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Coronavirus e crisi dei consumi: in Italia sparite oltre 300mila imprese e 200mila autonomi

L'Italia torna in zona arancione: ecco cosa si puo' fare

La stima dell'Ufficio Studi Confcommercio sulla nati-mortalità nel 2020 delle imprese del commercio non alimentare, dell'ingrosso e dei servizi

28 dicembre 2020
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2' di lettura

L'effetto combinato del Covid e del crollo dei consumi del 10,8% (pari a una perdita di circa 120 miliardi di euro rispetto al 2019) porta a stimare per il 2020 la chiusura definitiva di oltre 390mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi di mercato, fenomeno non compensato dalle 85mila nuove aperture. Pertanto, la riduzione del tessuto produttivo nei settori considerati ammonterebbe a quasi 305mila imprese (-11,3%).

Di queste, 240mila, esclusivamente a causa della pandemia. Questa la stima dell'Ufficio Studi Confcommercio sulla nati-mortalità nel 2020 delle imprese del commercio non alimentare, dell'ingrosso e dei servizi. In altre parole, si legge in nua nota, l'emergenza sanitaria – con tutte le conseguenze che ne sono derivate, restrizioni e chiusure obbligatorie incluse - ha acuito drasticamente il tasso di mortalità delle imprese che, rispetto al 2019, risulta quasi raddoppiato per quelle del commercio (dal 6,6% all'11,1%) e addirittura più che triplicato per i servizi di mercato (dal 5,7% al 17,3%).

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La sola pandemia ha fatto sparire 240mila imprese

Delle 240mila imprese “sparite” dal mercato a causa della pandemia – prosegue la nota – 225mila si perdono per un eccesso di mortalità e 15mila per un deficit di natalità. Una riduzione del tessuto produttivo che risulta particolarmente accentuata tra i servizi di mercato, che si riducono del 13,8% rispetto al 2019, mentre nel commercio rimane più contenuta, ma comunque elevata, e pari all'8,3%.
Tra i settori più colpiti, nell'ambito del commercio, abbigliamento e calzature (-17,1%), ambulanti (-11,8%) e distributori di carburante (-10,1%); nei servizi di mercato le maggiori perdite di imprese si registrano, invece, per agenzie di viaggio (-21,7%), bar e ristoranti (-14,4%) e trasporti (-14,2%). C'è poi tutta la filiera del tempo libero che, tra attività artistiche, sportive e di intrattenimento, fa registrare complessivamente un vero e proprio crollo con la sparizione di un'impresa su tre.

Colpiti duramente anche i lavoratori autonomi

Alla perdita di imprese – conclude la nota - va poi aggiunta anche quella relativa ai lavoratori autonomi, ovvero quei soggetti titolari di partita Iva operanti senza alcun tipo di organizzazione societaria. Si stima la chiusura per circa 200mila professionisti tra ordinistici e non ordinistici, operanti nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrazione e servizi, attività artistiche, di intrattenimento e divertimento e altro.

Sangalli: serve un “vaccino” economico

«Il 2020 si chiude con un bilancio drammatico per il nostro sistema produttivo colpito dal Covid. Quasi mezzo milione tra imprese e lavoratori autonomi potrebbe chiudere l'attività. Oltre all'indispensabile vaccino sanitario, c'è bisogno del vaccino economico, cioè indennizzi finalmente adeguati al crollo dei fatturati e l'utilizzo di tutte le risorse europee per rimettere in moto l'economia del nostro Paese»: così il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, commenta l'analisi dell'Ufficio Studi di Confcommercio sulle chiusure delle imprese del terziario.

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