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Giammarioli: «Titoli europei per rafforzare il ruolo della moneta unica»

dal nostro corrispondente Beda Romano

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Nicola Giammarioli

Nicola Giammarioli

Il nuovo segretario generale del Meccanismo europeo di stabilità parla dell’utilità di emettere safe assets, antesignani degli eurobond

22 novembre 2019
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4' di lettura

BRUXELLES - Lo sguardo di molti in Italia è rivolto ai cambiamenti legati alla nuova Commissione europea. Nel frattempo, anche il Meccanismo europeo di stabilità (Esm) sta cambiando pelle. Nei giorni scorsi ne è diventato segretario generale un italiano: Nicola Giammarioli, 47 anni, un passato alla Banca centrale europea, al Tesoro italiano e al Fondo monetario internazionale. Secondo il nuovo segretario generale, intervistato dal Sole 24 Ore, il desiderio dell’establishment comunitario di rafforzare il ruolo internazionale dell’euro potrebbe favorire la nascita di safe assets.

Nato nel 2012, l’Esm sta cambiando pelle. In quale direzione?
I Paesi membri hanno concordato una serie di riforme al nostro mandato che devono ancora essere ratificate dai rispettivi 19 parlamenti. L’Esm non assicurerà più solo assistenza finanziaria nei casi di crisi di liquidità. I governi hanno anche deciso che firmeremo insieme alla Commissione europea i futuri eventuali memorandum di intesa con i Paesi che hanno bisogno di aiuti. Avremo maggiore responsabilità nel negoziare le condizioni che il Paese beneficiario di aiuti dovrà rispettare. Quindi seguiremo da vicino l’evoluzione economica e finanziaria dei nostri Paesi membri, per valutare eventuali rischi, senza per questo duplicare il lavoro della Commissione europea ma approfittando della nostra conoscenza dei mercati finanziari. Nel frattempo, con la nascita di un’unione bancaria, i governi ci hanno dato il compito di paracadute finanziario del Fondo europeo di risoluzione bancaria.

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A quale istituzione internazionale paragonerebbe l’Esm?
Come il Fondo monetario internazionale, anche l’Esm concede prestiti, ma a differenza dell’Fmi, che può contare sul denaro delle banche centrali dei Paesi membri, noi raccogliamo denaro sul mercato e possiamo investire il capitale sottoscritto. Sul fronte più operativo, il ruolo della regolare sorveglianza macroeconomica è prerogativa della Commissione Ue. Noi ci occupiamo del finanziamento. A differenza dell’Fmi, possiamo però concedere prestiti ai Paesi membri per ricapitalizzare le banche, come abbiamo fatto in Spagna.

Possiamo ritenere l’Esm il braccio finanziario di un progetto politico?
Diceva Robert Schuman: «L’Europa non sarà fatta in un colpo solo o in base a un singolo piano, ma attraverso risultati concreti». L’Esm è uno di questi risultati concreti. L’Esm, più della Bce i cui azionisti appartengono a tutta la Ue, è un’istituzione prettamente della zona euro. Quando viaggiamo nel mondo per incontrare investitori - banche commerciali, fondi sovrani, istituti monetari (cui l’Esm vende obbligazioni, ndr) - rappresentiamo il processo in atto di rafforzamento della zona euro e della moneta unica. Non presentiamo solo un’istituzione, ma un progetto più ampio. Quando incontriamo gli investitori (anche con il presidente dell’Eurogruppo Mário Centeno, ndr), non ci chiedono quanto sia solido l’Esm, ma dove sta andando il progetto europeo. In questo senso siamo l’ambasciatore dell’euro.

Pensa che l’Esm possa giocare un ruolo nel rafforzare il ruolo internazionale della moneta unica?
Dovremmo mirare ad avere un sistema valutario che a livello mondiale sia più multipolare, meno incentrato sul dollaro e con un ruolo maggiore per l’euro. Seguiamo il dibattito da vicino. Più in generale, direi che ci sentiamo parte di un progetto iniziato più di 60 anni fa e di cui l’euro è la forma più integrata. Se mi dovesse chiedere se vorrei che i miei figli vivano in futuro negli Stati Uniti d’Europa le direi di sì, ma l’obiettivo è lontano, una visione. Andiamo passo passo. E l’Esm è uno di questi passi.

Mi permetta di insistere: pensa che l’Esm possa contribuire ad af fermare la sovranità europea?
Bisogna intenderci sull’espressione sovranità europea. Vendiamo obbligazioni in euro, ma per ora non obbligazioni sostenute da un’unione di bilancio e da uno Stato sovrano, i cosiddetti eurobonds. Come affermazione generale, direi che se l’unione monetaria funziona meglio, il ruolo dell’Europa nel mondo sarà più forte.

A proposito: nel 2018, Bruxelles ha proposto ai governi – senza successo - la nascita di obbligazioni europee garantite da titoli sovrani. Si discute anche di titoli cartolarizzati basati su obbligazioni nazionali. Il nuovo rallentamento economico potrebbe riportare in auge i cosiddetti safe assets?
Finora non ci sono eurobonds. I tentativi degli accademici di creare i safe assets sono lodevoli, sebbene finora non abbiano prodotto risultati convincenti. I safe assets permetterebbero di promuovere la circolazione dell’euro, rendendo i mercati europei più liquidi e più attraenti per gli investitori internazionali; contribuirebbero a migliorare i bilanci bancari e la trasmissione della politica monetaria della Bce così come a spezzare i legami tra bilanci sovrani e bilanci bancari.

Siamo in una fase di rendimenti negativi di alcune obbligazioni sovrane europee. Pensa che i safe assets potrebbero diversificare l’offerta e quindi riportare in territorio positivo i rendimenti negativi?
Nell’attuale situazione finanziaria, un vero safe asset europeo rischierebbe di avere anch’esso un rendimento negativo. Credo quindi che i safe assets faciliterebbero la trasmissione di politica monetaria, ma non avrebbero un impatto sui rendimenti nelle attuali condizioni. Una ragione più concreta per creare safe assets, in attesa degli eurobonds, sia quella di perseguire un rafforzamento del ruolo internazionale dell’euro.

Che rapporti coltiva l’Esm con le altre organizzazioni internazionali?
Facciamo parte di una rete che raggruppa gli organismi regionali nati sulla scia delle recenti crisi finanziarie (i cosiddetti regional financing arrangements, ndr). Anche l’Fmi fa parte di questa rete e partecipa alle nostre riunioni. Oltre che in Europa con l’Esm, esistono accordi simili in Asia, in Sud America, in Russia e nell’ex Urss, nel mondo arabo, e anche tra i Brics – ossia il Brasile, la Russia, l’India, la Cina e il Sud Africa.

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