Norme e Tributi
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Norme e Tributi

Cannabis, dubbi sul reato di coltivazione domestica

di Patrizia Maciocchi

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2 agosto 2019
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2' di lettura

Saranno le Sezioni unite della Cassazione a decidere se i coltivatori casalinghi di marjuana saranno condannati, solo in virtù della specie botanica scelta. O se per far scattare la pena, prevista dal Codice penale, sarà prima necessario capire quale è il principio attivo drogante. La risposta non è di poco conto, se si considera che i giudici di piazza Cavour sul punto sono spaccati, tra una linea morbida e una restrittiva. Per questo la terza sezione penale (ordinanza 35436) ha deciso di dare la parola al “supremo consesso” in modo da avere un parere unico.

L’occasione è arrivata analizzando l’ennesimo caso di un ricorrente dal ”pollice verde” , condannato per aver coltivato sul balcone due piante di “maria”, oltre che per aver ceduto gratis uno spinello ad un minorenne.

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La Corte d’Appello aveva affermato il reato dopo aver “preso” le misure delle piante: una alta un metro e con 18 rami, l’altra 1 metro e 15 centimetri con 20 rami: una crescita avanzata e un adeguato grado di maturazione. L’improvvisato ”giardiniere” era stato giudicato da un collegio che seguiva la linea più restrittiva. Secondo la tesi meno permissiva la punibilità non può essere esclusa solo dal fatto che il processo di maturazione non sia stato portato a termine. Neppure quando «risulti l’assenza di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, se gli arbusti sono prevedibilmente in grado di rendere, all’esito di un fisiologico sviluppo, quantità significative di prodotto dotato di effetti droganti».

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E questo perché «il coltivare è un’attività che si riferisce all’intero ciclo evolutivo dell’organismo biologico». Per i fautori della linea meno rigorosa al contrario, perché scatti il reato, non basta piantare la specie botanica vietata, nè importa che il grado di maturazione si tale da raggiungere la soglia minima di capacità drogante. Ma serve verificare che «l’attività sia concretamente idonea a ledere la salute pubblica e a favorire la circolazione della droga alimentandone il mercato».

Ora spetta alle sezioni unite mettere un punto e dettare un’unica linea, in grado di uniformare il trattamento per i coltivatori di ”erba”

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