di Riccardo Barlaam
Tesla, la bizzarra danza di Elon Musk in Cina
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Tesla si supera e in una corsa senza freni ora ha un valore di mercato più alto di quello di Volkswagen. All’inizio delle contrattazioni di mercoledì 22 gennaio il titolo della casa automobilistica all-electric è in rialzo del 6% fino a 579 dollari, per una capitalizzazione di Borsa che supera i 100 miliardi di dollari. Solo Toyota, tra i big mondiali, vale di più.
Grazie a questa traguardo, Elon Musk, il Ceo e fondatore di Tesla, dovrebbe mettersi in tasca 346 milioni di dollari. Nel marzo del 2018, gli azionisti Tesla hanno infatti approvato un piano per collegare la remunerazione di Musk all'andamento in borsa dell'azienda. La prima tappa del programma prevede il pagamento di 346 milioni di dollari in azioni se la capitalizzazione di mercato di Tesla rimane superiore ai 100 miliardi di dollari per un determinato periodo di tempo.
La ragione della fiammata delle azioni della società di Elon Musk è legata alla revisione del price target sul titolo da parte di diversi analisti a Wall Street in un range tra i 640 e i 960 dollari a inizio 2021.
Un analista in particolare, Pierre Ferragu di New Street che primo tra tutti l'anno scorso aumentò il price target a 530 dollari, la quota raggiunta oggi, ha già rialzato il prezzo obiettivo Tesla per il 2020 alla quota di 800 dollari, ipotizzando un rally del 50%.
Grazie al buon andamento borsistico degli ultimi mesi la capitalizzazione di borsa di Tesla è arrivata dunque a 100 miliardi di dollari. A un passo dal tetto dei 100 miliardi di market cap. Negli ultimi tre mesi del 2019 la società di Musk ha guadagnato il 75% a Wall Street. Il primo ottobre Tesla valeva 244 dollari.
I nuovi massimi sono conseguenza del cambio di atteggiamento da parte degli investitori sul costruttore di auto della Silicon Valley. La fiammata delle azioni è stata aiutata dalle consegne rispettate delle auto elettriche, dagli utili a sorpresa arrivati nel terzo trimestre, dagli ordini record del nuovo Cybertruck, e dai progressi per produrre la Model 3 in Cina.
Sembra passato un secolo da quando nell'agosto del 2018 Musk scrisse su Twitter che voleva delistare la società mandando sulle montagne russe il titolo che perse il 20% in poche ore. Nell'anno terribile, con gli annunci a ripetizione di obiettivi produttivi mai mantenuti, seguì un'inchiesta della Sec, e poi un video su YouTube con Musk che fumava marijuana mandando di nuovo in tilt le azioni della società.
Tesla a fine 2018 appariva come una società che, al pari delle sue auto, aveva bisogno di ricaricare le batterie. Nei primi cinque mesi del 2019 le azioni Tesla avevano perso circa il 42% del loro valore in ragione della perdita di credibilità, della chiusura di alcuni “store”, dei licenziamenti annunciati, del procedimento della Sec e delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. E poi i debiti, la necessità continua di finanziamenti e la liquidità che il carmaker californiano continuava a bruciare, con i conti in rosso.
Musk si è messo a lavorare a capofitto, ha smesso con i “tweet” ed è riuscito finalmente a rispettare le promesse di consegna della Model 3. Ha raggiunto un accordo con la Sec, pagato 20 milioni di multa. E ha accettato di fare un passo indietro nel board della società, rinunciando alla poltrona di presidente. Il vento ha cominciato a girare.
Da quando si è quotata a Wall Street, nel 2010, Tesla è stata tra le azioni principali del listino oggetto dei contratti “short” ad elevata volatilità, con grandi e rapidi guadagni – oltre il 500% negli ultimi 6 anni prima dello sboom del 2018 – seguiti da scivoloni altrettanto eclatanti.
La prossima settimana Tesla annuncerà i conti trimestrali. E gli analisti scommettono sul superamento delle stime su utili e ricavi.
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Articolo aggiornato il 22 gennaio alle 15.24
Riccardo Barlaam
Caporedattore Economia e Politica Internazionale
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