di Riccardo Barlaam
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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK - Michael Juergens ha due passioni: il vino e la corsa. Californiano, 49enne, fisico asciutto, tatuato, partner in una società di consulenza globale ha raccontato a Bloomberg di essere diventato un wine lovers da ragazzo, per caso, quando in garage il padre gli fece assaggiare un sorso di Gattinara da un bicchiere di plastica: vino rosso nobile, rotondo e pieno prodotto nelle Colline Novaresi. L'anno era il 1975. E quel sapore sconosciuto ai più all'epoca gli ha cambiato la vita perché da quel momento in ogni viaggio in Europa ha sempre cercato cantine o aziende vitivinicole da scoprire. A caccia di un sapere fatto di cultura del territorio, tempo, equilibrio, rispetto della naturalità e tutela dei paesaggi e che porta alla fine al valore delle produzioni, dei migliori vini, talvolta sconosciuti, veri e propri tesori, di Italia e Francia.
Il giovane californiano si appassiona ai vini tanto da iscriversi a un corso per diventare Master of Wine, con il sogno di avviare prima o poi la sua azienda vitivinicola da qualche parte in California.
Al vino si è aggiunta la corsa. Sorta di Forrest Gump, Juergens scopre il piacere della corsa di distanza e comincia a fare le maratone con ogni volta l'obiettivo, comune a molti runners, di concluderne una nuova da qualche parte nel mondo. Tre anni fa, nel febbraio 2016, partecipa alla prima maratona internazionale nel Regno del Bhutan. Piccolo paese alle pendici dell'Himalaya, tra la regione autonoma cinese del Tibet e l'India. Neanche un milione di abitanti, tra i meno popolati al mondo, famoso per la lontananza dalla modernità e dai suoi mali, la mancanza di corruzione e per la bonarietà dei suoi abitanti. Il re del Bhutan qualche anno fa al calcolo del Prodotto interno lordo, che è tra i più bassi al mondo, ha aggiunto un parametro che misura la Felicità nazionale (Gross national happiness).
Uno dei primi vigneti piantati in Bhutan la scorsa primavera (credit Bhutan Wine)
Juergens corre la sua maratona tra le colline del Bhutan e viene folgorato come san Paolo sulla via di Damasco: trova quello che cerca, il sogno rimasto chiuso da qualche parte dentro di sé, per anni, di creare una sua azienda agricola per produrre vino ma in questa terra lontana e vergine, dove il vino non esiste. Scopre colline, terrazze, terreni ben esposti ideali per far crescere i vitigni.
Alla cerimonia di premiazione della maratona chiede agli organizzatori: “Dove sono i produttori di vino del Bhutan?”. La risposta è che non ci sono, non esistono. Nessuno ci ha mai pensato. Torna a casa negli Stati Uniti e continua a ripensare a quella scoperta: “Sorridevo dentro di me perché era come se avessi scoperto un tesoro. Ho deciso di partire per realizzare il mio sogno di winemaker non in California ma nel Sud dell'Asia”.
Studia le potenzialità di quel territorio per la viticoltura e produce un report molto approfondito che presenta al governo del Buthan nel quale presenta il suo progetto. Con un gruppo di agronomi britannici che lavorano in Bhutan analizza le caratteristiche del terreno e del clima. Tutti i responsi arrivano alla medesima conclusione: il suolo è ricco ed è adatto alla coltivazione dell'uva.
Nel 1990 ci aveva provato già un altro wine maker californiano prima di lui a piantare barbatelle in Bhutan. John Goelet, il proprietario delle cantine Clos du Val nella Napa Valley e di tre altre aziende vitivinicole in Australia e in Francia cercò di convincere la famiglia reale a sviluppare un progetto pilota per creare dei vigneti sulle colline del Regno alle pendici dell'Himalaya. Vennero individuate diverse aree vocate, con terreni drenati e ben esposti, perfetti per la coltura della vite. Il Re del Bhutan inviò un giovane agronomo locale nell'azienda australiana di Goelet un anno per imparare a fare il vino ma il progetto non andò avanti e rimase archiviato in qualche scaffale del ministero dell'Agricoltura per 20 anni, non aiutato dalla situazione politica del paese che nel frattempo era mutata.
Quel progetto rivisto e riadattato dall'imprenditore runner ora è stato approvato dall'attuale governo del Bhutan che ha concesso in affitto a costi risibili i terreni per piantare i vigneti. L'obiettivo di Juergens è quello di piantare oltre 800 ettari di barbatelle da vino in otto anni. Un'area enorme. Ad aprile di quest'anno Jeurgens con il suo team, aiutato da agronomi e architetti del paesaggio, ha piantato i primi 2 ettari e mezzo di vigneto nelle colline dello Yusipang, a cui ne seguiranno tanti altri a diverse altitudini da 150 metri fino alle montagne.
Valutando il microclima e la composizione del terreno sono state selezionate le migliore varietà di barbatelle resistenti a freddo di uva merlot, sauvignon, cabernet franc, pinot nero, syrah, malbec, sauvignon bianco e chardonnay.
Juergens va avanti con la sua sfida imprenditoriale aiutato dalla compagna Ann Cross che fino a ieri lavorava come consulente marketing per marchi globali e ora ha lasciato tutto per diventare chief executive officer della neonata Bhutan Wine Company, l'azienda di famiglia. Sono ormai a tempo pieno in Bhutan dove vanno a caccia di terroir, con l'aiuto di wine maker occidentali. Oltre ai terreni concessi in affitto sono aiutati dal fatto che la manodopera locale è pagata in media 10 $ dollari al giorno. La gran parte degli investimenti sono per l'acquisto delle barbatelle, la preparazione dei terreni e per allestire le cantine con le botti di inox e le moderne apparecchiature necessarie per produrre e imbottigliare vino. Loro credono che il Bhutan sarà la nuova frontiera del vino e anche del turismo di lusso nei prossimi anni. L'esempio di successo del Sud Africa, del Cile e della California d'altronde gli dà qualche ragione per crederci. Non sono i soli, d'altronde, a credere che ci sono ancora molti posti sconosciuti nel mondo dove è possibile produrre vino di qualità. Il colosso del lusso francese Lvmh, ad esempio, ha investito del progetto vitivinicolo Ao Yun sulle montagne dello Yunnan, vicino al Tibet, con l'obiettivo di produrre vini di qualità. Juergens continua a correre le sue maratone. A settembre, non a caso, correrà la maratona del Medoc, a Bordeaux. E la settimana dopo quella di Cape Town, in Sudafrica. Il suo obiettivo non lo nasconde: “Voglio riuscire a produrre vini di qualità in un luogo esotico come il Buthan e riuscire a venderli a 150 dollari a bottiglia”. Un sapore come quel bicchiere di Gattinara bevuto per caso in garage. Chissà se ci riuscirà.
Riccardo Barlaam
Caporedattore Economia e Politica Internazionale
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