di Manuela Perrone
(Bloomberg)
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Quando il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, il 29 settembre, vigilia del Consiglio dei ministri che avrebbe approvato la Nota di aggiornamento del Def, alla trasmissione «Mezz'ora in più» annunciò a Lucia Annunziata la possibile «rimodulazione» dell'Iva (a gettito invariato) in funzione dell'uso del contante - bonus per chi avesse usato la plastic money, malus per chi avesse pagato in contante - non immaginava forse la strada tortuosa e i litigi della maggioranza che lo avrebbero portato fino all'approvazione di un testo chiuso e definitivo dei due provvedimenti della manovra, il decreto fiscale e la legge di bilancio.
Aveva invece chiarissimo che il macigno di 23,1 miliardi di clausole Iva per il 2020 lasciato in eredità dal Conte 1 - da lui ribattezzato «conto del Papeete» - avrebbe condizionato notevolmente la manovra e la politica del governo in questo suo primo scorcio di vita.
Non che il ministro rinunciasse a mandare segnali di cambiamento della politica fiscale: l'altolà all'innalzamento della soglia della flat tax da 65mila a 100mila euro e il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori andavano in quella direzione. E in fondo questi tre - sterilizzazione Iva, taglio del cuneo, altolà alla flat tax - erano e sono rimasti i pilastri della manovra. Insieme al green new deal per cui è stato creato un nuovo fondo.
In mezzo, però, tanta confusione, con annunci e smentite a stretto giro. Già quella domenica 15 dicembre e ancora di più il lunedì 16, Luigi Di Maio e Matteo Renzi si schierarono subito contro qualunque «rimodulazione» dell'Iva, inaugurando uno schema che si sarebbe ripetuto frequentemente, e con poche eccezioni, negli ottanta giorni seguenti.
Per approfondire:
●La manovra spiegata in 10 punti;
● La manovra non cambia più: ecco tutte le novità (video)
Manuela Perrone
inviata parlamentare
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