Mondo
Pubblicità

Mondo

Recovery Fund, vertice in salita e tensione tra i “frugali” del Nord e il Sud

di Antonio Pollio Salimbeni

Macron: al Consiglio europeo è "il momento della verità"

Difficile una conclusione a breve del Consiglio Ue che dovrà decidere sul pacchetto di rilancio da 750 miliardi e sul bilancio pluriennale (MFF) da oltre 1.00 miliardi

17 luglio 2020
Pubblicità

5' di lettura

È del tutto improbabile che nelle prossime ore si capisca se c'è lo spazio per un accordo tra i Ventisette sulla risposta finanziaria comune alla crisi e sul bilancio Ue 2021-2027. Infatti, è il momento del “guardarsi uno di fronte all'altro e fare la rassegna dei primi piccoli movimenti cui ciascun leader può alludere, per poi aspettare che la solita cancelliera appoggi sul tavolo una delle sue carte coperte per dare una svolta alle discussioni”, indica una fonte informata sul dibattito in corso al Consiglio europeo.

Linee rosse invariate
Le linee rosse dei vari fronti non sono cambiate e la più esplicita sarebbe stata la Danimarca che ha chiesto di ridurre a 1050 miliardi il volume del bilancio europeo da 1074 proposto dal presidente Ue Michel. E, a nome degli altri “frugali” (Olanda, Austria e Svezia) ha difeso il mantenimento dello sconto al contributo nazionale al bilancio, che interessa anche la Germania. Al centro del braccio di ferro restano il volume di Next Generation Eu con al centro il Recovery Fund da 560 miliardi (su un totale di 750 miliardi), l'equilibrio tra sussidi e prestiti (la Finlandia chiede più prestiti e meno sussidi rispetto all'attuale proposta 250 e 500 miliardi rispettivamente). E la ‘governance', cioè chi decide su rispetto delle condizioni per ottenere gli aiuti e sugli esborsi. Oltre alla questione del rispetto dello Stato di diritto: l'Ungheria, spalleggiata dal Gruppo di Visegrad (Polonia, Cechia e Slovacchia) ne da una questione chiave per dare il via libera a un accordo. Domani nuova riunione, forse prolungamento a domenica e, in mancanza di intesa, rinvio a nuovo incontro entro fine mese.

Pubblicità

Le minacce di veto di Olanda e Ungheria
“È presto per dire quale direzione prenderà la discussione”, indica una fonte diplomatica europea. In successione sono stati affrontati vari temi chiave del negoziato. Intanto, la dimensione finanziaria del bilancio Ue e gli sconti ai frugali più Germania, eredità del passato che la Brexit non annullerà, con Macron fortemente contrario. Tuttavia quella francese pare essere una posizione tattica: essendo interessata la Germania il presidente Macron tira la corda su questo tema per usarlo come arma di scambio con i frugali per il via libera a un accordo sul resto.

Poi la dimensione di Next Generation Fund, con i frugali che puntano a una sforbiciata e il fronte del Sud che fa quadrato sulla proposta da 750 miliardi. Anche Macron e Merkel difendono la proposta von der Leyen costruita sulla base della proposta franco-tedesca di 500 miliardi in trasferimenti agli Stati.

Tuttavia circola con insistenza l'ipotesi di una sforbiciatina anche al pacchetto di 750 miliardi che potrebbe riguardare non il Recovery Fund, che ne vale 560 di cui 250 di prestiti e 310 di sussidi (il resto dei sussidi passa da altri canali finanziari). Qualcuno evoca un taglio di qualche decina di miliardi, fra 25 e 50, ma è troppo presto per pronunciarsi sulle cifre. Poi le condizioni della ‘governance': il premier olandese Rutte ha confermato la sua posizione rigida in base alla quale gli Stati devono avere voce in capitolo nella valutazione della validità dei piani nazionali di riforme, nella loro supervisione e nell'esborso delle tranche dei versamenti.

Il braccio di ferro sul controllo delle spese
Un controllo senza la Troika, ma pur sempre un controllo diretto dei governi in cui la Commissione avrebbe un ruolo ancillare (secondario se non notarile). In sostanza l'Olanda chiede decisioni all'unanimità, cioè la consacrazione del diritto di veto. Fumo negli occhi per Conte e Sanchez: lo scontro è sullo spostamento del baricentro delle decisioni dalla Commissione verso i governi. Il liberale Rutte, a capo di un governo con pochi voti di maggioranza, guida la truppa dei frugali con l'intento di prepararsi alle elezioni legislative a marzo 2021, pressato dal sempre più influente cristiano democratico Hoekstra, ministro delle finanze, che ambisce al suo posto e dagli euroscettici di estrema destra.

Nello stesso tempo vuole chiudere i conti con la Commissione di cui non si fida per aver gestito le regole di bilancio con generosità eccessiva verso l'Italia a causa del suo alto debito ma ridotto (almeno nella misura necessaria). Italia e Spagna cercano di tamponare l'urto facendo quadrato sulla proposta von der Leyen che dà più spazio alla decisione comunitaria.

Michel ha spostato l'asse verso gli Stati e l'Olanda cerca la forzatura facendo leva sul fatto che i comportamenti di diversi Paesi in merito alle riforme non è dei più cristallini: in sostanza è il caso Italia in ballo, il solo Paese a non aver ancora presentato a Bruxelles il piano nazionale di riforme per il 2020, alla base della sorveglianza economica europea. Non è un bel segnale politico per poter negoziare da una posizione di forza sul pacchetto anticrisi.

La richiesta di ricorrere a un voto all'unanimità su piani di riforma nazionali ed esborsi è un totem politico non fondato giuridicamente dato che la base legale del fondo per ripresa e resilienza è quella usata per la politica di coesione che non lo prevede. Michel ha proposto un voto a maggioranza qualificata diretto sulla proposta della Commissione, l'Italia punta alla maggioranza qualificata per respingerla e non per approvarla essendo la prima eventualità più difficile a realizzarsi rispetto alla seconda. L'idea che circola è creare una specie di “freno d'emergenza” prevedendo la possibilità di una discussione politica al Consiglio su richiesta anche di un governo, nella migliore delle ipotesi senza interrompere la procedura per valutazione ed esborsi delle tranche di aiuti?.

Condizionalità e Stato di diritto
Il rispetto dello Stato di diritto è argomento chiave per l'Est e soprattutto per l'Ungheria spalleggiata dalla Polonia, che però mantiene un profilo basso essendo il terzo beneficiario degli aiuti anticrisi. Insieme alle basi economiche di riferimento per la ripartizione dei fondi. Il tema dei prestiti Mes non è in discussione: per tutti i governi è un capitolo strachiuso e non soggetto a discussioni politiche interne. Non c'è la corsa a chiedere i prestiti da parte di nessuno.

Tuttavia recentemente il premier spagnolo Sanchez non ha escluso tale possibilità in futuro e si guarda bene da seminare dubbi sull'utilità del Mes. Se dovessero esserci tagli anche se limitati al pacchetto anticrisi, il tema prestiti Mes potrebbe diventare di estrema attualità. D'altra parte Merkel ha recentemente ricordato che la Ue non ha messo in piedi degli strumenti per non utilizzarli. Il temporeggiamento (e gli attacchi al Mes da parte del M5S) del governo fornisce peraltro un argomento razionale agli olandesi per prendersela calma: se l'Italia non ha urgenza di fondi, dato che non usa i prestiti del Mes, perché occorre decidere su nuovi prestiti e sussidi così di gran carriera?

E poi, si può facilmente ricordare che nel 1997, quando si trattava di decidere se entrare nell'unione monetaria subito o in un secondo tempo, l'allora premier Prodi dopo aver incontrato il premier spagnolo Aznar si accorse che la Spagna aveva deciso di accelerare la sua corsa al “primo treno”. Di qui la frettolosa accelerazione dell'Italia per non perderlo.

Riproduzione riservata ©
Pubblicità
Visualizza su ilsole24ore.com

P.I. 00777910159   Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie  Privacy policy