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Le donne medico in Italia? Tra le più insoddisfatte e discriminate d’Europa

di Barbara Gobbi

Medici smart, l'80% usa mail e Whatsapp con pazienti

30 maggio 2019
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5' di lettura

Discriminate, insoddisfatte e ben lontane dalla possibilità di sfondare il tradizionale - e resistentissimo - tetto di cristallo. Le donne medico sono la cartina di tornasole di una condizione femminile ancora estremamente difficile in Italia. Lo dicono i risultati dell'indagine promossa dall'Anaao Assomed - e realizzata con la collaborazione di Aaroi-Emac e Snr - tra i Paesi membri della Federazione europea dei medici salariati (Fems). In Italia si registra il buio (quasi) pesto: non solo la leadership è lontana, ma permangono fenomeni di discriminazione (per una dottoressa su due) che contribuiscono a insoddisfazione professionale ed economica. Mentre conciliare vita personale e lavoro è quasi impossibile per il 68% delle intervistate, che in sei casi su dieci auspica una riorganizzazione dei tempi in corsia o in ambulatorio. Malgrado conoscano leggi che potrebbero sostenerle nella conciliazione casa-lavoro, le donne italiane in camice bianco lamentano il fatto che queste vengano spesso inapplicate.

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Al questionario sulla condizione della professione medica al femminile hanno risposto undici Paesi - Bulgaria, Cipro del Nord, Croazia, Italia, Olanda, Portogallo, Romania, Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna, Turchia - sui 17 aderenti alla Fems (che comprende anche Austria, Belgio, Francia, Polonia, Slovacchia, Ungheria). I risultati sono stati presentati in occasione della Conferenza internazionale “Verso una Medicina governata da donne. Come le donne medico europee vivono e lavorano: facilitazioni e barriere” che si è svolta oggi a Napoli. La survey è il primo passaggio di un'analisi successiva; sulla base dei risultati, ulteriori studi verranno condotti in quei paesi europei che hanno dimostrato una miglior percezione (da parte delle donne medico) dell'organizzazione del lavoro, sia come realizzazione personale che lavorativa. Obiettivo finale è identificare le buone pratiche, nell'organizzazione del lavoro, che consentono un bilanciamento tra professione e famiglia, per poi diffonderle nei vari contesti nazionali.

Romania sul podio. Forse a sorpresa, l'oscar della sanità in un'Europa sempre più “women friendly” va alla Romania: qui le donne medico le sono più numerose (69%), le più soddisfatte di retribuzione e carriera e le meno discriminate (il 19%), e l'indice di gradimento dell'organizzazione del lavoro sale fino all'89%. All'Est anche Repubblica Ceca con il 55% di camici rosa soddisfatti e Croazia (parità uomo-donna nella gestione della sanità pubblica e alto grado di soddisfazione per le opportunità di carriera, sui livelli dell'Olanda) fanno bene. Tutt'altra musica in Italia, ai minimi e prima soltanto della Bulgaria, dove le donne secondo l'indagine stanno progressivamente abbandonando la professione. Unico tratto in comune tra tutte le donne medico intervistate è la limitata conoscenza delle leggi e contratti che tutelano la professione.

I risultati nel dettaglio. L'elemento comune è il tasso di femminilizzazione della classe medica che in tutti i paesi europei si attesta o supera il 58-60% con punte in Romania del 69% (addirittura, in Romania il 77,7% dei medici di base è donna ed un recente studio ha evidenziato che hanno una mortalità anticipata rispetto alla media della popolazione di circa 10 anni). La fascia di età proporzionalmente più rappresentata è tra i 36 e i 49 anni e, a seguire, la fascia più giovane. Unica eccezione, la Bulgaria che ha mostrato, negli ultimi anni, un'inversione di tendenza: gli iscritti a medicina sono prevalentemente uomini, nonostante negli ultimi 30 anni fosse maggiore il numero delle donne medico. Questo fenomeno è correlato al basso tasso di soddisfazione legato al riconoscimento professionale e alle opportunità di carriera. Alla domanda “Sul posto di lavoro, ti sei mai sentita discriminata in quanto donna?” una dottoressa italiana su 2 ha denunciato episodi di discriminazione il più delle volte da parte di superiori o pazienti, mentre la percentuale scende leggermente in Olanda, Turchia, Repubblica Ceca, Slovenia, Portogallo e Spagna. Interessante notare - spiegano dall'Anaao Assomed - che nei due paesi della penisola iberica, a discriminare sono soprattutto i pazienti (in Spagna, il 60% delle intervistate lamenta questo dato) e si evidenzia la necessità di risolvere il problema da un punto di vista culturale, anche per evitare possibili fenomeni di violenza a carico delle donne medico. In Romania solo il 19% delle donne medico ha vissuto episodi di discriminazione (Cipro del Nord di poco sopra il 28%), mentre in Slovenia li hanno subiti 3 intervistate su 4, soprattutto dai superiori. La Croazia si è rivelato il paese Fems in Europa con il più alto numero di donne in posizione di comando, addirittura con punte del 54,4% negli ospedali pubblici. Alla domanda “Cosa nei pensi della conciliazione dei tempi casa-lavoro nella tua organizzazione del lavoro?”, il 68% delle dottoresse italiane ha risposto dichiarandosi insoddisfatte, per aver dovuto rinunciare o all'aspetto professionale o a quello personale per conciliare lavoro e vita privata. Va molto meglio negli altri paesi della Ue: in Romania addirittura l'86% è del tutto o abbastanza soddisfatto e nessuna intervistata si è detta insoddisfatta, in Spagna solo il 28% è per nulla soddisfatto, in Croazia addirittura il 58% è soddisfatto per la carriera e anche nella Repubblica Ceca il 55% delle intervistate è molto o abbastanza soddisfatto e solo il 5% si dichiara totalmente insoddisfatto. In Turchia, invece, c'è una condizione di parità tra grado di soddisfazione ed insoddisfazione nonostante i colleghi turchi abbiano attraversato un difficile periodo politico che ha portato all'arresto di alcuni medici, appartenenti al Council Members of the Turkish Medical Association. Vicina alle percentuali della Turchia, si trovano le dottoresse di Cipro del Nord, che si attestano al 45% come grado di completa insoddisfazione.

Come migliorare? Alla domanda “Che cosa miglioreresti del tuo lavoro, per una più soddisfacente conciliazione dei tempi casa-lavoro?” in tutti i Paesi, la risposta più cliccata è stata “una diversa gestione dei tempi lavorativi”, con particolare riguardo al part-time e alle guardie, con percentuali di risposta che vanno dal 40% dell'Olanda, che chiede una revisione dei carichi di lavoro, al 77% della Slovenia, al 60% dell'Italia. Un'altissima percentuale delle donne medico vuole una migliore gestione dei giorni di riposo e delle ferie (Romania 42%, Portogallo 44%, Spagna 50%, Olanda 29%). Da segnalare il dato che le donne medico europee non danno la priorità a una migliore remunerazione, ad eccezione della Bulgaria (unico paese in controtendenza rispetto al fenomeno della femminilizzazione) dove il 64% delle intervistate si è espresso in tal senso, e della Repubblica Ceca (74%). La domanda “Sei soddisfatta della tua carriera professionale?” ha svelato che in Romania, in Olanda e nella Repubblica Ceca si trovano le donne medico più soddisfatte, con una percentuale rispettivamente del 86% (di cui 22%, riferisce di esserlo a discapito però della vita familiare), del 70% e del 56%. In Italia, solo il 16% è soddisfatto della propria carriera professionale e negli altri paesi la quota di soddisfazione anche se più alta, mette in luce un sacrificio della sfera personale. Rilevante notare il dato che in Italia, un altro 16% di professioniste sottolinea di non aver avuto opportunità proprio per il fatto di essere donna, mentre la percentuale, su questo punto, è ancora più bassa negli altri paesi presenti nella Fems. L'Italia mostra un quadro negativo anche alla domanda “Ritieni che sul posto di lavoro ci sia un pari coinvolgimento delle donne nei posti gestionali e di leadership?”. Il 42% delle dottoresse italiane intervistate ha risposto con un secco «no» e un altro 42% è però fiducioso che ci sia una crescente attenzione su questo tema. A confronto, solo il 5% delle olandesi ha risposto «no», e nella maggioranza degli altri paesi presenti, con una percentuale crescente, ma che non sfiora il grado di disillusione delle dottoresse italiane

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