Italia
Pubblicità

Italia

Transcrime: «La carriera criminale dei mafiosi finisce sempre più in galera»

a cura di Transcrime-Università Cattolica

Immagine non disponibile
(barbraford - stock.adobe.com)

(barbraford - stock.adobe.com)

L'analisi del centro ricerche della Cattolica di Milano ha coinvolto 11mila mafiosi. Le carriere criminali hanno una durata media all'esterno di 15 anni, durante i quali ricevono mediamente 1,5 condanne definitive all'anno.

20 novembre 2020
Pubblicità

7' di lettura

L'entrata nelle mafie costituisce un passaggio di vita cruciale e irreversibile. Come testimoniato da diverse fonti, inclusi i collaboratori di giustizia, è quasi impossibile uscire da una mafia. La gran parte dei membri resta affiliato a vita, salvo che decida di collaborare con la giustizia. I mafiosi intraprendono così una lunga e prolifica carriera criminale, termine con cui ci si riferisce alla serie di reati commessi da una persona nell'arco della sua vita. Molti studi hanno mostrato come per la maggior parte degli individui, in particolare per i maschi, le carriere criminali presentino un picco nella tarda adolescenza fino all'inizio dell'età adulta. In seguito, molti di questi desistono dal commettere crimini.

L'analisi della carriera di oltre 11 mila mafiosi conferma che le carriere criminali dei mafiosi sono particolarmente lunghe e prolifiche. I dati emergono dal progetto PROTON del programma Horizon2020 della Commissione Europea, coordinato da Transcrime - Università Cattolica. I risultati del progetto evidenziano che le carriere dei mafiosi hanno una durata media di 15 anni, durante i quali ricevono mediamente 1,5 condanne definitive all'anno. Valori estremamente elevati rispetto a quanto emerso in molti studi internazionali. La figura 1 mostra la curva età-criminalità, ossia la distribuzione dei reati in base all'età in cui sono stati commessi. Sebbene si osservi una rapida crescita nella tarda adolescenza e un picco intorno alla metà dei 20 anni – elemento comune alle analisi su campioni da diversi paesi sviluppati – la curva si mantiene su livelli elevati anche in età più avanzate.

Pubblicità
Read more!

L'impatto delle azioni di contrasto dello Stato

La carriera criminale dei mafiosi non si sviluppa in un ambiente neutrale. Da decenni lo Stato ha intrapreso una decisa azione di contrasto. Che impatto ha avuto su queste carriere? Dividendo i mafiosi in base al decennio di nascita, il grafico della figura precedente mostra notevoli differenze (figura 2). Si può notare chiaramente come le curve età-criminalità, man mano che si passa a generazioni più recenti, si spostino verso sinistra. Per esempio, i mafiosi nati prima del 1940 mostrano un picco di criminalità intorno ai 50 anni. I mafiosi nati negli anni '70 o dopo il 1980 riportano un picco sulla soglia dei 20 anni.

Read more!

Molti fattori potrebbero spiegare queste differenze. I mafiosi più giovani potrebbero aver cambiato abitudini, cominciando a commettere reati in età sempre più precoce o potrebbero essere diventati più violenti (il che dovrebbe portare a maggiori condanne, a parità di altre condizioni). L'analisi di questi aspetti smentisce queste ipotesi. Indipendentemente dall'anno di nascita, l'età del primo reato mostra un picco a ridosso dei vent'anni (figura 3, a sinistra). I reati violenti mostrano andamenti simili per tutti i nati a partire dagli anni '60 (figura 3, a destra).

Read more!
Read more!

La principale differenza tra i mafiosi nati in diversi decenni emerge dall'età in cui è stato commesso il primo reato di mafia. La figura 4 mostra un andamento molto simile a quella delle curve età-reati divise per decenni. Ad una prima analisi, si potrebbe ipotizzare che l'entrata nelle mafie sia stata progressivamente anticipata. Sebbene ci siano alcune indicazioni al riguardo, non bisogna dimenticare che molti mafiosi storici entrarono nella mafia in giovanissima età. Per esempio, Tommaso Buscetta ha raccontato di essere stato affiliato a 17 anni. Sembra più probabile che a cambiare sia stata l'attenzione del sistema di giustizia penale, che ha intercettato diverse generazioni di mafiosi in diverse età.

Read more!

In realtà, l'azione dello Stato contro le mafie si è rafforzata negli anni. Le pene per l'associazione mafiosa, introdotta nel 1982, sono aumentate in più occasioni. Anche gli organi di contrasto sono stati riorganizzati e consolidati, raggiungendo elevati livelli di professionalità e competenza. Questi sviluppi hanno colpito i mafiosi di diverse età in momenti differenti della loro vita. Analizzando le curve età-criminalità e il primo ingresso in carcere si può notare un'evoluzione significativa (figura 5). Nelle generazioni più giovani di mafiosi, il primo ingresso in carcere è avvenuto sempre prima: mentre i mafiosi nati prima degli anni '40 sono entrati in carcere principalmente a partire dai 50 anni di età, coloro che sono nati dopo il 1980 hanno varcato le soglie del carcere per la prima volta da ventenni. Le curve dei reati commessi sono strettamente collegate agli ingressi in carcere: non appena le carcerazioni cominciano a salire le curve dei reati interrompono la tendenza a crescere e invertono la direzione.

Come interpretare questi risultati? Il progressivo rafforzamento dell'azione dello Stato si è tradotto in indagini sempre più penetranti e dettagliate. I mafiosi delle generazioni più vecchie hanno trascorso una buona parte della loro vita in libertà, potendo così commettere un numero elevato di reati. L'azione repressiva è intervenuta quando queste generazioni avevano già varcato la soglia dei 40 e 50 anni. Per le generazioni più giovani, l'intervento statale è giunto in età molto più precoci. E ha portato a carcerazioni in giovane età, interrompendo prima le loro carriere criminali. Sulla base di queste riflessioni si può concludere che lo sforzo dello stato sul fronte della repressione penale e giudiziaria ha conseguito gli obiettivi di incapacitazione dei mafiosi, giungendo a sanzionare criminali giovani e che avrebbero potuto avere carriere criminali molto lunghe e prolifiche.

Peraltro, i dati probabilmente omettono in parte gli effetti degli aumenti delle pene introdotti negli ultimi anni, poiché riportano le condanne definitive fino al 2017. Ad esempio, le pene originariamente previste nel 1982 per la mera partecipazione ad associazione mafiosa erano da 3 a 6 anni di reclusione. Aumentate per tre volte, nel 2005, nel 2008 e, da ultimo, nel 2015, oggi le pene per la partecipazione semplice vanno da 10 a 15 anni di reclusione (con ulteriori aggravanti in caso di associazione armata e nel caso in cui l'associazione miri a controllare attività economiche finanziandole con i ricavi da delitti). Se, come è probabile, la tendenza riportata nei dati sarà confermata, le generazioni di mafiosi presenti e future andranno incontro in giovane età a pene ancora più severe che porteranno a lunghi periodi di detenzione. Le sanzioni avranno dunque un effetto di incapacitazione che porterà a una riduzione delle carriere criminali.

Read more!

Quali politiche di prevenzione?

Sebbene i risultati dell'analisi delle carriere criminali dei mafiosi mostrino l'efficacia della risposta penale tradizionale, non si deve dimenticare che le mafie sono in grado di sostituire i membri arrestati e condannati tramite un costante processo di reclutamento. L'intervento penale infatti può colpire coloro che si rendono responsabili di reati, ma non è necessariamente lo strumento più adatto per prevenire che nuovi soggetti, prevalentemente giovani, siano reclutati dalle mafie.

È proprio con l'intento di studiare l'impatto di lungo termine di diverse politiche di prevenzione che il progetto PROTON ha sviluppato dei modelli di simulazione basata su agenti (agent-based modelling). Questi modelli consistono in simulazioni al computer di una società complessa, al cui interno diversi agenti interagiscono tra loro. Alcune di queste simulazioni, sviluppate da Transcrime - Università Cattolica e dal Laboratory of Agent-based Social Simulation (LABSS) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, hanno ricostruito le dinamiche sociali e criminali che portano al reclutamento, simulando una società artificiale con le caratteristiche di Palermo (grazie alla collaborazione del Comune di Palermo che ha messo a disposizione dati anagrafici dettagliati).

La simulazione ha messo a confronto diverse politiche di prevenzione del reclutamento nelle organizzazioni criminali. Le opzioni comprendevano misure di contrasto penale “classiche” (ad esempio caccia ai boss mafiosi), contrasto penale ai facilitatori (soggetti con specifiche competenze, non necessariamente affiliati alle mafie, spesso definiti “area grigia”) e politiche di prevenzione a carattere sociale. Queste includevano una politica di separazione dei padri e parenti mafiosi dai figli minori, che ha cercato di riprodurre le interessanti misure sperimentate dal Tribunale dei minori di Reggio Calabria, e una politica di supporto educativo e sociale per i minori “a rischio”, ispirata a diverse esperienze di progetti educativi e sociali per i minori dei quartieri più difficili di alcune città del Sud.

NUMERO DI MEMBRI DELL’ORGANIZZAZIONE CRIMINALE

Da 0 a 360 i turni di simulazione (1 turno = 1 mese)

Read more!

L'impatto di queste politiche è stato testato su un arco temporale di lungo termine, corrispondente a 30 anni simulati. Rispetto a uno scenario di “baseline” privo di alcun intervento, tutte e quattro le misure hanno mostrato di portare a significative riduzioni nel numero di membri di un'organizzazione criminale simulata. Come mostra la figura 6, tuttavia, l'impatto delle diverse misure varia nel tempo. Se nel breve periodo il contrasto penale “classico” che mira alla cattura dei boss mafiosi porta a un minore reclutamento, nel lungo periodo le altre politiche portano a riduzioni dei membri dell'organizzazione ancora maggiori.

In conclusione, l'utilizzo di simulazioni computerizzate consente di fornire elementi utili per scegliere quali politiche adottare per prevenire efficacemente il reclutamento nelle organizzazioni mafiose. I risultati suggeriscono che le politiche di contrasto penale hanno portato ad importanti risultati, ma che possano essere affiancate da politiche di prevenzione volte ad intervenire su ulteriori dinamiche che portano al reclutamento.

Progetto PROTON: i dati e lo studio

L'analisi delle carriere mafiose e le simulazioni sulle diverse politiche di intervento sono state condotte nell'ambito del progetto PROTON, finanziato dal programma Horizon2020 della Commissione Europea. Università Cattolica del Sacro Cuore -Transcrime ha svolto il ruolo di coordinatore del progetto, che ha coinvolto un consorzio di oltre venti università, policy makers, imprese e centri di ricerca. L'obiettivo del progetto PROTON era di sviluppare nuovi approcci per prevenire e contrastare il reclutamento nelle organizzazioni criminali e nel terrorismo. I risultati della prima parte del progetto sono stati recentemente pubblicati in un volume per un editore internazionale.

I dati per l'analisi delle carriere mafiose sono stati forniti da un'apposita convenzione stipulata tra Università Cattolica – Transcrime e il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Sono stati così identificati tutti i soggetti che hanno ricevuto una condanna in via definitiva per un reato mafioso (principalmente per associazione mafiosa ma anche reati caratterizzati da specifiche aggravanti). Per ciascuno di questi soggetti sono state raccolte informazioni sull'anno e provincia di nascita, associazione mafiosa di appartenenza, stato civile, istruzione, professione, ruolo nell'organizzazione. Inoltre, sono stati estratti dal Casellario penale i dati su ogni condanna definitiva mai conseguita dai soggetti (reato, data del reato, pena media edittale). Per assicurare la riservatezza dei dati personali, il Ministero della Giustizia ha anonimizzato i dati alla fonte. In totale, sono state raccolte informazioni dettagliate per più di 11 mila mafiosi, condannati in via definitiva per almeno un reato mafioso dal 1982 al 2017. I dati hanno consentito di computare una serie di parametri tradizionalmente utilizzati per l'analisi delle carriere criminali. I risultati sono confluiti in un rapporto e in diverse pubblicazioni scientifiche internazionali.

La simulazione basata su agenti ha tratto ispirazione da diverse fonti e dallo studio delle carriere. I risultati delle simulazioni sono stati pubblicati nel rapporto di fine progetto e ulteriori studi sono in corso di pubblicazione presso riviste scientifiche internazionali.

Transcrime è il Centro di ricerca interuniversitario sulla criminalità transnazionale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Alma Mater Studiorum Università di Bologna e Università degli Studi di Perugia. Il centro, diretto dal professor Ernesto Ugo Savona, ha sede a Milano e ha uno staff di circa 30 persone. Dal 1994 ha condotto più di 150 progetti di ricerca a livello nazionale ed internazionale.

Riproduzione riservata ©
Pubblicità
Visualizza su ilsole24ore.com

P.I. 00777910159   Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie  Privacy policy