CREATO PER WORKINVOICE
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Il sistema bancario italiano continua a ridurre i prestiti a causa delle misure legate alle previsioni sull'andamento dell'economia. Per le piccole e medie imprese, che devono avere flussi di cassa superiori ai debiti, le piattaforme fintech di invoice trading sono una soluzione. Ecco perché.
L'economia italiana stenta a crescere e deve ripartire senza il supporto del credito bancario? Vi sono alternative disponibili? Domande che interessano da vicino decine di migliaia di imprese, soprattutto quelle piccole e medie, su cui ora grava una nuova spada di Damocle, direttamente collegata all'accordo quadro Basilea. Si chiama “AQR”, acronimo di Asset Quality Review, ed è l'analisi approfondita richiesta alle banche (i cui termini sono definiti dall'Autorità di supervisione bancaria europea) per valutare l'erogazione di un prestito e assicurarsi preventivamente di non “accendere” un credito inesigibile. La stretta creditizia si era precedentemente acuita con l'entrata in vigore, nel 2018, dei nuovi principi contabili Ifrs 9, che hanno introdotto il concetto di “expected loss lifetime”. In poche parole, le banche devono accantonare una parte dell'utile per far fronte a eventuali perdite generate dai crediti e con le nuove regole, che impongono di calcolare le rettifiche in base alle perdite attese, l'ammontare di questi accantonamenti è direttamente collegato alle prospettive future dell'economia. La revisione al ribasso del PIL o della produzione industriale, di conseguenza, va a incidere sulla capacità di rimborso delle aziende e a rendere un credito incerto.
Banche italiane le più penalizzate
La società di consulenza Prometeia ha calcolato in proposito come la revisione delle previsioni macro abbia comportato in Italia un aumento medio della probabilità di default dell'11%, al cospetto di percentuali molto più contenute registrate in altri Paesi europei. E se l'economia italiana dovesse peggiorare ulteriormente, osservano gli esperti, l'incremento medio di tale indice potrebbe arrivare al 30% nel periodo 2019-2021. C'è inoltre un altro indicatore importante a cui guardare, sempre rilevato da Prometeia: in fatto di perdite attese, le banche italiane sono le più penalizzate e a dimostrarlo ci sono gli ultimi dati EBA (relativi al primo trimestre del 2019), secondo cui le esposizioni di livello 2 e 3 (crediti in bonis con rischio più elevato o crescente e crediti deteriorati) rappresentano per i nostri istituti oltre il 18% del totale, il doppio rispetto a Spagna, Francia e Germania.
Meno capitali disponibili per le imprese
Lo scenario sopra descritto, come facilmente intuibile, implica una serie di effetti collaterali e fra questi c'è per l'appunto il “credit crunch”, fenomeno che non si è mai del tutto arrestato e, da almeno un anno, si è di nuovo rafforzato. Secondo l'ultimo report trimestrale dell'Ufficio Studi di Confartigianato, nello specifico, il calo dei prestiti alle imprese - e in modo particolare per le micro e piccole - si sta ampliando nonostante i bassi tassi di interesse, proprio perché le banche devono allocare più capitale sulle realtà imprenditoriali che hanno maggiori probabilità di default. Anche il bollettino diffuso a luglio 2019 da Banca d'Italia confermava del resto un “irrigidimento delle condizioni di accesso al credito per le imprese di minore dimensione”, riflettendo uno scenario segnato da un sistema bancario che continua a contrarre i prestiti: 45 miliardi di euro in meno negli ultimi 12 mesi (anche se poco più della metà erano prestiti in sofferenza ceduti e cancellati formalmente dai bilanci delle banche), 84 miliardi se partiamo da gennaio 2018. Le maggiori criticità si osservano, come detto, per i finanziamenti alle piccole imprese, che a giugno sono diminuiti del 2,7%, rispetto al calo dell'1% dello stesso periodo del 2018. E se continuasse così anche per i prossimi anni?
La soluzione: l'invoice trading
Un'impresa che necessita di capitale per innovare e rimanere competitiva si trova quindi di fronte a una situazione “scomoda”, perché le banche sono soggette a procedure che costituiscono un forte deterrente all'erogazione di finanziamenti, deterrente che si fa sentire maggiormente nelle economie - e quella italiana è fra queste - per cui le previsioni macro sono più negative. Una soluzione però esiste e sono le stesse imprese a potersene servire in autonomia: quale? La cessione pro soluto delle fatture non ancora riscosse attraverso piattaforme digitali, come la piattaforma fatturesubito.com di Workinvoice, che consentono di gestire direttamente online l'operazione di vendita, offrendo vantaggi evidenti anche in termini di tempistiche, soprattutto quando si è in prossimità della chiusura di esercizio. Dall'applicazione della domanda sulla piattaforma all'erogazione della liquidità sul conto dell'azienda sono necessari infatti solo 6 giorni rispetto agli oltre 60, in media, richiesti da una banca tradizionale per effettuare l'anticipo fatture. L'invoice trading presenta quindi un evidente plus operativo per garantire maggiore equilibrio al bilancio di fine anno, incidendo sui principali parametri (il capitale circolante netto e la posizione finanziaria netta) osservati per giudicare il merito di credito. Per il calcolo della qualità di ogni impiego in portafoglio, infatti, le banche valutano il cosiddetto DSCR (Debt Service Coverage Ratio) dell'impresa emittente, ovvero il rapporto tra i flussi di cassa di cui si prevede l'azienda possa disporre nei 6 mesi successivi e i debiti stimati nello stesso arco temporale. E questo rapporto, secondo l'AQR, deve essere positivo per giudicare l'azienda solvibile. Vendere le fatture agisce quindi direttamente sul cash flow e può portare il DSCR sopra la soglia richiesta, mitigando nel contempo, e in modo concreto, le difficoltà imposte dalle rigidità normative.
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