di Jacopo Giliberto
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C’è chi lo chiama all’italiana Gnl (gas naturale liquefatto) e chi all’inglese Lng (liquified natural gas). È il metano liquido, cioè metano che, portato alla temperatura raggelante di 162 gradi sotto lo zero, condensa dallo stato gassoso e diventa un liquido trasparente come acqua. E come a 100 gradi l’acqua diventa vapore impalpabile, così a 162 gradi sotto zero il metano, come una pentola sul fuoco, è un liquido trasparente che borbotta bolle di gas.
Mentre i gasdotti tossiscono e soffrono per le incertezze in Paesi come la Libia, al tempo stesso attraverso questo procedimento nel 2018 l’Italia ha potuto importare via nave da mezzo mondo quasi 9 miliardi di metri cubi contro i 72,66 miliardi di metri cubi bruciati l’anno scorso dall’Italia.
I giacimenti nazionali, un tempo fra i primi al mondo, ormai sono sfiatati (l’estrazione è scesa ad appena 5,4 miliardi di metri cubi), e quindi bisogna ricorrere all’import. La salvaguardia viene dai tre grandi impianti di rigassificazione di Porto Levante (Adriatic Lng, 6,7 miliardi di metri cubi di gas nel 2018), Livorno (Olt, 1,1 miliardi di metri cubi) e Panigaglia La Spezia (Snam, 895 milioni di metri cubi nel 2018).
I dati più freschi disponibili arrivano al luglio scorso. Nei primi sette mesi di quest’anno l’Italia ha usato 45,4 miliardi di metri cubi di gas, di cui un decimo (4,5 miliardi di metri cubi) sono arrivati attraverso il rigassificatore al largo di Rovigo.
Nelle scorse settimane il vertice dell’Adriatic Lng ha ricordato i 10 anni di attività al largo della costa veneta con una cerimonia nel cuore dell’attività della società, Venezia. All’evento erano presenti non solamente rappresentanti dei soci (Qatar Petroleum 22%, Exxon Mobil 71% e Snam 7%) ma anche autorità come Stefano Saglia dell’autorità dell’energia Arera, il ministro qatarino del Petrolio Saad Sherida al-Kaabi, l’ambasciatore del Qatar Abdulaziz Ahmed Almalki Aljehni, Elizabeth Lee Martinez console generale degli Stati Uniti, Liliana Panei del ministero dello Sviluppo Economico.
Da settembre 2009, quando è approdata la prima nave metaniera, al terminale veneto hanno ormeggiato oltre 700 navi metaniere che hanno dato al sistema energetico italiano 59 miliardi di metri cubi di gas.
Il primo fornitore di gas liquefatto è il Qatar, che estrae il metano dai giacimenti sotto il Golfo Persico e lo liquefà negli impianti di Ras Laffan. Ma le navi sono arrivate cariche anche da Egitto, Trinidad e Tobago, Guinea Equatoriale, Norvegia, Nigeria, Usa e Angola secondo le convenienze di prezzo e la disponibilità dei carichi.
L’impianto ha comportato alcune caratteristiche ambientali particolari. Per esempio la tubazione di collegamento che porta il gas verso la rete nazionale ha dovuto attraversare zone di raro pregio ambientale come le delicatissime lagune del Delta del Po: per non toccare questi ecosistemi fragili, la conduttura è stata fatta passare in profondità nel sottosuolo con un sistema di tunnel invisibili senza uscire allo scoperto e senza toccare le zone di pregio.
Un altro tema ambientale riguarda le schiume che potrebbero svilupparsi con il processo di riscaldamento del gas tramite acqua di mare. I pescatori del Delta, come quelli della zona della Sacca di Scardovari, i chioggiotti, quelli di Goro, temevano di subire effetti negativi sulla pesca. Finora invece il terminale, con la sua zona di esclusione che impedisce l’accosto a qualsiasi nave, ha funzionato da incredibile zona di ripopolamento in cui gli animali marini si riproducono in serenità.
Jacopo Giliberto
giornalista
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