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Dal debito al deficit: i grandi temi assenti nel programma del Conte bis

di Marco Rogari e Gianni Trovati

Vent’anni di governi e pressione fiscale: D’Alema, Berlusconi, Conte e gli altri

Nelle riunioni che stanno costruendo l’esecutivo M5S-Pd l’economia domina. Ma non tutta: mancano cinque voci non proprio di dettaglio. Dallo stop al debito pubblico alla pressione fiscale. In un titolo: dove sono i soldi?

3 settembre 2019
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4' di lettura

Taglio al cuneo fiscale per aumentare i redditi dei lavoratori, sostegni alle famiglie, misure per la natalità, aiuto ai disabili e, in prospettiva, una riforma fiscale per tagliare l’Irpef. Oltre, ovviamente, allo stop agli aumenti Iva. Nel vorticoso giro di riunioni che stanno costruendo il programma del nascente governo Conte-2 la politica economica domina. Ma non tutta. Mancano cinque voci non proprio di dettaglio: come si ferma la crescita del debito, quale livello di deficit si vuol mettere in programma, quali tagli di spesa si pensa di attuare, quale destino attende quota 100, e quale sarà il livello di pressione fiscale l’anno prossimo.

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In un titolo: dove sono i soldi? Su questo aspetto, le linee del programma si limitano ai titoli, tre su tutti: spending review, ma senza citare cifre e ipotesi di intervento, riordino degli sconti fiscali, tema ricorrente ma sempre rimasto confinato ai progetti, e web tax.

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L’assenza, almeno fin qui, di questi temi non è strana. Una maggioranza inedita, che deve convincere prima di tutto i sostenitori dei partiti partner fino a ieri impegnati in una battaglia frontale, è attenta a non mettere sul piatto argomenti che possono allargare divisioni e alimentare polemiche. Ma non è un dettaglio. Perché proprio sui conti 2020 e sul fisco è appena saltata la vecchia maggioranza giallo-verde, schiacciata dall’impossibilità di tenere insieme il percorso di finanza pubblica concordato con la commissione Ue dal premier Conte e dal ministro dell’Economia Tria, i 23,1 miliardi necessari a fermare gli aumenti dell’Iva e gli almeno 15 da dedicare alla Flat Tax di marca leghista. Mix non componibile senza puntare dritti verso un deficit vicino al 3% come chiesto dal Carroccio, stracciando però gli accordi appena raggiunti con la commissione. Per evitare repliche, allora, sarà indispensabile far chiarezza su questi punti a stretto giro. Anche perché il calendario indica che entro il 27 settembre, cioè fra poco più di tre settimane, le scelte cruciali andranno scritte nella Nota di aggiornamento al Def: il primo documento ufficiale della finanza pubblica giallo-rossa.

Il debito
E proprio il debito rappresenterà uno dei numeri più problematici per la Nadef. Il Documento di economia e finanza di aprile già lo indicava per quest'anno in crescita al 132,6%, contro il 132,2% del 2018. Ma il conto poggiava su 18 miliardi di privatizzazioni, cioè l’1% del Pil, che non sono state nemmeno avviate. La Nadef, insomma, traccerà un grafico ancora più preoccupante. E uno dei primi compiti per il Conte-2 sarà quello di indicare come si inverte la rotta: compito non facile dopo il flop di quest’anno

Il deficit
Sul punto, non potrà essere la flessibilità Ue a dare una mano. Gli «sconti» dai vincoli del Patto di stabilità, che il premier uscente e re-incaricato ha già rivendicato di voler chiedere, saranno vitali per far superare alla legge di bilancio l’esame di Bruxelles. La decisa benevolenza delle dichiarazioni europee che sta accompagnando la fase di formazione del nuovo governo sembra facilitare la strada. Ma la matematica è meno elastica della politica. E ogni decimale di «flessibilità» in più si traduce in maggior deficit, e quindi in maggiore spinta al debito.

I tagli di spesa
Per far quadrare i conti sarà quindi indispensabile ritentare la carta dei tagli di spesa pubblica, che del resto erano già stati indicati dal Def di aprile come uno dei pilastri per i conti 2020. Fin qui, su questo tema si è sentito poco o nulla. Nelle bozze di linee programmatiche l’argomento è citato ma senza alcun dettaglio; nel video-messaggio di lunedì pomeriggio il premier Conte ha parlato di «eliminazione dei privilegi». Ma al bilancio pubblico serve ben altro: almeno 4-5 miliardi secondo le ipotesi tecniche già elaborate al Mef. E le decisioni su come raggiungere l’obiettivo dovranno intrecciare temi sensibili come scuola, sanità, contratti del pubblico impiego (appena rinnovati ma già scaduti a fine 2018) e pensioni.

Quota 100
E infatti la previdenza è una delle carte coperte nel cantiere del nuovo governo. Non è un mistero che quota 100 è osteggiata da Bruxelles, non piace al Pd e tutto sommato non entusiasma più di tanto nemmeno i Cinque Stelle. Ed è noto che da sola vale 8,3 miliardi il prossimo anno e 8,6 nel 2021. Per questo, come anticipato sul Sole 24 Ore di domenica, la misura è parecchio «attenzionata» dalla nuova maggioranza: che valuta di ridurne la platea e i tempi di vita, facendo calare il sipario prima della fine del 2021 come previsto dal calendario attuale.

La pressione fiscale
Per far quadrare i conti c’è poi il capitolo eterno delle tax expenditures, cioè degli sconti fiscali che sotto forma di deduzioni e detrazioni alleggeriscono il peso delle tasse sulla stragrande maggioranza dei contribuenti italiani. Le tax expenditures sono citate nel programma, a Via XX Settembre le tabelle sono pronte, e c’è solo l'imbarazzo della scelta fra i vari interventi possibili. Ma la scelta, appunto, è «imbarazzante», nel senso che un taglio alle tax expenditures senza un contemporaneo intervento sulle aliquote Irpef finisce per far crescere la pressione fiscale sui contribuenti colpiti. E di essere assai impopolare.

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