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«Questa non è una bistecca»: scontro sulla denominazione degli hamburger vegetali

di Silvia Marzialetti

Grigliata di Ferragosto vegana? 8 videoricette di Animal Equality

Un gruppo di organizzazioni europee che rappresentano il settore zootecnico lancia una mobilitazione contro l'abuso dei termini associati alla carne bovina per i prodotti a base di soia

8 ottobre 2020
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2' di lettura

Riparte in Europa il dibattito sulle fake meat, dopo lo stallo del Parlamento europeo sulle disposizioni del regolamento Ocm, che disciplina le denominazioni della carne. Il nodo dello scontro riguarda il carattere ingannevole di termini come “hamburger vegano” o “salsiccia vegana”, entrati nel linguaggio comune per veicolare un mercato in forte ascesa.

Il dibattito a Strasburgo

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Già nell'aprile del 2019 Strasburgo aveva stabilito che un prodotto di derivazione vegetale non potesse assumere la denominazione conferita generalmente a prodotti a base di carne, ma negli ultimi giorni il dibattito ha ripreso a imperversare tra gli eurodeputati.

Il tema, oggi come allora, ruota intorno alla legittimità giuridica di tali denominazioni. La proposta dell'onorevole Eric Andrieu – lo stesso che nel 2019 impresse una svolta alla vicenda, proponendo l'emendamento contenente il divieto, ma che ora pare avere cambiato orientamento – di lasciar decidere alla Commissione mediante atti delegati a condizione che siano riconosciuti nomi come “hamburger vegano” o “salsiccia vegana”, è osteggiata dal mondo agricolo. Gli allevatori infatti reputano inaccettabile che la responsabilità sia scaricata sulla Commissione e soprattutto che la posizione attuale sia in contrasto con la proposta approvata l'anno scorso.

Business in forte crescita

Oggi il mercato dei sostituti della carne a livello globale vale 4,6 miliardi di dollari ed è in continua crescita: si stima che entro quattro anni arriverà a oltre sei miliardi di dollari (con il 39% del giro d'affari concentrato in Europa), sostenuto dalla maggiore attenzione dei consumatori all'impatto sull'ambiente e a ciò che mangiano.

Dalle start up americane Beyond Meat e Impossible Foods, che hanno eclissato il Boca Burger di Kraft Heinz, alle europee Nestlè e Unilever, cresce il numero delle aziende impegnate sulla produzione di cibi a base di proteine vegetali sempre più sostenibili.
La vocazione ipersalutista dei consumatori è stata intercettata anche dalle catene di fast food come Burger King e Mc Donald's che, a pochi mesi l'una dall'altra, hanno cominciato a servire nei propri store panini “di carne non carne” come il Rebel Whopper e hamburger “P.L.T - Plant, Lettuce, Tomato”.

Anche Kellogg's ha aggiornato il suo portafoglio di prodotti proteici di origine vegetale, con l'introduzione di Incogmeato. In Italia Findus ha appena lanciato Green Cuisine, una linea di prodotti a base di piselli – burger, polpette e salsicce – avviata già lo scorso anno nel Regno Unito e in Irlanda. L'obiettivo di fatturato è di oltre 100 milioni di euro in tutta Europa entro il 2022.

Voto atteso il 20 ottobre

«Il settore zootecnico europeo non sta cercando di combattere questo sviluppo, chiediamo semplicemente che il lavoro di milioni di agricoltori europei e lavoratori del settore dell'allevamento siano riconosciuti e rispettati», commenta Jean Pierre Fleury, presidente del gruppo di lavoro “Carni bovine” del Copa e della Cogeca.
«Non ho paura di dire che questo è un caso evidente di dirottamento culturale: alcune agenzie di marketing lo utilizzano per confondere deliberatamente i consumatori, promuovendo l'idea che la sostituzione di un prodotto con un altro non abbia conseguenze dal punto di vista dell'apporto nutrizionale», conclude.

Il voto del Parlamento in seduta plenaria è atteso per il 20 ottobre. Intanto il settore zootecnico si mobilita e lancia la campagna Ceci n'est pas un steak.


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