di Michele Romano
Lo stabilimento chimico Ica Polska a Civitanova Marche (Ansa)
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L’economia marchigiana sembra uscire dal surplace della crescita «zervirgola» per imboccare con più decisione la strada del recupero delle posizioni perse nei 10 anni iniziati con la crisi globale del 2008 e chiusi dal terremoto del 2016 e 2017: lo certifica la stima del Pil 2018, che l’Istat
indica una crescita del 3% rispetto all'anno precedente, la migliore in assoluto tra le regioni italiane, e che segue il dato del 2017, appena rivisto al rialzo, dal -0,2% stimato all’1,84% effettivo. Significa che, in attesa del dato definitivo, il deficit di Pil stimato all’11,6% dal 2008 al 2017 potrebbe essersi ridotto, attestandosi verosimilmente sotto il 10%. Un risultato sorprendente per dimensioni perché raggiunto in un solo anno, ma tutto sommato atteso perché segue anni non brillanti, durante i quali lo stock di imprese attive si è fortemente ridimensionato (l’anno scorso, la differenza tra cessazioni e nuove iscrizioni è stata negativa per 909 unità, ndr.), una scrematura che ha lasciato sul terreno imprese più solide e più competitive. «Aumenta il numero delle società di capitali e quello delle imprese del terziario innovativo – conferma Gino Sabatini, presidente della camera di commercio regionale -: il nostro tessuto economico è più solido e più evoluto».
Luci e ombre
Una performance, quella del Pil 2018, che si accompagna al miglioramento del tasso di occupazione (65,2% nel terzo trimestre contro 59,4% della media italiana) e di quello di disoccupazione, sceso al 7,5% (9,1% è la media nazionale). «Il motore ha ripreso a girare dopo anni non brillanti», nota Donato Iacobucci, docente di economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore scientifico della Fondazione Merloni, che proprio nell’ultima Classifica delle imprese delle Marche aveva evidenziato «un miglioramento delle performance delle imprese manifatturiere, sostenuta da una situazione finanziaria nettamente migliore rispetto agli anni pre-crisi». Il manifatturiero, dunque, come locomotiva della ripresa e che oggi «pesa per quasi un quarto sul Pil regionale, come in poche altre regioni europee». È prudente il presidente di Confindustria Marche, Claudio Schiavoni, secondo il quale «bisogna continuare a tenere alto il livello di guardia, perché nei primi nove mesi del 2019 sono emersi segnali di indebolimento congiunturale dell’economia regionale, con un ristagno dell'attività dell'industria manifatturiera, che ha mostrato andamenti eterogenei tra classi dimensionali d’impresa e comparti di attività».
La crescita del Pil 2018, comunque, non cancella quelle che sono le criticità del sistema imprenditoriale marchigiano, dove lo zoccolo duro è rappresentato da settori tradizionali, la piccola dimensione continua a essere la caratteristica prevalente e il grado di digitalizzazione ancora basso. «La sfida si regge sulla capacità innovativa, e il confronto con le regioni che hanno un manifatturiero forte – spiega Iacobucci – deve indurci a riflettere se ha ancora senso continuare ad investire per difendersi o piuttosto farlo con decisione per cambiare definitivamente passo».
Una sfida raccolta anche dalla Regione Marche, che ha messo sul piatto oltre 200 milioni solo per gli investimenti legati a progetti di ricerca e innovazione: «Abbiamo esercitato un ruolo d’impulso – sottolinea Manuela Bora, assessore alle attività produttive -, in settori per strategici per le Marche come la manifattura sostenibile, salute e benessere, domotica e meccatronica». Tutto questo in attesa di altri strumenti già avviati e sul punto di andare a regime, «come ad esempio le piattaforme collaborative e i progetti di ampliamento e sviluppo nelle zone del cratere, che saranno in grado di dare ulteriore sostegno anche alle imprese più piccole e di essere contaminate da quelle leader».
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