di Marzio Bartoloni
(AFP)
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È una delle ricercatrici del dream tema italiano che ha isolato il coronavirus, tra i primi centri al mondo a farlo. Siciliana di Ragusa responsabile dell’unità dei virus emergenti, 56 anni, specializzata in microbiologia e virologia Concetta Castilletti non nasconde il fatto che dietro il grande risultato dell’Istituto Spallanzani «c’è stata anche una forte dose di fortuna».
Perché siete stati anche fortunati?
Appena è stato possibile abbiamo preso un campione dal paziente ricoverato allo Spallanzani positivo al coronavirus. Lo abbiamo messo in coltura con le cellule e abbiamo aspettato che si sviluppasse il virus . Un fatto questo che è veramente difficile che accada, normalmmete il virus non è abituato a crescere in vitro perché ci vuole avere una sorta di adattamento. E invece abbiamo avuto fortuna perché si è sviluppato.
Perché è importante questa ricerca?
È importante avere a disposizione il virus per poter fare ricerca e studiare la risposta immunitaria. Nessuno al mondo al momento fa ricerca sugli anticorpi o studia la risposta delle cellule sul sistema immuntario a questo virus e questa cosa è fondamentale a esempio per lo sviluppo di eventuali vaccini.
Si potrà testare anche l’efficacia dei farmaci già a disposizione?
Si questo è l’altro aspetto importante. Si potranno realizzare studi in vitro per studiare la suscettibilità del virus ai farmaci che sono attualmente disponibili, come gli antivirali. Ma si potranno testare a esempio anche farmaci che sono stati studiati per l’Hiv o per Ebola. E ovviamente avendo il virus a disposizione si possono fare studi prima in vitro e poi anche nell’animale.
Farete voi questo tipo di ricerche?
Noi non siamo autorizzati a come ospedale a fare sperimentazioni con gli animali, ma metteremo a disposizione di tutti la nostra ricerca perché qualcuno lo possa fare. Continueremo comunque a fare studi sulla risposta immunitaria al virus.
Si potranno sviluppare anche nuovi test?
Sì, potranno essere realizzati test più accurati, sensibili e specifici. Il protocollo per la diagnostica che ha comunque funzionato finora è stata fatto senza avere a disposizione il virus. Oggi i test sono sul genoma virale. Ora si potranno fare anche ricerche degli anticorpi con test del sangue sulla popolazione per capire realmente quanti si sono infettati: è possibile infatti che ci siano delle persone che hanno contratto il virus senza saperlo e facendo degli studi di sieroprevalenza nella popolazione si riesce a capire quale è stato il reale impatto di quella infezione. Si potrà così verificare, come dice qualcuno, se ci sono infezioni asintomatiche
Ma si potranno realizzare anche test più semplici?
Assolutamente sì. Si potranno creare test rapidi, magari da utilizzare, al pronto soccorso in grado di verificare la presenza delle proteine del virus o del genoma del virus. Magari ricorrendo a dei tamponi faringei.
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Marzio Bartoloni
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