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Bonomi: «Spesi 100 miliardi ma nodi irrisolti, vogliamo i contratti ma siano rivoluzionari»

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(IMAGOECONOMICA)

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Lettera del leader degli industriali ai presidenti di tutte le associazioni del sistema Confindustria in occasione dei suoi primi 100 giorni al vertice della Confederazione: «Respingiamo polemiche e intimidazioni»

28 agosto 2020
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6' di lettura

«Seppur vero che nessuno era preparato a gestire gli effetti di una pandemia di questa natura è altrettanto vero che tutti i provvedimenti messi in campo in questi mesi, che hanno impegnato risorse ingenti per circa 100 miliardi di euro, non hanno sciolto alcun nodo che imbriglia la crescita del nostro Paese».

Il leader degli industriali, Carlo Bonomi, lo scrive in una lunga lettera interna inviata ai presidenti di tutte le associazioni del sistema di Confindustria in occasione, scrive, dei “primi 100 giorni da quando mi avete eletto”. Tra le molte riflessioni, in otto pagine, delle “misure pubbliche” in questi mesi di emergenza dice: “Ci hanno visto esprimere una forte criticità di fondo, rispettosa delle prerogative del Governo, ma fin qui irrisolta”; “I numerosi interventi specifici, i bonus frammentati e i nuovi fondi accesi presso ogni ministero, non sono stati certo la risposta articolata ed efficace che ci aspettavamo”.

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«Sì al rinnovo dei contratti ma li vogliamo rivoluzionari»

“All'accusa che i leader sindacali hanno rivolto a Confindustria di non volere i contratti abbiamo risposto con chiarezza che Confindustria i contratti li vuole sottoscrivere e rinnovare. Solo che li vogliamo 'rivoluzionari'” scrive il leader degli industriali. Contratti rivoluzionari “rispetto al vecchio scambio di inizio Novecento tra salari e orari”. “Non perché siamo rivoluzionari noi, aggettivo che proprio non ci si addice, ma - spiega - perchè nel frattempo è il lavoro e sono le tecnologie, i mercati e i prodotti, le modalità per produrli e distribuirli, ad essersi rivoluzionati, tutti e infinite volte rispetto a decenni fa”. Bonomi, in vista del tavolo con i sindacati del 7 settembre, indica agli industriali che è una posizione da sostenere “con grande energia”, con “chiarezza e fermezza”, con “tutto l'equilibrio ma anche con tutta la risolutezza necessaria”.

«Cig per tutti e stop licenziamenti un errore»

La scelta del governo di estendere gli ammortizzatori sociali e vietare per legge i licenziamenti nel pieno dell'emergenza Covid “poteva essere giustificata”, ma “protrarla ad oltranza è un errore molto rischioso” scrive Bonomi. “Più si protrae nel tempo il binomio 'cig per tutti-no licenziamenti' più gli effetti di questo congelamento” del lavoro “potrebbero essere pesanti, in termini sociali e per le imprese”, afferma. Per alcune, questa sorta di “anestesia” potrebbe significare “'al risveglio' l'avvio di procedure concorsuali”. Bonomi rilancia, invece, la necessità di una riforma delle politiche per il lavoro “profondamente diverse”, orientate verso politiche attive e non passive, già a cominciare dalla prossima legge di Bilancio. Una riforma “complessiva e di sistema”.

Le politiche attive del lavoro

Le politiche attive del lavoro “non possono essere attuate con il Reddito di cittadinanza”, la cui attuale configurazione va “smontata”, sostiene Bonomi. Bisogna “superare i limiti” dell'attuale sistema delle politiche del lavoro, puntando tra l'altro su formazione e riqualificazione professionale, ricollocazione e reimpiego, sottolinea inoltre il presidente di Confindustria facendo riferimento alla proposta di riforma “complessiva”, in dieci punti, inviata a metà luglio al governo e ai sindacati, “a fondamento della richiesta di non prorogare il blocco dei licenziamenti”. A questa proposta, prosegue, “il governo non ha risposto e ha confermato il divieto. Il ministro Catalfo ha nominato una sua commissione tecnica di elaborazione di proposte, in cui le imprese non ci sono”.

Debito e nuove generazioni

“Un paese che deruba le giovani generazioni con un welfare squilibrato sulla previdenza e che li priva della formazione di base e permanente necessaria di fronte all'evolvere delle tecnologie, è un paese che rende ancor meno sostenibile il suo debito”, scrive ancora Bonomi. “Un paese che illude milioni di italiani sul perenne sostegno pubblico al reddito, dimentica che con un debito pubblico oltre il 160% del Pil verranno problemi seri il giorno in cui la Bce deciderà il rientro delle sue misure straordinarie - che esistono proprio perché 'a tempo' - e l'Italia non avrà un piano credibile di rientro del debito e di revisione della spesa”.

E ancora: “Un paese in cui oggi molti si illudono che i 209 miliardi di euro, in più anni, che spetteranno all'Italia dal recovery fund, siano un bancomat illimitato per ogni tipo di misura di dimentica che in poche settimane il governo deve predisporre un piano concreto di impieghi in linea con le precise priorità indicate dall'Unione: investimenti in nuove tecnologie e infrastrutture, sostenibilità ambientale e riforme organiche del welfare e del mercato del lavoro. E non certo per bonus a pioggia, conferme di quota 100 o per tagli alle tasse non sostenuti da revisioni strutturali della spesa. L'esatto opposto di quanto fatto finora. Senza più fingere di far mille audizioni come avvenuto con gli inutili Stati Generali, ma avendo il dovere oggi come governo di avanzare proposte concrete”.

Il pregiudizio sul Mes e lo Stato nelle imprese

Va messo da parte ogni “pregiudizio antieuropeista”, avverte ancora Bonomi: come “l'ostinato pregiudizio contrario all'utilizzo del mes sanitario, invece più che mai necessario”. Scrive ancora Bonomi: “Un paese che si ostina a non voler conoscere l'impresa preferendo coltivare in vasti settori un pregiudizio anti-industriale non va lontano”. “Un paese che ha esteso ancora una volta i poteri di Golden Power che nazionalizzava Alitalia e vuol fare lo stesso con l'Ilva, in entrambi casi senza un piano industriale; che rientra in settori come la produzione di gelati e le confezioni di abiti da donna definendoli strategici; che vuole tornare alla rete pubblica delle Tlc bloccando i privati del settore dimentica il rovinoso falò di risorse delle partecipazioni statali che obbligò alle privatizzazioni di inizio anni 90”.

«Misure anti-Covid, ancora non ci siamo»

“Sulle misure di sicurezza anti-Covid ancora non ci siamo”, scrive il presidente di Confindustria. Sottolinea con un “falso assoluto” la critica alle imprese di “aver osteggiato la chiusura di alcune aree del Paese a fronte della diffusione del Covid-19”. E insiste: “Che il tema dopo tanti mesi sia purtroppo ancora irrisolto lo testimoniano due vicende in corso”.

Si sofferma quindi sulle “profonde incertezze sulla riapertura delle scuole a settembre, che al di là del bando su 2,4 milioni di banchi a rotelle identificati come priorità ancora non vedono una risposta precisa alla domanda centrale: che cosa avverrà negli istituti in presenza di contagi?” C'è poi il tema per i presidi, come si era posto per gli imprenditori riguardo agli ambienti di lavoro, “dello scudo rispetto alla responsabilità penale in caso di contagi”. Bonomi sottolinea poi “l'esperienza dei mancati controlli e tamponi di massa al rientro dalle vacanze in Paesi posti dal Governo nella lista dei controlli obbligati”. E come “altra conferma” aggiunge “l'insuccesso della app Immuni”.

Crescita e semplificazioni

L'analisi del presidente di Confindustria affronta poi i dati della situazione economica. “Non possiamo certo consolarci perchè in altri Paesi la crisi è più grave”, dice. E ricorda che per il nostro Paese la sfida è anche quella di “trovare soluzioni, senza più indugiare, al problema strutturale della minor crescita italiana rispetto a quella dei nostri partner”.

Nei dati Bonomi coglie anche elementi “di cauto ottimismo” sottolineando: “Possiamo e dobbiamo nutrire un elemento di speranza, di fiducia nelle nostre imprese e nelle nostre capacità”. Vede per il terzo trimestre “un rimbalzo della produzione industriale (+20%)” ma invita a ricordare che “il dato tendenziale continua a ricordarci che siamo ancora sotto di circa il 10% rispetto allo scorso anno”.

L'elemento di forza, per Bonomi, è il ruolo delle imprese come “forza resiliente”. “Si deve a voi, a voi tutti. Non dobbiamo dimenticarla mai e rivendicarla con forza”, dice agli imprenditori.

Nelle bacchettate al Governo sui nodi che per Confindustria resta irrisolti, Bonomi si sofferma sulle semplificazioni: “Uno dei fattori principali che frena la crescita italiana è la babele informativa, la sua stratificazione, i tempi necessari alla P.a. affinché adotti regolamenti, circolari, linee operative”. Anche dopo le misure messe in campo dal Governo, scrive il leader degli industriali, “i punti di fondo della lentezza amministrativa restano tutti”.

«Il blocco-partiti-società toglie futuro a nostri figli»

Il leader di Confindustria, tra le molte riflessioni della lettera interna ai presidenti del sistema di rappresentanza degli industriali, descrive anche “un Paese - o meglio, siamo più chiari, un blocco di partiti politici e pezzi di società italiana” che con “erronee illusioni” crede “di rinviare o impedire la necessità di innovazioni profonde nel sistema pubblico e nelle troppe rendite improduttive che alimenta, rischia di non dare futuro ai nostri figli” . E' “un blocco”, scrive, “in cui emergono tentativi di vera e propria intimidazione delle imprese, per indurle a tacere. E disegni da parte di sistemi di potere locali di vera e propria subordinazione delle imprese, promettendo e concedendo sgravi ad hoc e interventi straordinari”.

L’appello all’unità

“Se non saremo uniti negli obiettivi prioritari per cui ci battiamo, nel respingere le polemiche ed anche i tentativi di intimidirci, allora diventerà ancora più improbo il tentativo di trasformare l'Italia in quel Paese dell'innovazione permanente capace di accogliere e trattenere i nostri figli che, noi sappiamo, può e deve essere”. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, conclude così la lunga lettera interna inviata ai presidenti di tutte le associazioni del sistema di rappresentanza degli industriali. “Ci aspetta una stagione - scrive - in cui la demagogia rischia di essere la più fraudolenta delle seduzioni. E, al contempo, in cui il costo dell'incompetenza sopravanzerà per generazioni i benefici di chi oggi se ne avvantaggia”.

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