, che è anche presidente dell’Anci. «Direi - osserva Decaro - che questo è il mix di una serie di fattori, dal piano casa che ha permesso di fare una riqualificazione urbana in una serie di aree, con demolizioni e ricostruzioni ed anche positivi effetti sull’edilizia, agli incentivi messi in campo dalla Regione verso le imprese interessate ad investire. Ci sono poi il ruolo e l’immagine che Bari ha saputo conquistarsi, scelta da Loneley Planet come quinta migliore meta europea per l’estate, e l’espansione registrata da porto e aeroporto, tra traffico croceristico e voli: 3,095 milioni di passeggeri nei primi sette mesi del 2019, +12,55 per cento». «Sì, certo, i segni positivi ci sono - commenta Michele Capriati, docente di politica economica all’Università di Bari - perché turismo, politiche sviluppate negli ultimi anni con i fondi strutturali, eccetto quelli per l’agricoltura, ed espansione soprattutto dell’Ict hanno dato sicuramente una spinta, ma stiamo comunque disperdendo nuove energie con i giovani che lasciano la Puglia». «E non è un problema dell’Università che non funziona - aggiunge Capriati - perché se i laureati pugliesi fuori regione trovano collocazione, e anche presto, vuol dire che qui “produciamo” laureati di ottima fattura. Il punto è che l’offerta è bassa nella quantità e povera nella qualità». «Università e Politecnico - considera Capriati - sono realtà vivaci e ben valutate dall’Anvur. Invece non c’é, o è scarsa, la domanda che può far restare i giovani». «Il numero degli universitari pugliesi che studiano in regione si equivale, grosso modo, a quelli che sono fuori - rileva Francesco Cupertino, neo rettore del Politecnico di Bari con circa 11mila studenti e 270 docenti -. Noi abbiamo difficoltà a tenere testa alla domanda delle imprese. La loro richiesta di laureati nei campi dell’ingegneria informatica, meccanica e dell’automazione è superiore a quella che possiamo soddisfare. I giovani più brillanti e promettenti le aziende li opzionano già al primo anno di corso per la laurea magistrale. E ci sono imprese, come AvioAero, che lavorano all’interno del Politecnico con uno staff di 20 ingegneri».
E allora come spiegare l’esodo di “cervelli” dalla Puglia? «Non penso sia un fattore economico - aggiunge Cupertino - perché in campo ingegneristico la parte retributiva è ormai abbastanza omologata e poi ovunque le aziende, specie le multinazionali, tendono ad agire sul costo del lavoro per contenerlo. I giovani lasciano la Puglia perché le regioni del Nord, con un tessuto economico più vivace e dinamico, offrono senz’altro più chance di occupabilità e poi perché i Poli di Torino e Milano hanno un ventaglio di specializzazioni più ampio del nostro. Che a Bari non possiamo avere perché deve esserci un equilibrio tra studenti iscritti e docenti in servizio». «Cerchiamo di ovviare - spiega il rettore del Politecnico - con accordi interateneo come quello con Unisalento». «Non ignoro l’esodo verso il Nord - commenta il sindaco Decaro - ma, attenzione, a Bari abbiamo anche il fenomeno inverso con le imprese: la Ficons, azienda di servizi, ha portato il suo quartier generale a Bari ed ha anche uno sviluppo occupazionale interessante, Amazon e Ernst & Young vogliono aprire sedi a Bari, un’altra azienda come Roboze, che costruisce stampanti 3D per usi innovativi, è in crescita. E potrei aggiungere, guardando all’area che gravita su Bari, Exprivia, che integra il segmento It rappresentato da Exprivia con quello Tlc costituito da Italtel, che ha acquisito. Oppure MerMec, leader nell’ispezione ferroviaria e diagnostica nel segnalamento ferroviario». Per il sindaco, nuove imprese e nuove attività possono frenare l’esodo.
I tassi di occupazione e disoccupazione mostrano intanto per Bari un andamento positivo. Per l’occupazione (anche se poi bisogna interrogarsi su natura e qualità dell’occupazione stessa) si è partiti dal 45,1 per cento del 2014 per poi salire al 46,2 del 2015, al 47,0 del 2016, al 49,3 del 2017 per attestarsi infine al 50,1 nel 2017. Il tasso di disoccupazione, invece, era al 13,0 lo scorso anno e al 15,4 nel 2017. «Ma l’automotive, fulcro dell’area industriale di Bari, è in sofferenza - avverte Pino Gesmundo, segretario regionale Cgil Puglia -. Il punto più acuto è Bosch, dove abbiamo 620 esuberi dichiarati su una forza di 1.840, tant’é che è stato chiesto di anticipare gli ammortizzatori sociali. Magneti Marelli, poi, è stata venduta mentre Getrag è un’azienda sana che sta sul territorio ed ha investito, ma non può essere una cattedrale nel deserto. Le vicende del diesel si stanno impattando negativamente su questo settore che ora ha bisogno di una riconfigurazione visto che si va verso la mobilità elettrica. E questo presuppone che si facciano forti investimenti. Più in generale segnalo il problema dei diritti di cittadinanza per migliaia di giovani della nostra regione». «Credo che sia urgente rilanciare sugli investimenti infrastrutturali» sollecita Domenico De Bartolomeo, presidente di Confindustria Puglia. «L’aumento del Pil - sottolinea - è un dato incoraggiante ma da solo non basta. La competitività dipende anche dalla qualità di strade, ferrovie, porti e aeroporti». «Sulla dorsale adriatica abbiamo ancora la strozzatura a Termoli con 20 chilometri di binario unico» incalza Gesmundo. «E tra due capitali del Sud come Napoli e Bari ragioniamo di alta capacità e non di alta velocità - evidenzia De Caro -. Lo dico da ingegnere: dateci infrastrutture per poter crescere ancora». «In Puglia - commenta De Bartolomeo - diverse piccole e medie imprese hanno continuato ad espandere la produzione, a innovare e ad internazionalizzarsi. Ci aspettiamo uno sforzo più grande sugli investimenti pubblici e un piano per i giovani. Qui si soffre la fuga dei cervelli - conclude - ma ci sono anche molti giovani con l’ambizione di fare impresa che vanno sostenuti e incoraggiati».
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