di R.Mi.
Trump negativo al coronavirus, le perplessità dei media Usa
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La Casa Bianca fa un «quasi endorsement» all’appello dei tre scienziati che hanno indicato come strategia anti-pandemica la diffusione dell’immunità naturale tra la popolazione permettendo al virus di circolare tra i più giovani e sani (meno a rischio di severità della malattia) e rafforzando al contempo la protezione dei più vulnerabili. Si tratta della Great Barrington Declaration, fortemente criticata da una parte dalla comunità scientifica ma ben vista, sembra, da Donald Trump, riapparso di recente in pubblico dopo essere stato curato per Covid-19, esortando gli americani a non avere paura.
I media statunitensi danno notizia di un incontro, la scorsa settimana, tra i tre professori universitari - Martin Kulldorff (epidemiologo ad Harvard), Sunetra Gupta (epidemiologa a Oxford), Jay Bhattacharya (epidemiologo alla Stanford Medical School) - e il ministro della Sanità americano Alex Azar, accompagnato da Scott Atlas, il consigliere della presidenza sempre più ascoltato in materia di lotta alla pandemia.
Della dichiarazione si è parlato lunedì 12 ottobre - stando al New York Times - durante una riunione alla Casa Bianca. Secondo alcuni funzionari, citati dal Washington Post, l’amministrazione avrebbe semplicemente ribadito che quella alla base della Dichiarazione è la stessa strategia voluta dal presidente che si può così riassumere: proteggere i vulnerabili, prevenire il sovraffollamento degli ospedali ed aprire scuole e tutte le attività economiche. «È solo il rafforzamento della posizione dell’amministrazione Trump» ha commentato Azar in un tweet dopo l’incontro con gli scienziati.
Secondo i tre epidemiologi permettere la circolazione del virus, facendo vivere normalmente (senza alcuna restrizione) la popolazione giovane e sana, è un approccio che bilancia i rischi e benefici del raggiungimento dell’immunità di gregge perché da un lato protegge i più a rischio (per età o patologie) e dall’altro accelera la creazione di una immunità naturale attraverso l’infezione di chi ha bassissime probabilità di sviluppare la malattia in forma severa. Raggiunto un certo livello di immunità, il virus non si diffonderebbe più a tassi epidemici. La finalità di questo approccio, secondo i suoi fautori, è evitare i costi sociali e sanitari, e il corollario di enormi disparità, determinato dai lockdown.
La posizione è stata criticata dalla comunità scientifica che da un lato ha messo in evidenza la difficoltà (se non impossibilità) di stabilire una netta separazione nella società tra le diverse fasce di vulnerabilità, dall’altra parte ha sottolineato il rischio anche per la popolazione giovane di andare incontro a danni (in alcuni casi a lungo termine) in seguito alla contrazione dell’infezione. «Sarebbe un massacro» ha scritto Greg Gonsalves, epidemiologo alla Yale School of Public Health. «È una strategia pericolosa» ha commentato Francis Collins, direttore di National Institutes of Health, agenzia governativa.
Per il momento Donald Trump non ha indicato una chiara e coordinata strategia di contrasto alla pandemia, preferendo lasciare che fossero i singoli Stati a prendere le decisioni relative a lockdown e restrizioni. Tuttavia, il presidente si è scontrato a più riprese con i coordinatori della task force governativa, Deborah Birx e Anthony Fauci, e ha più volte espresso contrarietà ai lockdown e persino a indossare mascherine nei luoghi affollati. Prevedibile, quindi, l’apprezzamento della Casa Bianca, anche se non “ufficiale”, per la Dichiarazione di Barrington del 4 ottobre.
Roberta Miraglia
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