di Guido Gentili
Palazzo Chigi, sede del Governo
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Sosteneva già Cicerone che è intollerabile un potere che pretende d’essere superiore alle leggi. E per venire ai più moderni ed elementari principi dello Stato di diritto, pare una banalità notare che tutti gli organi dello Stato sono tenuti ad agire secondo la legge e a rispettare le sentenze dei giudici. Governo compreso, evidentemente.
L’Italia fa caso a sé. Il rispetto di leggi e delle sentenze, anche da parte del governo (che pure dovrebbe quanto meno essere d’esempio) è meno granitico e assai più friabile di quello che si potrebbe pensare. Basterebbe ricordare lo Statuto del contribuente, una legge di vent’anni fa tradita e elusa da governi e parlamenti di ogni colore nel Paese dove i cittadini vengono troppo spesso trattati da sudditi.
Tuttavia, fa una certa impressione registrare passi avanti ulteriori e recentissimi in questa deriva. Tutto in un giorno, si può dire. Prima in Parlamento, dove il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, alla vigilia dell’importante vertice europeo sugli aiuti contro la pandemia, ha svolto solo un’informativa alla Camera e al Senato.
E poi nel corso degli Stati Generali per il piano di rilancio italiano, dove il premier e il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri hanno pubblicamente ridimensionato la richiesta del presidente di Confindustria Carlo Bonomi che aveva chiesto, sulla base di una recente sentenza della Cassazione, la restituzione alle imprese di 3,4 miliardi di euro di accise sull'energia indebitamente pagate nel biennio 2010-2011 (la tassa era stata poi soppressa nel 2012).
Il passaggio della semplice informativa al Parlamento è stata dettata, al pari di altre precedenti occasioni in questa fase emergenziale, dall’esigenza di evitare un confronto politico vero davanti alle Camere e un possibile voto in Aula che avrebbe creato tensioni nella maggioranza. Con il Mov5Stelle – che ha espresso Conte alla guida del governo- fin qui largamente contrario al Mes.
Scontate le proteste delle opposizioni (Renato Brunetta ha lanciato un «allarme democratico»), è però risuonato molto forte anche il duro richiamo del senatore a vita ed ex premier Mario Monti, che pure ha spesso apprezzato Conte. La scelta di derubricare le “comunicazioni” a semplice “informativa”, ha detto, viola la lettera e lo spirito della legge 24 dicembre 2012 n. 234 (quella sul pareggio di bilancio). L'Italia si è così “indebolita “ in Europa ed un “danno” ulteriore è stato «recato al Paese dal dibattito surreale che si è accanito sul Mes», sono state le sue parole .
Dal Parlamento agli Stati Generali il passo è stato breve. Restituire i 3,4 miliardi alle imprese rispettando la sentenza della Cassazione del 23 ottobre 2019 n. 27099 che ha stabilito che le accise provinciali sull’EWenergia elettrica sono illegittime perché in contrasto con la normativa europea? Per il premier la richiesta non è così urgente.
La questione presenta una sua oggettiva complessità. Valanga possibile di ricorsi, dato che il rimborso al fornitore può essere chiesto entro 10 anni e che a sua volta il fornitore può rivalersi con l’Agenzia delle dogane. E poi il fatto che molte aziende hanno portato in detrazione nei bilanci i costi dell’energia elettrica e l'addizionale accertata poi come indebita.
Da qui una proposta delle imprese per semplificare la restituzione. Ma è già agli atti una risposta in Parlamento del sottosegretario del Mef Alessio Villarosa, per il quale la Cassazione non basta: l'accertamento in giudizio è «ineludibile visto che deve essere verificato se il rimborso finale sia effettivamente dovuto». Insomma calma, molta calma.
La stessa, tra sorrisi tirati, sorpresi e un po' indispettiti, mostrati in pubblico da Gualtieri e Conte. Certo, della questione si occuperanno i competenti uffici. Ma ora, piuttosto, “voliamo alto” ha concluso il premier.
Già. Per curiosa coincidenza la restituzione dovuta di 3,4 miliardi equivale all’ennesima toppa appena messa per l’ Alitalia sulle spalle dei contribuenti. A proposito di volare, alto o basso.
Guido Gentili
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