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Anche chi non ha studiato chimica avrà sentito almeno una volta nella vita la frase “Nulla si crea, nulla si distrugge”. La scrisse Antoine-Laurent de Lavoisier, il grande scienziato francese vissuto nella seconda metà del ‘700, riferendosi alla massa atomica e al prodotto della reazione tra gli elementi. Con la Rivoluzione francese alle porte, il padre della chimica non pensava certo a differenziare adeguatamente i rifiuti domestici, come oggi invece siamo scrupolosamente chiamati a fare.
Però quel suo enunciato, vecchio di più di due secoli, si presta bene a descrivere la ragione di un bisogno dei nostri giorni: eliminare gli scarti. L'aumento della popolazione sulla terra, i costi energetici e ambientali nella produzione di materie prime e il livello di inquinamento divenuto insostenibile richiedono oramai un approccio “a ciclo chiuso” per soddisfare i bisogni di una società. La quantità di risorse necessarie per le attività umane deve essere trovata all'interno di quelle esistenti e disponibili, ossia trasformando i beni giunti al termine della loro vita utile.
Nasce così l'economia circolare che considera lo scarto un fallimento del sistema e vuole valorizzare il riuso dei prodotti a fine ciclo vita e il riciclo dei materiali di recupero. Tutto può, e perciò deve, trovare una propria seconda vita: quelli che nel sistema tradizionale sono considerati rifiuti diventano una vera e propria risorsa. L'approccio inizia dal design: un prodotto deve essere pensato per durare il maggior tempo possibile, per essere riparabile e - alla fine dei suoi giorni - per poter essere scomposto in modo che ogni sua parte trovi un altro utilizzo. Dal punto di vista energetico, inoltre, occorrerebbe utilizzare solo fonti rinnovabili: sole, aria, acqua e calore della terra.
Un ambiente economico, in pratica, dovrebbe funzionare come uno biologico. In natura infatti tutto è funzionale e tutto si rigenera: il concetto di scarto non esiste perché di fatto il “rifiuto” diventa la base per lo sviluppo di altre forme di vita in un quadro generale di equilibrio.
L'economia circolare diventa così un paradigma di sostenibilità: non è una filosofia astratta, ma una nuova concezione per il design di processi industriali; non è solo una teoria ma una pratica che coinvolge tutti, dalle famiglie alle imprese, perché in questo sviluppo ognuno deve fare la propria parte. A partire dai gesti più semplici, come la collocazione corretta di quel che avanza nei bidoni della pattumiera. In questo modo l'olio di frittura può diventare carburante, le bottiglie trasformarsi in caldo tessuto in pile e le bucce di patata in concimi e fertilizzanti.
Le aziende tanto più possono dirsi sostenibili quanto più avvicinano queste pratiche al loro core business
, poiché la sostenibilità è tale solo se coinvolge efficacemente i prodotti, i servizi e i processi tipici dell'azienda. È il caso di Brother, azienda leader nel settore Imaging & Printing, che tra le altre iniziative facilita il riciclo di toner includendo, per i clienti professionali che abbiano almeno 12 toner da smaltire in un anno, il ritiro gratuito tramite corriere del materiale esausto per poi gestirne il riciclo nel modo corretto per il rispetto dell'ambiente.
Lavoisier passò alla storia per aver riconosciuto per primo l'idrogeno e l'ossigeno. Ritratto da Jacques-Luis David assieme ai suoi alambicchi in un famoso quadro ora conservato al Met di New York, ci ha lasciato non solo studi fondamentali sulla combustione e uno dei primi tentativi di classificazione scientifica degli elementi naturali, ma anche quel famoso aforisma che dovremmo ricordare bene ogni qual volta ci scappa un mugugno per la raccolta differenziata. “Tutto si trasforma”, concludeva lo scienziato, trasmettendoci la consapevolezza che il futuro del pianeta passa da quel nostro semplice gesto.
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