di Silvia Poletti
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Una delle recenti apparizioni di William Forsythe, lanciate nella piazza globale di Youtube, lo vede prendere gli applausi con dodici danzatori dell'English National Ballet a tempo di musica (il beat da groove di Peven Everett) zigzagando dalle quinte al centro con una specie di passo felpato saltato, sciolto e morbido, energetico e easy, in cui improvvisamente fiorisce l'intreccio di uno dei più raffinati passi di balletto. Un'uscita abbagliante – non tanto per la giovialità scapricciata che umanizza l'aura da idolatrato maestro della coreografia del nostro tempo- ma perché ci conferma che l'età può davvero essere uno stato mentale. )
Nonostante il 30 dicembre scorso William Forsythe abbia compiuto settant'anni, infatti, la sua creatività continua a “spiazzare”, aprire nuove vie da percorrere, dimostrare che -come lui stesso ha detto, in un calembour etimologico tra hearse (carro funebre) e rehearse (sperimentare) - “sperimentare forse significa ogni volta (re) uccidere ciò che si è fatto prima”. Ovvero non fermarsi mai, non dare niente per fissato e stabilito. Seguendo anche un'altra regola aurea, quell' “E se…” di beckettiana memoria, che è pronto a scardinare le regole invitando al dubbio e suggerendo che c'è sempre un'altra possibile via.
La produzione di Forsythe del resto è stata sempre caratterizzata anche a livello intellettuale dalla necessità di penetrare nei meccanismi dell'atto creativo della cosa/danza fin dai suoi primi anni alla guida del Frankurt Ballet.
Nutrito delle teorie di Adorno, ma anche di quelle di architetti come Libeskind ha teorizzato l'incertezza e la sfida bruciante a costeggiare sempre la vertigine, smantellando le regole con l'introduzione della casualità e della competizione: basti pensare alle deflagrazioni dinamiche, teatrali, linguistiche di Impressing the Czar, oggi più che mai summa del Forsythe-pensiero del periodo (1987) in cui come dentro una bolla d'aria postmoderna, affiancava tutte le epoche della danza teatrale, per poi farle esplodere nel quadro più celebre- In the middle somewhat elevated.
Da lì, sempre ricorrendo all'incertezza e lo squilibrio come input teorici-fisici, Forsythe ha compiuto un percorso a ritroso arrivando a mettere in scena l'idea platonica della danza piuttosto che la danza di per sé (come in A room as it was per esempio), addirittura divergendo la danza dalla pratica della coreografia con i suoi Choreographic Objects, installazioni arrivate anche alla Biennale, e infine azzerando ogni possibilità di compiutezza di un lavoro artistico (nel complesso Yes we can't 2010).
Una vera palingenesi metodologica da cui è rinato ogni volta più stimolato e stimolante di prima. E come e più di prima irretito dalla danza come suprema arte del corpo, della quale oggi continua a utilizzare con libertà a padronanza ogni codice possibile, dal barocco all'hiphop, dalla release al balletto. Lo dimostrano le recenti creazioni con le compagnie di Boston, Parigi, Londra e l'illuminante A quiet evening of dance con danzatori over 50 visto anche in Italia (premio della critica Danza & Danza 2019 come spettacolo contemporaneo dell'anno) in cui Forsythe si professa riconquistato dal linguaggio del balletto che ci propone come valenza estetica e semantica del nostro tempo. E così è. Almeno fino alla prossima metaforica ‘uccisione'. Perché in fondo Forsythe è rimasto esattamente lo stesso a cui la madre chiedeva tra l'attonito e il sorpreso:” per l'amor di Dio, Bill, ma perché hai fatto questa cosa?”
Choreographic Objects
The Fact of Matter, fino al 26 aprile 2020, Brisbane Queenarts Gallery
The Fact of Matter, dal 7 al 15 febbraio, Dhaka Art Summit 2020
Doing and Undergoing, dal 2 febbario al 26 aprile, Frac Beçancon
A quiet evening of dance, Hong Kong Arts festival, 18 febbraio 2020
The second detail -Approximate Sonata 2016-One flat thing reproduced, coreografie di William Forsythe , Ballett Zurich. Opernhaus, fino al 22 febbraio, Zurigo.
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