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Attacco ai pozzi sauditi, terremoto sui mercati

di Sissi Bellomo

Perché l’attacco al petrolio saudita ha sconvolto il mercato

L’attacco agli impianti sauditi è uno di quegli eventi rari e imprevedibili che creano effetti dirompennti sui mercati

16 settembre 2019
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2' di lettura

L’attacco agli impianti di Saudi Aramco è il «cigno nero» dei mercati petroliferi. Un evento raro e imprevisto (benché non imprevedibile), con effetti dirompenti.

Non a caso il petrolio ha avuto una reazione senza precedenti stamattina alla riapertura delle contrattazioni: il prezzo del Brent è balzato di circa il 20%, superando 71 dollari al barile. Mai nella storia – o quanto meno mai da quando esiste il future, quotato nel 1988 – si era visto un simile strappo al rialzo.

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La corsa in seguito ha perso un po’ fiato, ma il petrolio ha guadagnato in giornata circa il 14%, chiudendo nel caso del Brent, oltre i 68 dollari e nel caso del Wti oltre i 62 dollari.

Dall’Arabia Saudita sono arrivate rassicurazione parziali, non sufficienti a cancellare l’allarme su una perdita di produzione che per quanto temporanea è già nel Guinness dei primati: sono tuttora fuori gioco 5,7 milioni di barili di greggio al giorno, quasi il 6% dell’intera offerta globale.

I volumi sono superiori a quelli che erano andati perduti nel 1990-91 ai tempi dell’invasione del Kuwait da parte delle truppe irachene di Saddam Hussein e a quelli venuti meno nel 1979 all’epoca della Rivoluzione iraniana.

ANALISI / Perché il greggio si impenna

I tecnici di Saudi Aramco sono al lavoro per ripristinare quanto prima almeno una parte dell’attività: secondo indiscrezioni Riad punta a recuperare un paio di milioni di barili al giorno già in giornata. Inoltre, scrive la Reuters, i clienti sarebbero stati informati che le esportazioni proseguono, presumibilmente con l’aiuto delle scorte che i sauditi hanno accumulato.

In Arabia Saudita, secondo la banca dati Jodi, gli stoccaggi a fine giugno ammontavano a 187,9 milioni di barili: sufficienti per poco più di un mese se si dovesse compensare a lungo l’intera perdita di 5,7 mbg, circa 50 giorni se invece Riad riesce davvero a ripristinare 2 mbg di produzione.

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Per evitare gravi carenze potranno anche essere usate le scorte strategiche: l’Aie sta monitorando la situazione, pronta ad intervenire, e Donald Trump ha messo a disposizione la Strategic Petroleum Reserve degli Usa. Finora però non è stato ordinato nessun rilascio di riserve.

Gli obiettivi colpiti sabato mattina in Arabia Saudita sono Khurais, il secondo giacimento del Paese con 1,5 mbg di capacità produttiva, e Abqaiq, il più grande impianto del mondo per il trattamento del greggio, da cui passano due terzi delle esportazioni saudite. La capacità di quest’ultimo è di circa 7 mbg.

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