di Maurizio Caprino e Valentina Maglione
(ANSA)
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Ormai si può dire senza paura di sbagliare: la legge sull’omicidio stradale (la 41/2016) non ha contribuito a ridurre la mortalità.
Lo dicono i dati sui primi tre anni di applicazione (da marzo 2016): lo scorso anno gli incidenti con lesioni a persone sulle strade italiane sono stati 172.553, appena l’1% in meno del 2015 e quelli mortali sono calati solo del 4,6%, passando da 3.236 a 3.086. Numeri che hanno a che fare anche con l’andamento fisiologico degli eventi: nel 2017 gli incidenti erano aumentati rispetto al 2015.
Le previsioni e il bilancio
Che gli effetti della legge sulla mortalità sarebbero stati scarsi lo dicevano anche le previsioni: se già gli inasprimenti sulle normali sanzioni (quelle per chi commette un’infrazione) lasciano il tempo che trovano perché non ci sono alte probabilità di incappare in controlli, a maggior ragione non si può pretendere deterrenza da pene anche severissime che scattano solo per chi causa un evento perlopiù inatteso come un incidente mortale o con feriti.
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Dunque, non si potevano pretendere miracoli dalla legge 41. Che va considerata per quello che è: un modo per punire in modo effettivo chi causa incidenti, rispondendo al bisogno di giustizia dei parenti delle vittime, spesso umiliati dall’atteggiamento di pirati della strada che, pur processati, evitano il carcere.
La situazione in Europa
D’altra parte, il problema dell’insufficiente riduzione della mortalità su strada non è solo italiano. È da vent’anni che la Ue fissa obiettivi di dimezzamento di decennio in decennio ma, dopo una “fiammata” iniziale, i miglioramenti sono calati un po’ ovunque e i target restano lontani. L’Italia, con il calo dei morti del 42% nel periodo 2001-2010 e del 19% tra il 2011 e il 2018 è in linea con le medie europee.
I buoni risultati di inizio secolo corrispondono al diffondersi di auto e mezzi pesanti sempre più sicuri: negli anni 90 airbag e Abs sono divenuti di serie e vi si stava aggiungendo anche il sistema antisbandata Esp. Il resto lo hanno fatto soprattutto l’estensione dei controlli di velocità con apparecchi più performanti, un maggior contrasto ad alcol e droga e innovazioni normative come la patente a punti.
Più o meno gli stessi strumenti a disposizione oggi. E già dieci anni fa la Ue aveva capito che non bastavano per ottenere altri progressi significativi. Tanto che, nel fissare il dimezzamento per il decennio in corso, ha evocato interventi anche esterni al classico triangolo uomo-veicolo-strada. Per esempio, invitava a migliorare rapidità e qualità dei soccorsi.
L’importanza dei nuovi strumenti
Una controprova della difficoltà di migliorare i risultati con gli strumenti tradizionali viene dal fatto che gli Stati virtuosi già da prima che la Ue fissasse obiettivi (Europa nord-occidentale e Scandinavia) non sono tra quelli che hanno ottenuto i risultati più eclatanti dopo i target europei.
Miglioramenti potrebbero arrivare solo quando si diffonderanno Adas (sistemi di assistenza alla guida) e scatola nera, che la Ue ha reso obbligatori dal 2022. Ma gli Adas, se usati credendo che consentano di stare meno attenti alla guida, potrebbero addirittura causare incidenti.
Nel frattempo si sono aggiunti fattori in grado di peggiorare i risultati. Primo fra tutti la distrazione favorita da smartphone, impianti multimediali di bordo, congestione del traffico e abbassamento delle velocità. In Italia, si aggiunge il degrado delle infrastrutture (dalla segnaletica ai cedimenti delle barriere, fino ai crolli di ponti).
Obiettivi Ue difficili da raggiungere
Ci si chiede dunque come si farà a centrare l’obiettivo finale fissato dalla Ue: l’azzeramento del numero di morti, nel 2050. Il target è stato deciso pensando che per quell’anno potrebbe diffondersi la guida autonoma, che dovrebbe eliminare l’errore umano.
Ma questo è un futuro ancora non del tutto delineato: ci sono tante incertezze tecniche, etiche e, di conseguenza, normative. Senza contare che, nella fase transitoria, la convivenza tra guida umana e guida autonoma potrà creare nuovi pericoli.
Valentina Maglione
Redattore
Maurizio Caprino
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