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L’egemonia del Pil e la qualità della vita

di Piero Formica

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(REUTERS)

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19 maggio 2020
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3' di lettura


C’è il mondo della natura, di tutto ciò che nasce. Paul Klee coltivava il desiderio di immergersi nella natura, di essere un tutt’uno con il mondo naturale. In occasione dell’esposizione del Bauhaus 1923, diceva ai suoi studenti che «L’artista è un essere umano, egli stesso natura e parte del regno della natura». C’è il mondo da noi fabbricato, il regno del fare umano. Nel dipanarsi dell’età della conoscenza, i due mondi vengono reciprocamente attratti. Negli strumenti del fare entra la vita in forma di intelligenza digitale. Le macchine hanno una percezione visiva, riconoscono le parole parlate e scritte, traducono da una lingua a un'altra. La tecnologia, per un altro verso, ingegnerizza la vita. A permettere l’incontro e l’interazione tra i due mondi sono le idee che si diffondono, evolvono e mutano similmente agli organismi viventi. Dialogando con la natura, il poeta trae idee dall’immaginazione. A testarle sono gli scienziati. Per le idee che diventano virali, il biologo evoluzionista Richard Dawkins ha coniato il termine “meme”, analogo al “gene”. I meme si diffondono tanti più rapidamente quanto più veloce è il mezzo di comunicazione.
In questo scenario siamo testimoni e protagonisti della nascita di un nuovo universo nella cui galassia dell’economia non tutto ruota intorno al Prodotto Interno Lordo (PIL). Artificio progettato per misurare il valore economico del fare, il Pil da “vitello” negli anni Trenta del Novecento, è da tempo un “toro” la cui postura è furiosa e tirannica. Con il segno ‘+' accanto alla somma delle operazioni di mercato che formano il PIL, i governi restano saldi in piedi. Altrimenti, col segno ‘-‘, cadono. Quelle operazioni dipendono dall’impegno delle forze produttive, identificate con la terra, il lavoro e il capitale. Un’incombenza che richiama tuttora, per retaggio dei tempi andati, la fatica fisica.
L’egemonia del PIL è immeritata, ha affermato il premio Nobel per l’economia Angus Deaton, se esso è «interpretato come una misura di quanto l’economia sia al servizio della sua popolazione». Altri corpi celesti – gli indici di felicità (Gross National Happiness), sviluppo umano (Human Development Index) e progresso (Genuine Progress Indicator), e i dati sulla povertà – sono presenti nella galassia. Secondo Deaton si può riformare la contabilità del PIL, «escludendo molte delle cose che non migliorano il benessere umano (come le procedure mediche inutili ma redditizie) e affinando i dati sulla distribuzione tra i diversi gruppi del reddito personale disponibile». Inoltre, c’è da valutare con estrema cura il contributo di asset quali la ricerca e sviluppo, la capacità innovativa, il software, il capitale umano, le relazioni sociali, i valori culturali, la benevolenza. Questi valori immateriali aumentano la produttività e stimolano l’innovazione.
Il cambio culturale riporterebbe la natura al rango che le spetta. Per la qualità della vita, dalla salute pubblica al clima, si potrebbero adottare provvedimenti drastici a contrasto dell’inquinamento atmosferico, ricorrendo a tasse verdi quali quelle sul carbonio e sulla congestione del traffico terrestre e aereo. Sarebbe la sostenibilità ambientale a regolare i flussi di mobilità sia di persone che di merci. Gli investimenti corrispondenti andrebbero indirizzati al ripristino dei terreni degradati, alla sanitizzazione, al trasporto ecologico e alle energie non convenzionali. Un complesso di interventi per rendere l’economia più resiliente. Se si agisce pensando che la realtà coincida con la rappresentazione che ne dà il PIL, l’economia italiana non potrà imboccare percorsi non convenzionali per reperire risorse destinate alla salvaguardia della natura. La pervicace volontà di riprendere la strada familiare tracciata dal PIL è, direbbe il poeta T.S. Eliot, «una mossa necessaria/In una azione non necessaria/ [che] Non porterà alcun vantaggio/Se non quello di non aver lasciato nulla di intentato/Fino al limite dell’impossibile».
piero.formica@gmail.com

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