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Nuova Ilva, futuro in due tempi (verso il ridimensionamento)

di Carmine Fotina

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Lo stabilimento Ilva visto dai tetti del quartiere Tamburi di Taranto (Ansa)

Lo stabilimento Ilva visto dai tetti del quartiere Tamburi di Taranto (Ansa)

L’area a caldo dello stabilimento di Taranto potrebbe essere progressivamente, con tempi non certo brevi, ridimensionata

23 novembre 2019
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2' di lettura

Quattro ore di vertice a Palazzo Chigi, precedute da giorni di pre-negoziati avviati a livello legale, delineano per il polo siderurgico italiano un futuro in due tempi. L’urgenza di un armistizio giudiziario, che consenta di lavorare alla ridefinizione del piano industriale (potrebbero occorrere settimane), non può nascondere quello che è forse il vero patto tra governo e azienda: nel breve tempo garantire la continuità produttiva e livelli occupazionali più o meno stabili (sebbene supportati dagli ammortizzatori sociali) per poi andare nel medio lungo periodo verso un’Ilva ridimensionata ma più sostenibile sotto il profilo dell’impatto ambientale e sociale sul territorio. Un’Ilva meno traumatica anche sotto il punto di vista politico.

È in qualche modo una linea espressa già tra le righe dell’intervista del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli al Sole 24 Ore del 17 novembre: «Nel breve periodo il ciclo integrale è necessario ma vanno fatti interventi importanti sugli impianti». Poi un percorso di decarbonizzazione, che comunque «richiede tempo».

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In altre parole, l’area a caldo dello stabilimento di Taranto potrebbe essere progressivamente, con tempi non certo brevi, ridimensionata. Un impianto che funzioni solo con una parte degli altiforni o che abbini a questi l’utilizzo di forni con sistemi alternativi non è più un tabù. La nota di Palazzo Chigi diffusa nella notte di venerdì 22, dopo l’incontro, parla di «un nuovo piano industriale che contempli nuove soluzioni produttive con tecnologie ecologiche».

Poi certo occorre separare il messaggio politico dalle possibilità industriali. Verificando con attenzione se le ambizioni di decarbonizzazione, che a dire il vero oggi suonano futuristiche, visti i costi e i tempi che comporta una svolta di questo tipo, resteranno solo una promessa sapientemente indicata ai più convinti critici dell’acciaio tarantino, concentrati nell’ala dura del Movimento 5 Stelle.

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