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Il Pane carasau diventa 4.0 Obiettivo produzione +20%

di Davide Madeddu

Aziende e università di Cagliari in campo per ridurre costi

10 aprile 2020
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2' di lettura

Il pane carasau viaggia con i ritmi di industria 4.0. In un programma che unisce la qualità e artigianalità del prodotto tradizionale alla modernità di un processo “ingegnerizzato”. Il futuro della produzione del pane tradizionale a fogli croccanti e tostati della Sardegna passa per quella che viene definita come una rivoluzione tecnologica. Nessuno stravolgimento in merito a ingredienti e ricette, ma solo una ottimizzazione e razionalizzazione dell’intero sistema di preparazione dove si conservano “la tradizionalità e artigianalità” del prodotto che nell’isola conta una produzione annua di circa 200 mila quintali.

Un viaggio sperimentale che 11 gruppi di ricerca di 4 dipartimenti dell’università di Cagliari portano avanti, assieme a una decina di aziende sarde, nell’ambito del progetto IAPC, acronimo che sta per “Ingegnerizzazione e Automazione del Processo di produzione tradizionale del pane Carasau mediante l’utilizzo di tecnologie IOT (Internet of Things)”. Il progetto, che andrà avanti per 36 mesi, è finanziato dal ministero dello Sviluppo economico sul Fondo per la Crescita Sostenibile “Agrifood” PON I&C 2014-2020, con un importo di quasi 5 milioni di euro (di cui oltre 2 milioni di pertinenza dell’Università di Cagliari).

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«Questa iniziativa nasce dall’incontro tra le richieste di un forno di Fonni e i ricercatori dell’università di Cagliari - racconta Alessandro Fanti, ricercatore del Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica, e coordinatore scientifico del programma -. L’obiettivo era migliorare la produzione garantendo però qualità e artigianalità». Quindi, attraverso un percorso fatto di “piccoli passi”, l’analisi sul sistema di produzione, sugli elementi utilizzati e gli impianti.

«Si è partiti dalla caratterizzazione delle materie prime- prosegue il ricercatore -, lo studio di quello che avviene durante l’impastamento, il taglio della forma, la lievitazione, prima cottura, separazione, tostatura, impacchettamento e stoccaggio in magazzino». Poi il coinvolgimento di altre aziende del settore per dare forma al progetto che ha l’obiettivo di “unire il vecchio con il nuovo”, ossia il “più antico pane del mondo realizzato grazie a un progetto di ingegnerizzazione”.

In campo anche un’azienda di automazione “tutta sarda”, per “migliorare ancora il processo produttivo”. Il progetto propone «l’utilizzo di accurati modelli matematici e di metodologie di calcolo che consentiranno la riduzione del consumo di energia per unità di prodotto e dei costi associati». Poi la gestione delle tecnologie, i sistemi di tracciamento ottici e a radio frequenza per «una caratterizzazione più accurata della filiera produttiva dalle materie prime, ai semilavorati e garantendo così una maggiore qualità del prodotto finale». Strumenti che serviranno per superare i limiti, solitamente compensati con l’esperienza e l’intervento degli addetti ai lavori.

«Faccio un esempio - argomenta il ricercatore -: per la produzione di carasau e guttiau (la variante fatta con piccole sfoglie fritte) non ci sono mezzi ad hoc, ma si usano strumenti dell’industria dolciaria. Certi aspetti si superano con l’occhio e l’esperienza. Stiamo cercando di automatizzare in maniera che ci sia sempre l’intervento umano, ma eventuali scompensi siano corretti utilizzando sensori o altri dispositivi».

Quanto al risultato atteso, il ricercatore non ha dubbi: «si ipotizza una crescita nella produzione del 20 per cento cui si deve aggiungere un buon risparmio energetico».

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