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La Fed come la Bce: verso nuove misure a dicembre

di Riccardo Sorrentino

Corsa alla valuta digitale: Fed cauta, Bce spinge

L’aumento dei rischi e condizioni finanziarie a livelli pre-Covid sembrano spingere anche la banca centrale Usa verso una revisione dei suoi interventi, a cominciare dagli acquisti di titoli

5 novembre 2020
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3' di lettura

Cade in un momento delicato la riunione di novembre della Federal reserve. La stessa conferenza stampa del presidente Jerome Powell è stata spostata dal consueto mercoledì al giovedì per non sovrapporsi con le notizie elettorali. Non per questo, però, servirà solo a preparare la revisione delle misure prese finora da decidere il 16 dicembre: il mese prossimo saranno più chiare le condizioni dell’economia, con il prevedibile peggioramento invernale dell’epidemia, e saranno pubblicate le nuove proiezioni economiche.

Appuntamento a dicembre

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Sarà anche più chiaro il quadro politico e i mercati – si spera senza la necessità di un intervento della Banca centrale – avranno “fatto i conti” con l’esito delle elezioni e le polemiche che inevitabilmente ne seguiranno. Sarà quindi possibile intervenire nuovamente. I mercati si aspettano acquisti di titoli a ritmi aumentati.

Una ripresa a forma di “K”

Le attese si fondano molto sull’esempio della riunione della Bce di ottobre, che ha segnalato l’aumento dei rischi e preannunciato nuove misure a dicembre, e sulle dichiarazioni di Lael Brainard – che potrebbe essere nominata segretaria al Tesoro in una Amministrazione Biden – seconda la quale un «forte sostegno dalla politica monetaria, se combinata con un addizionale e mirato sostegno fiscale – può trasformare una ripresa a forma di K (con un recupero a ritmi diversi nei differenti settori, ndr) in una rimpresa ad ampio raggio e inclusiva, che produca, in generale, migliori risultati».

Verso nuove misure?

Un impegno più forte della politica monetaria, che non abbia più lo scopo di “sostenere un funzionamento senza intoppi del mercato e aiuti a sostenere condizioni finanziarie accomodanti”, e abbia quindi un carattere straordinario, ma abbia la funzione immediata di sostenere la ripresa è quindi possibile (ed è nelle attese degli investitori).

Condizioni finanziarie a livelli pre-Covid

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La stessa mera manutenzione delle condizioni finanziarie, però, basterebbe per giustificare almeno un linguaggio “da colomba”. L’indice dell condizioni monetarie, che la Fed di Chicago calcola sulla base di oltre 100 indicatori, è tornato, a grande fatica, sui livelli “normali”, anche se piuttosto bassi, precedenti la crisi pandemica.

Rendimenti in rialzo nelle durate medio-lunghe

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La curva dei rendimenti, che è la principale delle “classiche” componenti dell’indice delle condizioni finanziarie, è marginalmente salita nelle scadenze più lunghe, allontandosi dai livelli raggiunti a luglio e riportandosi vicino a quelli dominanti a marzo, prima dell’intervendo della Fed. Restano comunque decisamente più bassi dei livelli di inizio anno.

Il dollaro cancella i rialzi

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L’altra grande componente – meno “pesante”, però – è il cambio effettivo del dollaro che ha sicuramente annullato il forte e rapido rialzo di marzo, quando è stato investito da flussi di risorse in cerca di asset sicuri, ma anche in questo caso è semplicemente tornato ai livelli prevalenti nel periodo pre-epidemia, e resta ben al di sopra della media di lungo periodo (da questa prospettiva il “confronto” con l’euro appare decisamente poco rilevante). Solo l’indice di Borsa Whilshire 5000, il più ampio, continua a oscillare vicino ai massimi storici.

Offerta di moneta a ritmi più lenti

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Sono andamenti compatibili con l’intensità degli sforzi della Fed. Non sono più disponibili. da luglio, i dati settimanali sulla base monetaria, ma l’andamento di M1, l’offerta di moneta nell’economia di cui la base money cerca di stimolare la creazione, ha continuato a crescere a ritmi decisamente più lenti di quelli della scorsa primavera anche se superiori a quelli normali. Sarebbe importante capire se la Fed ritiene adeguati, in questa fase invernale dell’economia, questi ritmi di crescita.

Aspettative di inflazione contenute

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Lo spazio per intervenire non manca. Le aspettative di inflazione di lungo periodo restano piuttosto basse. L’intervento primaverile della Fed ha corretto la forte flessione che era stata subita dagli indicatori di mercato, i quali sono tornati – anch’essi – a livelli pre crisi. A quota 1.62 nell’orizzonte temporale dei cinque anni, e a 1,7-1,8 non sono soddisfacenti per una banca centrale che ora punta a un’inflazione media, nel tempo, del 2% ed è quindi disposta a dare il benvenuto a un fase di inflazione più alta di quel livello (nel corridoio 2-2,5%, insomma). Con tutte le cautele del caso, quindi, c’è spazio per ulteriori manovre.


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