Cultura
Pubblicità

Cultura

Molotov-Ribbentrop, 80 anni fa la firma su un patto «innaturale»

di David Bidussa

Immagine non disponibile
Mosca, 23 agosto 1939. La firma del Patto Molotov-Ribbentrop  (Marka)

Mosca, 23 agosto 1939. La firma del Patto Molotov-Ribbentrop (Marka)

Il 23 agosto 1939, la notizia della firma del trattato tra la Russia sovietica e la Germania nazista

23 agosto 2019
Pubblicità

2' di lettura

Il 23 agosto 1939, la notizia della firma del trattato Molotov-Ribbentrop, ovvero tra Russia sovietica e Germania nazista, e poi le foto cordiali tra il ministro degli Esteri della Germania nazista e il gruppo dirigente sovietico, con Stalin dietro a controllare che la firma ci fosse per davvero, segnano per molti aspetti un “prima” e un “dopo”. Ma è anche vero che, perché quella scena diventasse uno spartiacque, ci vollero molti anni.

Ventidue mesi dopo (il 22 giugno 1941) quel patto si romperà in conseguenza dell'invasione tedesca, le alleanze si rovesceranno e tutto sembrerà ritornare al suo posto. A lungo la firma di quel Trattato sembrerà una parentesi, un'interruzione della storia che riprendeva il suo corso naturale.

Pubblicità

Forse può sorprendere, oggi, dire che quell'atto - per quanto scioccante - non segnò immediatamente una distanza incolmabile. Non lo fu per i democratici impegnati in guerra. Perché questo accada occorre sapere che non ce la si può fare da soli contro chi si percepisce come l'avversario irriducibile della propria idea di civiltà. In questa condizione non erano le democrazie europee nel 1939. Lo si sarebbe visto e percepito con chiarezza dieci mesi dopo, nel giugno 1940, sulla spiaggia di Dunkerque, mentre abbandonavano il continente alle armate vincenti dei totalitarismi.

Così il ritorno dell'Urss dalla loro parte nel giugno 1941 e, con l'Urss, del movimento comunista internazionale che in quei 22 mesi era stato al più neutrale, se non entusiasta dell'alleanza con la Germania nazista, sembrava ristabilire l'ordine naturale delle cose. Così fu accolto.

La scena del patto aveva sancito una doppia immagine: da una parte l'Urss come paese-guida del e sul movimento comunista; dall'altra i comunisti europei, consenzienti per la gran parte (solo pochi non condivideranno quella decisione: nel comunismo italiano, la figura più emblematica fu Leo Valiani; in quello francese, lo scrittore Paul Nizan), confermavano la loro immagine di “obbedienti”.

Perché quel momento storico segni un prima e un dopo, innanzitutto per i comunisti, occorre che si ridiscuta l'obbedienza. Ci sono voluti molti anni. Preliminarmente era necessario che ci fosse il dubbio che la propria parte non racconti la verità. Accade nel 1956 con il Rapporto Kruscev. Allora i dissidenti non furono casi isolati come nel 1939. Ciò che comunicava il Rapporto Kruscev era appunto la mancanza di verità: cadevano le convinzioni. Non fu così nel 1939.

Riproduzione riservata ©
Pubblicità
Visualizza su ilsole24ore.com

P.I. 00777910159   Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie  Privacy policy