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Il G20: i perché di un summit globale

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26 giugno 2019
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1' di lettura

Prova d’orchestra di una governance mondiale o costoso rito annuale che lascia sostanzialmente il tempo che trova? Le diversità di opinioni sono legittime sul G20, ma è bene ricordarne la genesi . Formalmente, si tratta del “Summit on Financial Markets and the World Economy” e, come definito nel terzo summit a Pittsburgh del settembre 2009, intende essere il “Premier Forum for international economic cooperation”. La componente economica è quindi spiccata: proprio una crisi finanziaria (quella con epicentro in Asia nel 1997-1998) generò la diffusa consapevolezza che occorresse la partecipazione delle principali economie emergenti nelle discussioni ad alto livello sul sistema finanziario internazionale. Furono quindi i ministri delle Finanze del G7 a concordare il primo G20 dei ministri delle Finanze e dei Governatori delle banche centrali nel 1999. In risposta a una seconda crisi finanziaria – quella globale innescata dal collasso della Lehman Brothers – si tenne il primo G20 Summit a Washington nel novembre 2008, con gli stessi Paesi membri. In pratica il precedente vertice dei responsabili finanziari fu elevato a vertice di capi di Stato e di Governo, come forum dei leader delle principali nazioni sia sviluppate sia emergenti, che rappresentano oltre l'80% del Pil globale e circa due terzi della popolazione. Inizialmente semestrale, dal 2011 è un appuntamento annuale. Se sono in pochi a mettere in discussione che il G20 fu importante per affrontare la crisi finanziaria globale evitando il ricorso a tentazioni di chiusura e protezionismo, è diffuso il dubbio che negli anni successivi i G20 abbiano avuto portata ed effetti meno solidi.

Dall’iniziale focalizzazione sulla stabilizzazione finanziaria e il sostegno alla crescita globale, i vertici G20 sono andati oltre le tematiche macroeconomiche e del commercio internazionale per occuparsi di una più ampia serie di argomenti che hanno un forte impatto economico come sviluppo, cambiamenti climatici, energia, salute, contrasto al terrorismo, migrazioni. Il che, secondo alcuni analisti, non è stato necessariamente uno sviluppo positivo, nel senso che l’eterogeneità degli argomenti trattati può andare a scapito dell'efficacia concreta dei summit.

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Ovviamente decisioni e raccomandazioni non sono accompagnate da meccanismi coercitivi. Né esiste una segreteria permanente del consesso, con proprio staff: è la presidenza di turno a fissare l’agenda attraverso meccanismi di consultazione, stabilendo anche vertici preparatori a livello ministeriale e settoriale. L'eterogeneità della composizione del gruppo dei Paesi del G20 – in particolare le divergenze tra Paesi avanzati e alcuni Paesi emergenti - implica difficoltà di sintesi e di attuazione di posizioni comuni, non di rado “diluite” in compromessi al ribasso.

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