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Petrolio, in Cina la domanda corre. Ma il Brent resta sotto 60 dollari

di Sissi Bellomo

Dove va il petrolio? Basta guardare l’import cinese

Una serie di spunti rialzisti ha sostenuto le quotazioni del petrolio, ma il Brent non è comunque riuscito neanche ieri a superare la barriera dei 60 dollari al barile, se non per breve tempo

23 ottobre 2019
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2' di lettura

Una serie di spunti rialzisti ha sostenuto le quotazioni del petrolio, ma il Brent non è comunque riuscito neanche ieri a superare la barriera dei 60 dollari al barile, se non per breve tempo. Il greggio europeo per dicembre ha chiuso a 59,70 $ (+1,3%), il Wti per novembre a 54,16 $ (+1,6%).

Sul mercato c’è stata una breve fiammata dopo le indiscrezioni diffuse da Reuters secondo cui l’Opec Plus, in allarme per la domanda petrolifera, starebbe valutando tagli di produzione più drastici. Ma nei rumors non c’è nulla di davvero inedito e comunque al vertice del 5-6 dicembre manca più di un mese.

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Un’influenza positiva è certamente arrivata dalle dichiarazioni ottimiste sulle trattative Usa-Cina: dopo le aperture del presidente americano Donald Trump lunedì, ieri si sono unite le parole del viceministro degli Esteri cinese, Le Yucheng, secondo cui sono stati fatti progressi e qualunque problema può essere superato, purché tra le parti «ci sia rispetto reciproco e si cerchi una collaborazione equa».

Sullo sfondo, a sostenere il petrolio ci sono segnali di un’eccellente tenuta della domanda in Cina. Pechino ha concesso a raffinatori privati ulteriori quote di importazione di greggio per 12,9 milioni di tonnellate, da impiegare entro fine anno (in aggiunta a quelle già assegnate per 153,1 milioni di tonnellate). Non solo.

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L’impennata dei noli non sembra aver spaventato nessuno nel Paese asiatico: Bloomberg conta 109 petroliere Vlcc e Ulcc dirette verso la Cina, dove dovrebbero arrivare nei prossimi tre mesi. Si tratta di quasi un quarto della flotta globale e del numero più elevato come minimo dal 2007, quando l’agenzia ha iniziato a monitorarle.

Pechino potrebbe aver deciso di fare scorte, per tutelarsi dal rischio di nuovi “incidenti” in Medio Oriente, dove la tensione geopolitica si è accentuata negli ultimi mesi. A incoraggiare gli acquisti (e le lavorazioni) c’è anche l’ormai vicina scadenza del 1° gennaio, quando entreranno in vigore le nuove specifiche sui carburanti navali di Imo 2020, Infine, in Cina ci sono nuove raffinerie inaugurate di recente, tra cui i mega-impianti di Hengli Petrochemical e di Zhejiang sulla costa orientale.

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