di Michele Romano
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La prima ondata della pandemia ha ricacciato le Marche indietro di quasi 10 anni, alla grande recessione mondiale: oggi, come allora, il tessuto produttivo è quello che, e rispetto alle altre regioni italiane, ha avuto la caduta più rapida. Allora la ripresa fu più lenta, oggi è solo un grande punto interrogativo. Banca d'Italia lo evidenzia nel tradizionale aggiornamento congiunturale, che raccoglie i dati del primo semestre dell'anno e che è stato completato molto prima dell'ingresso della regione in fascia arancione, con nuove restrizioni che impatteranno ancora sull'economia, in particolare su commercio e turismo.
L'ascolto degli imprenditori ha certificato tre certezze: la maggioranza prevede un calo del fatturato nei primi 9 mesi dell'anno e la riduzione degli investimenti, con una situazione più difficile per le aziende dei settori soggetti a sospensione dell'attività. E se Svimez prevede un calo del Pil che a fine anno sarà del 10,5%, circa un punto in più della media nazionale, non è difficile stimare un risultato ancora peggiore qualora le Marche dovessero scivolare in fascia rossa. «C'è stato un significativo ma parziale recupero nel terzo trimestre - sottolinea il direttore della sede di Ancona di Bankitalia, Gabriele Magrini Alunno - ma oggi prevalgono aspettative contrassegnate da notevole incertezza».
La corsa a ritroso, in quella che per questa regione è la quarta crisi in un decennio, è figlia soprattutto di quella che per il direttore è «la struttura storica del tessuto economico marchigiano, dove prevalgono le produzioni di beni per famiglie i cui acquisti, in una situazione di crisi eccezionale com'è anche l'attuale, sono potenzialmente rinviabili». Accanto a una comprensibile diminuzione della propensione alla spesa dei cittadini, però, ha pesato il netto calo delle esportazioni nel primo semestre (-17,8% contro il 15,3% della media nazionale), conseguenza soprattutto della chiusura di interi distretti produttivi: moda e beni per la casa hanno avviato in estate un parziale recupero, ma continuano a restare in una situazione difficile. I minori consumi delle famiglie hanno pesato anche sui servizi privati non finanziari (per Bankitalia, le vendite sono in calo per 7 aziende su 10), a cominciare dai settori connessi alla mobilità di merci e persone.
Nelle Marche è tornata a fermarsi anche l'edilizia, che veniva da una fase di crescita, caratterizzata da un robusto recupero nel bimestre maggio-giugno, anche se il calo delle transazioni immobiliari (-21,5%) testimonia la crisi e «la volontà dei marchigiani di mettere i soldi in banca e non per acquistare la casa», sostiene Bankitalia, tanto che i depositi bancari sono cresciuti complessivamente del 6,8% a giugno, ma del 9,5% nella sola componente in conto corrente.Non sono interessati al calo i settori della farmaceutica e dell'agroalimentare, mentre le nuove restrizioni peseranno sul turismo che pure, durante l'estate, aveva recuperato fatturato più delle attese, perché a differenza di altre regioni italiane è più specializzato nell'attrarre la componente nazionale.
Per il momento almeno, questa crisi ha avuto effetti limitati sul fronte del lavoro: di fronte a una notevole contrazione delle ore lavorate, grazie al ricorso agli ammortizzatori sociali straordinari e ai vincoli ai licenziamenti, il numero degli occupati si è ridotto solo dello 0,3% (-1,7% in Italia), mentre il tasso di disoccupazione è diminuito (8,3% nel primo trimestre e 4,7% nel secondo), ma solo perché sono diminuite le persone che hanno cercato un lavoro.
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