di Vitaliano D'Angerio
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Un documento di 274 pagine. È la dimensione della dichiarazione consolidata non finanziaria (Dnf) del gruppo Intesa Sanpaolo. Che ha interessanti novità come il nuovo indicatore (Kpi) a cui è stata agganciata la parte variabile della remunerazione di 4 top manager e 35 manager: è il Kpi “Impact and Esg” che ha un peso del 10% ed è «valutato sulla base di specifici driver volti a monitorare – si legge nella relazione –, tra l’altro, l’inclusione del gruppo in indici di sostenibilità di società specializzate, il sostegno alla green e circular economy, l’impegno del gruppo nella finanza d’impatto per favorire l’inclusione e il sostegno all’occupabilità giovanile».
Già dal 2018 però, c’è un altro indicatore non finanziario a cui vengono agganciati i bonus dei manager Intesa: è stato infatti confermato «il Kpi Diversity and Inclusion (peso pari a 10%) valutato sulla base della presenza e posizionamento di Intesa Sanpaolo in indici internazionali di società specializzate e rilevanti nell’ambito di parametri interni relativi, tra gli altri, alla valorizzazione del talento femminile e al gender pay gap, nonché della diffusione e promozione di iniziative di smart working».
Elena Flor, responsabile della struttura Esg Sustainability ha ricordato che «il Kpi Diversity e Inclusion è stato applicato nel 2020 a 1.200 manager». Flor ha sottolineato poi che, nonostante i tempi brevi, è stata integrata nella dnf di IntesaSanpaolo anche quella di Ubi così da avere una visione più puntuale del gruppo. «Alla realizzazione del documento hanno partecipato 250 persone – ha aggiunto Flor –. Nella dnf c’è inoltre un riferimento anche agli standard di stampo americano Sasb. Noi però, come la maggior parte delle aziende, utilizziamo i parametri Gri per la rendicontazione non finanziaria».
Riguardo poi ai finanziamenti ad aziende fossil fuel, Flor ha evidenziato che per ora «in Scope 1 e 2 (categorie relative alle emissioni di CO2, ndr), vengono rendicontate le emissioni delle nostre operations. Le emissioni legate alla parte finanziamenti e investimenti andrebbero in Scope 3. Per ora non le abbiamo pubblicate. Tra l’altro per pubblicarle occorre fare un lavoro di grande approssimazione perché è necessario usare delle medie di settore che vengono poi applicate al portafoglio. Il motivo? La penuria di informazioni non finanziarie».
E aggiunge: «Al momento un numero estremamente limitato di controparti fornisce tali informazioni sulle emissioni. Stiamo comunque lavorando su Scope3 che è un’area di sviluppo legata al filone clima in cui si inseriscono anche considerazioni sulla composizione del nostro portafoglio rispetto ai settori critici rilevanti per il cambiamento climatico».
Vitaliano D’Angerio
redattore
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