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Fotografia in lutto: è morto Robert Frank, bardo di un’America libera e clandestina

di Laura Leonelli

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Robert Frank,  morto a 94 anni, era nato in Svizzera ed era arrivato negli Stati Uniti a 23 anni (Epa)

Robert Frank, morto a 94 anni, era nato in Svizzera ed era arrivato negli Stati Uniti a 23 anni (Epa)

In perenne viaggio, rivoluzionò la fotografia con uno stile diretto ed espressivo. Ritrasse i grandi eventi e i non eventi, il flusso quotidiano del vivere. Nessuno aveva mai descritto un’America così triste, vuota, oscura e sgranata

10 settembre 2019
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3' di lettura

Avremmo dovuto odiarlo per quello che ha fatto, sciogliere il sogno di un'America solare e bionda in ogni stagione, ricca dalla nascita, felice anche se costretta alla monotonia della villetta a schiera. E invece, da quando abbiamo appreso il suo nome, non abbiamo potuto fare a meno di amare Robert Frank, uno dei più grandi fotografi del Novecento, scomparso ieri a 94 anni nella sua casa di Inverness, in Nova Scotia.

Era nato a Zurigo, il 9 novembre 1924, otto anni dopo la nascita del Dadaismo e del Cabaret Voltaire. E qualcosa di dada, nell'insofferenza alle regole, alle rigidità, al manierismo, Frank deve averlo respirato e fatto suo. Alla fotografia si avvicina lavorando come assistente di Hermann Segesser e di Victor Bouverat. Alla fine della guerra viaggia in Europa, Milano, Parigi, e il 20 febbraio 1947, appena pubblicato il suo primo libro, 40 Fotos, parte per gli Stati Uniti, da Anversa a New York. Ad aprile lavora già con Alexey Brodovitch, fotografo di moda per Harper's Bazaar e Junior Bazaar. A modo loro due piccole Svizzere di privilegi.

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La mostra «The Americans» del 2009 dedicata a Robert Frank al Museum of Modern Art in San Francisco (AP Photo/Jeff Chiu)

Qualcosa scatta dentro, ancora l'insofferenza, dimissioni, e Robert Frank, una Leica 35mm al posto della Rolleiflex 6x6, torna fedele al suo destino errante. All'orizzonte, Perù, Bolivia, Parigi, e qui incontra Robert Delpire, l'editore che cambierà la sua storia e la nostra, e poi la Spagna, quindi di nuovo New York, dove nel 1950 sposa l'artista Mary Lockspeiser. Pochi mesi e Robert si rimette in viaggio, Londra, ed è quella della City, dell'avidità e dei banchieri, quindi Zurigo, casa, e alla madre consegna una delle tre copie del volume Black White and Things. L'altra sarà per Edward Steichen.

Quando nel 1954 Robert Frank fotografa il picnic del 4 luglio a Jay, nello stato di New York, non sa ancora che da quello scatto nascerà il viaggio dei viaggi, quell'odissea attraverso gli Stati Uniti che gli garantirà, prima volta per un europeo, la Guggenheim Fellowship dal maggio 1955 al maggio 1956, borsa di studio che addirittura verrà rinnovata per l'anno seguente.

Insieme alla moglie, al figlio Paulo e alla figlia Andrea, Frank attraversa il paese, fotografando i grandi eventi, il Convegno dei Democratici a Chicago, e i non eventi, il flusso quotidiano del vivere, la gente per strada, in macchina, una cameriera in un bar, un funerale, un jukebox, una cucina vuota con l'eterna televisione accesa, la vetrina di un negozio, un benzinaio, una coppia che balla, un'altra in moto, un'altra ancora sdraiata.

Addio a Robert Frank, gigante della fotografia

20 foto

Robert Frank durante un matinee in Berna nell’aprile 2012 (EPA/LUKAS LEHMANN)
Robert Frank durante un’intervista alla Televisione svizzera, durante una premiazione a Berna nel 2012 (EPA/LUKAS LEHMANN)
Un’immagine del maggio 2014, a Zurigo, in occasione de Roswitha Haftmann Prize ceremony (EPA/WALTER BIERI)
Robert Frank e la moglie June Leaf durante il Swiss Press Photo Lifetime Achievement Award, a Berna nel 2012 (EPA/LUKAS LEHMANN)
Robert Frank durante il Swiss Press Photo Lifetime Achievement Award, a Berna nel 2012 (EPA/LUKAS LEHMANN)
Robert Frank e il suo collaboratore alla New York University's Tisch School of the Arts, nel 2016 (AP Photo/Kathy Willens)
Robert Frank alla New York University's Tisch School of the Arts, nel 2016 (AP Photo/Kathy Willens)
Robert Frank e la moglie June Leaf alla New York University's Tisch School of the Arts, nel 2016 (AP Photo/Kathy Willens)
Robert Frank alla New York University's Tisch School of the Arts, nel 2016 (AP Photo/Kathy Willens)
Robert Frank alla New York University's Tisch School of the Arts, nel 2016, mentre autografa una copia di The Americans (AP Photo/Kathy Willens)
Robert Frank alla New York University's Tisch School of the Arts, nel 2016 (AP Photo/Kathy Willens)
Un’esposizione di opere di Robert Frank, a Milano nel 2008 (Marka)
Visitatori alla mostra di Robert Frank, a Vienna, nel 2017 (EPA/CHRISTIAN BRUNA)
Una mostra del dicembre 2017, in Usa (Photo by Bryan Thomas / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / AFP)
Una mostra del dicembre 2017, in Usa (Photo by Bryan Thomas / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / AFP)
Una mostra di Robert Frank, durante il festival Les Rencontres de la photographie - Arles 2018 ad Arles, in Francia nel 2019 (Photo by BERTRAND LANGLOIS and Bryan Thomas / various sources / AFP)
Una mostra di Robert Frank presso la Deichtorhallen House of Photography ad Amburgo, nel 2018 (EPA/FOCKE STRANGMANN)
Un’esposizione di opere di Robert Frank, a Milano nel 2008 (Marka)
Un’esposizione di opere di Robert Frank, a Milano nel 2008 (Marka)
Un’esposizione di opere di Robert Frank, a Milano nel 2008 (Marka)

Nessun americano, e basterebbe pensare ad Ansel Adams, Edward Weston, e persino a Walker Evans, aveva mai ritratto un'America così, neppure negli anni della Depressione. Un'America così triste, così vuota, oscura e sgranata, quasi uno schiaffo al perfezionismo tecnico dello zone system. Un'America che si riconosceva nell'estetica della snapshot, veloce, spontanea, al volo come il respiro, libera e clandestina.

Un'America così poteva sedurre solo un editore europeo, Robert Delpire, che nel novembre 1958 pubblica la prima edizione di Les Amèricains. Un anno dopo, la Grove Press presenta l'edizione americana con introduzione di Jack Kerouac. Molti insorgono e accusano Frank di offendere il paese che l'ha così generosamente accolto. Ma la beat generation e quanti ancora oggi si identificano nel suo viaggio continuo, tra dolori e illuminazioni, lo adottano a nume tutelare.

Da allora la fotografia non è stata più la stessa. Neppure noi, che abbiamo visto tramontare anche l'ultimo sogno di un possibile paradiso. Strano anno il 1959, quando sessant'anni fa uscì The Americans e l'antidoto a tutti i mali che quel libro denunciava: la Barbie. Anche allora l'America cercava disperatamente di difendersi dagli “altri”.

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