di B.R.
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Si insedia in un momento delicato la nuova Commissione europea secondo un sondaggio effettuato dallo European Council on Foreign Relations (ECFR). Lo studio rivela ansie e angosce del continente. Tra le altre cose un terzo delle persone interpellate ritiene che lo scoppio di un conflitto tra Paesi membri dell’Unione «è possibile». Il 5% dei cittadini è preoccupato dalla politica estera del presidente americano Donald Trump e chiede quindi meccanismi di difesa europei.
Lo studio dell’ECFR – basato su 60mila interviste - divide i 14 Stati membri presi in esame in tre grandi gruppi. I Paesi nei quali lo stress è dominante sono l’Italia, la Grecia e l’Ungheria. Segnati dalla paura sono la Francia, la Slovacchia, la Repubblica Ceca. Negli altri vince (per ora) l’ottimismo: non solo in Germania o in Olanda, ma anche in Spagna. Ciò detto, una fetta importante degli europei ammette che l’Unione europea potrebbe disgregarsi nei prossimi 10-20 anni.
La principale paura nel caso di disintegrazione dell’Unione è la perdita di una forza che possa contrastare a livello internazionale le pressioni americane o cinesi. Dallo studio dell’ECFR, presentato da Susi Dennison, emerge quindi il desiderio di molti cittadini di rafforzare i meccanismi di difesa europei. Spiega la signora Dennison: «Gli europei hanno più fiducia nell’Unione che nel loro governo quando si tratta di difendere i propri interessi rispetto alle altre potenze globali».
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I dati relativi all’Italia sono interessanti, mentre al potere giunge un governo più europeista del precedente. Solo il 26% degli italiani ritiene che la perdita più importante provocata dalla disgregazione dell’Unione si tradurrebbe nell’incapacità di contrastare Washington o Pechino (rispetto al 30% dei tedeschi e al 34% dei francesi). D’altro canto il 37% degli italiani non ha fiducia né nell’Unione europea né negli Stati Uniti quando si tratta di difendere gli interessi nazionali a livello globale.
Lo stesso studio rivela che in molti Paesi incredibilmente i cittadini ritengono che il governo nazionale possa rappresentare meglio di Bruxelles gli interessi del proprio Paese in campo commerciale. Più in generale, tuttavia, riassume sempre la signora Dennison: «La pubblica opinione non è più un ostacolo alla creazione di una politica estera europea più coerente ed efficace». C’è di più. Proprio la consapevolezza di interessi comuni a livello internazionale potrebbe rafforzare il desiderio di integrazione.
In questo senso, recenti discorsi della nuova presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen fanno capire che quest’ultima è consapevole della necessità di riavvicinare l’Unione europea ai cittadini comunitari pur di contrastare crescente euroscetticismo e partiti nazionalisti.
Beda Romano
Corrispondente
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