di Andrea Carli
Mes, cosa cambia con la riforma "Salva-Stati"
4' di lettura
La proposta di riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, non può garantire benefici all’Italia. È la conclusione a cui giunge il Rapporto Europa 2019 elaborato dal Cer, il Centro Europa Ricerche che elabora studi nel campo dell'economia applicata. Lo studio è stato presentato oggi, martedì 26 novembre, a Roma nella sede del Cnel. La riforma del Mes è un dossier aperto da almeno due anni e che dovrebbe chiudersi a dicembre, se Eurogruppo ed Eurosummit daranno il via libera.
La proposta di policy che emerge da questa indagine si distanzia dalle posizioni del Governo italiano e della Banca d’Italia: entrambi hanno sottolineato che l’Italia non ha alcun bisogno di rivolgersi a questo paracadute, e che la riforma non prevede alcun meccanismo di automatica valutazione della sostenibilità del debito né di una sua ristrutturazione.
La riforma del Mes non facilita la riduzione del debito
Da una parte, è il ragionamento dei ricercatori, l’Italia paga per interessi circa il doppio di quanto non spende per investimenti pubblici e quindi ha il massimo interesse a rientrare su un sentiero di riduzione del debito pubblico. Dall’altra, è pur vero che «la riforma del Mes non sembra però essere un meccanismo facilitatore in tal senso».
Lo scenario di una nuova crisi del debito sul modello 2011
Al contrario - mette in evidenza l'indagine -, così come sono stati predisposti, gli strumenti di assistenza finanziaria «sembrano poter innescare una nuova crisi del debito, perseverando in tal modo nei gravi errori del 2011-12. Non deve essere sottovalutato il rischio - si legge ancora nel testo del report - che il nostro o altri paesi possano cioè incorrere in una crisi “regulation driven”, come fu per esempio con l’introduzione del bail-in bancario, che determinò per il sistema italiana una perdita di capitalizzazione di 46 miliardi».
Il rischio di una distinzione tra buoni e cattivi
Il rischio, osservano i ricercatori del Cer, è legato al fatto che il Mes «prevede una distinzione ex-ante fra una linea di credito precauzionale e una a condizioni rafforzate: la prima sarebbe concessa laddove risultino rispettate una serie di condizioni, fra le quali l'avere un debito pubblico sostenibile; la seconda sarebbe invece riservata, ma meglio sarebbe dire “inflitta”, ai paesi che non possano fregiarsi di condizioni economiche e finanziarie solide. Ossia - mette in evidenza il documento - i nuovi strumenti di sostegno finanziario dell'Eurozona si baserebbero ab origine su una distinzione fra buoni e cattivi, e non è difficile immaginare dove verrebbe collocata l'Italia, attesi gli indicatori proposti».
I 4 criteri di finanza pubblica presi in considerazione
Basti considerare i quattro criteri di finanza pubblica di cui si dovrebbe tenere conto: non essere sottoposti a procedura per disavanzi eccessivi; un deficit inferiore al 3 per cento del Pil; un saldo di bilancio strutturale pari o superiore al valore minimo di riferimento; un rapporto fra debito e Pil inferiore al 60 per cento o comunque in riduzione di 1/20 annuo della parte eccedente il 60 per cento del Pil.
S ostegno finanziario concesso tramite il canale “sporco”
«In caso di necessità - osserva il Cer - il sostegno finanziario concesso all'Italia si sposterebbe verso il canale “sporco”, quello subordinato all'accettazione di pesanti condizionalità, che possono anche giungere a una vera e propria ristrutturazione del debito».
Strumento di assistenza che penalizza chi ha più bisogno del sostegno
Conclusione: «È difficile capire perché l'Italia dovrebbe dare il proprio appoggio a una riforma ci vede già iscritti nella colonna dei “cattivi”». «Qual è la ragione - si chiedono i ricercatori - che dovrebbe portare ad accettare strumenti di sostegno che sembrano pensati per penalizzare maggiormente proprio chi di quel sostegno potrebbe avere maggiore bisogno?».
Il Cer: ragionevole richiedere modifiche radicali alla proposta
Che fare? «Dal punto di vista dell’Italia - si legge nel documento - appare assolutamente ragionevole richiedere modifiche radicali di impianto alla proposta di riforma del Mes, indicando la possibilità di concedere sostegno finanziario a bassa condizionalità per esigenze di finanza pubblica non laddove non si abbiano squilibri di quest’ultima, bensì nel caso in cui siano rispettati tutti gli altri criteri definiti al di fuori della sfera del deficit e del debito pubblico: l’assenza di squilibri macroeconomici eccessivi, una posizione sull’estero sostenibile, l’assenza di gravi vulnerabilità del sistema finanziario che mettano a repentaglio la stabilità finanziaria dell’area, l’accesso ai mercati internazionali dei capitali. Questi criteri sono tutti pienamente rispettati oggi dal nostro paese».
Nell’Eurozona manca la capacità di riassorbire shock asimmetrici
Più in generale, mette in evidenza in conclusione l’indagine, «a venti anni di distanza dal suo avvio, proprio la capacità di riassorbire rapidamente shock asimmetrici, riducendone i costi in termini reali per i paesi colpiti, resta il vero elemento mancante della costruzione istituzionale dell'Eurozona».
Considerare gli altri paesi non come potenziali portatori di instabilità
Ancora: «L’introduzione di strumenti di sostegno interni all’Eurozona ha senso se si accetta di intraprendere un sentiero di evoluzione federalista dell’area, non se si continua a improntare ogni innovazione al timore del moral hazard, ossia a un principio di sfiducia reciproca. La moneta unica - conclude il documento - nasce anche con l’intento di assicurare una duratura pace all'Europa. Ma questo significa che occorre considerare gli altri paesi come alleati, non come potenziali portatori di instabilità per la moneta unica».
Per approfondire:
● Gualtieri: non serve ristrutturazione per avere i fondi
● Fondo Ue salva-Stati, M5s chiede un vertice di maggioranza
Andrea Carli
Redattore
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy