di Andrea Gagliardi
Coronavirus, Federfarma Milano: "Non abbiamo ancora ricevuto mascherine a 50 centesimi"
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Mascherine, alcol, guanti, reagenti per i tamponi. A più di una settimana dall’inizio della “fase 2” (partita lunedì 4 maggio) si registrano carenze gravi. A partire dl presidio medico chirurgico a prezzo statale, praticamente obbligatorio per affrontare il post lockdown, che resta un miraggio per molti. Le mascherine chirurgiche “di Stato” a prezzo calmierato (61 centesimi Iva inclusa) risultano infatti spesso introvabili. Gli approvvigionamenti sono a singhiozzo, i distributori quasi fermi e gli importatori a corto di venditori dall’estero per il prezzo troppo basso delle 'calmierate' in Italia. «Nella quasi totalità delle farmacie dove sono state consegnate a prezzo calmierato, per esempio a Roma, le mascherine chirurgiche sono già finite. Non sono state ancora consegnate in altre grandi città come Milano e Torino, dove sono attese in queste ore. I farmacisti sono disponibili alla vendita, ma le ingenti quantità promesse, affinché queste ultime fossero nella disponibilità delle farmacie, purtroppo non sono arrivate» ha denunciato Marco Cossolo, presidente di Federfarma.
«Le uniche che stiamo distribuendo sono quei tre milioni provenienti dalla Protezione Civile ed entro martedì (12 maggio, ndr) saranno già finite a fronte di un fabbisogno di 10 milioni al giorno. Siamo subissati di richieste» rilancia Antonello Mirone, presidente di Federfarma Servizi, l'Associazione Nazionale dei Distributori di farmaci e dpi.
Critiche respinte al mittente dal commissario per l'Emergenza Domenico Arcuriper il quale «le farmacie non hanno le mascherine perché due società di distribuzione hanno dichiarato il falso non avendo nei magazzini i 12 milioni di mascherine che sostenevano di avere». Arcuri ha anche spiegato in conferenza stampa che «non è il commissario a dover rifornire le farmacie né i loro distributori, né si è mai impegnato a farlo. Né sono io a dover rifornire Confcommercio, Conad Federdistribuzione e Coop. Il commissario si è impegnato ad integrare le forniture, ove sia possibile, che queste categorie si riescono a procurare attraverso le loro reti». Arcuri ha poi reso noto che «nelle prossime settimane le mascherine a 50 centesimi si troveranno anche nei tabaccai». Lo ha detto annunciando la firma «nei prossimi giorni con l'associazione dei tabaccai, che ha 50 mila di punti vendita nel paese».
«Il prezzo delle mascherine resterà quello e cioè 0,61 centesimi inclusa l'Iva e non cambierà. È il prezzo giusto, gli speculatori se ne dovranno fare una ragione, la giungla non tornerà» ha continuato Arcuri che ha ricordato come «nell'ultima settimana abbiamo distribuito 36,2 milioni di mascherine alle Regioni, il 40% in più della settimana precedete e 208,8 milioni da inizio dell'emergenza. In tutto ce ne sono 55 milioni nei magazzini Regioni, sono sufficienti e continuiamo a distribuirli a personale sanitario, Forze ordine e Pa, trasporti pubblici locali, più Rsa e polizie locali».
I distributori, dal canto loro, invocano lo 'sblocco' di milioni di mascherine sequestrate durante i controlli delle forze dell'ordine. «La maggior parte di queste sono nei depositi giudiziari - dicono - solo per cavilli tecnici, ma sarebbero utilizzabili come 'chirurgiche' da vendere a 50 centesimi più Iva». L'ultima ipotesi del governo in questo senso è di semplificare le normative, magari con interventi che possano essere inseriti nel Dl rilancio. Le modifiche avrebbero l'obiettivo di semplificare e velocizzare l'iter per la certificazione anche delle mascherine non chirurgiche - ma che rispondano ad alcuni requisiti tecnici - e consentirne l'utilizzo in alcuni ambiti lavorativi.
I distributori a loro volta denunciano «la mancanza di un fornitore» che riesca ad importare grossi numeri, nonostante i patti. «La società italiana di Perugia importatrice di mascherine dalla Cina, che ci aveva garantito a regime la fornitura di 10 milioni di dispositivi a settimana, pare non sia più in grado di farlo» spiega Mirone. La spiegazione sarebbe dovuta anche alla difficoltà di importazione per la «mancanza di appetibilità» del mercato italiano, visto il basso prezzo di acquisto stabilito verso l'estero, un fattore su cui incide la 'vendita popolare' a 50 centesimi più Iva . L’alternativa per risolvere lo stallo rimane la produzione 'Made In Italy'. Ma «le cinque aziende italiane che hanno cominciato a produrre le mascherine non hanno ancora i quantitativi disponibili».
Intanto però, oltre alle mascherine, si registra «una fortissima carenza di guanti e di alcol per disinfettare. Sono introvabili nelle farmacie italiane». A sollevare il problema «riscontrato da Nord a Sud della penisola» è Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma. «Il prezzo dei guanti, in lattice o nitrile, si è triplicato o quadruplicato negli ultimi mesi dopo l'emergenza Covid-19». Questo, prosegue, «deriva dall'altissimo costo di acquisto pagato dalla farmacia ai fornitori, per il fatto che le materie prime sono aumentate, la richiesta si è moltiplicata per mille e le giacenze di magazzino sono ormai finite». Lo stesso avviene per l'alcol denaturato, su cui c'è stato un boom di richieste per la pulizia e la disinfezione delle superfici. Da quanto segnalano i responsabili Federfarma regionali, manca ai grossisti e di conseguenza alle farmacie. «Qualcosa ogni tanto arriva, - conclude Tobia - ma è lontanissimo dal soddisfare il fabbisogno della popolazione».
Ed è anche sul fronte tamponi che si registrano difficoltà. A partire dalla carenza dei reagenti. Proprio per risolvere tale carenza il commissario Domenico Arcuri ha lanciato una richiesta alle imprese italiane ed internazionali per la fornitura del numero massimo di reagenti che servono a fare 5 milioni di tamponi, già acquisiti. Ma la situazione, spiega il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa, «è complessa». Infatti, «esistono molti tipi di reagenti e le Regioni ne stanno utilizzando tipi diversi, quindi ci sono reagenti e macchinari diversi».
Andrea Gagliardi
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