di Barbara Ganz
(ANSA)
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I lavoratori della Ferriera di Servola (Trieste) hanno approvato l’accordo sindacale presentato dal Gruppo Arvedi il 23 dicembre scorso al ministero dello Sviluppo economico e appoggiato da Uil, Cisl, Usb e Failms con l’opposizione della Cgil che nell’assemblea sindacale del 7 gennaio scorso aveva chiesto di ridiscutere il testo. Ma in caso di vittoria del no, aveva fatto sapere Arvedi, la sola tutela occupazionale possibile sarebbe stata in altre aziende del gruppo, vale a dire non a Trieste.
Su 513 aventi diritto al voto, attraverso il referendum hanno votato in 473 (con una scheda bianca e tre nulle); 277 dipendenti hanno deciso per il 'sì' e 192 per il 'no'.
L’intesa, che è parte integrante dell'Accordo di Programma, prevede al primo punto la chiusura dell’area a caldo dell'impianto siderurgico triestino. «Oggi è una giornata storica. Si tratta del miglior risultato che si potesse ottenere», è stato il primo commento al termine dello spoglio da parte di Antonio Rodà della Uilm.
«Questo risultato è un segnale chiaro che i lavoratori vogliono lanciarsi in un nuovo futuro con una fabbrica moderna e lo sviluppo delle attività logistiche», dichiarano Guglielmo Gambardella, responsabile nazionale Uilm del settore siderurgico, e Antonio Rodà, segretario Uilm Trieste-Gorizia. «Vigileremo sulla realizzazione dei 180 milioni di euro di investimenti previsti dal nuovo piano industriale di Arvedi - aggiungono - ma è necessario che le Istituzioni definiscano in tempi strettissimi il nuovo Accordo di programma con le ulteriori garanzie occupazionali aggiuntive al piano industriale, già richieste dalle Organizzazioni sindacali firmatarie. Crediamo che i lavoratori - concludono - con questo voto abbiano voluto voltare pagina anche ad una fase referendaria inquinata da disinformazione e strumentalizzazioni arrivate da fronti diversi. Ma adesso guardiamo al futuro».
E per l'assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen, «l’esito del voto viene accolto con il dovuto rispetto dall’Amministrazione regionale. Quello stesso rispetto, peraltro, che ha caratterizzato l’atteggiamento della Regione durante tutta la delicata fase di consultazione delle maestranze. Ora tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nel tavolo per la definizione del nuovo Accordo di programma - ha aggiunto Rosolen - devono proseguire sulla via della reciproca disponibilità in vista di un percorso di riconversione che tuteli la sicurezza e i livelli occupazionali».
Nei giorni scorsi la discussione ha riguardato il ruolo di Fincantieri nel farsi carico dei lavoratori in esubero per la chiusura dell'area a caldo. «Grazie alla tranquillità del paracadute Fincantieri, ci prepariamo ad affrontare serenamente tutte le trattative sulle crisi industriali del Friuli Venezia Giulia: del resto, in questi mesi, ci è stato insegnato che per qualsiasi problema occupazionale c'è la soluzione dei cantieri di Monfalcone, come bacino di assorbimento. Immagino quindi che anche per le crisi future, a partire da quella della Safilo di Martignacco, lo strumento per affrontarle sia confermato», dice con ironia il segretario della Cisl Fvg, Alberto Monticco, che denuncia il “gioco delle tre carte” e chiede più incisività nella politica industriale : «Che un’azienda si metta a disposizione a garanzia anche della tenuta sociale di un territorio è un fatto sicuramente lodevole e positivo, ma sappiamo bene che, nella realtà, la ricollocazione dei lavoratori sarà molto marginale, perché i fabbisogni di un’impresa cantieristica sono certamente molto complessi e purtroppo temo che alla fine solo una minima parte dei lavoratori in difficoltà potrà essere ricollocata nel Cantiere».
Barbara Ganz
Corrispondente a NordEst
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